Politica estera
Qual è l’interesse italiano in
Afghanistan?
Per favore qualcuno ce lo può spiegare?
Oggi si
celebrano i funerali dei quattro alpini italiani caduti in Afghanistan. Quattro
morti che vanno onorati.
Tuttavia non ci si può non interrogare sull’utilità o meno, attenzione, non per
agli afghani o per gli americani, ma per noi italiani di essere lì con i fucili
spianati in quello scatolone di sabbia, o quasi.
Non siamo internazionalisti o filosofi del diritto. I ricami teorici a colpi di jus ad bellum e jus in bello li lasciamo ai Danilo Zolo
della situazione, così abili a coniugare La Pira , Marx e Carl Schmitt. In realtà, quando si
fa geopolitica più si vola alto più si corre il rischio di perdersi tra le
nuvole, come ben sapeva quel colto volpone realista di Henry Kissinger. Che,
ben lontano dal bazzicare sacrestie, si addottorò con una tesi su Oswald
Spengler. Ma questa è un'altra storia.
La nostra analisi si basa semplicemente su
ragioni di buon senso, nutrite di qualche modesta cognizione storica e
sociologica. Nulla di impegnativo insomma.
Ora, le motivazione ufficiali, semplificando al massimo, sono sostanzialmente
tre: 1) rispetto del trattato Nato; 2) sconfitta del terrorismo; 3)
pacificazione-modernizzazione dell’Afghanistan. Esaminiamole.
1) I trattati hanno valore, almeno in politica estera, fino a quando i vantaggi
sono superiori agli svantaggi. E l’Afghanistan non è sicuramente un "buon
investimento" geopolitico per l’Italia, i cui interessi strategici, come è
noto, ruotano da sempre intorno al Mediterraneo e all’ Adriatico con pendant albanese-balcanico-turco.
Allora, interesse economico? La ricostruzione, eccetera?. Forse, ma prima
dovrebbe finire una guerra, di cui però, almeno per ora, nessuno sa di preciso,
qui in Italia, quando l’ultimo - attenzione l’ultimo - soldato Nato (e dunque
anche italiano) tornerà a casa. Per quale ragione regna l'incertezza? Facile,
perché non siamo noi a decidere, ma gli americani. Ora, sembra che l’alleato
più forte, gli Usa, abbia deciso per la fine del 2011. Ma se la situazione
militare non cambierà, probabilmente a decidere sarà la qualità della
resistenza talebana… Forse anche prima del 2011, forse anche dopo. Ma in quale
situazione interna? Karzai potrebbe essere tolto di mezzo e l'Afghanistan
finire diviso in zone dominate dai diversi gruppi tribali in aspra lotta tra di
loro. Condizioni ideali - si fa per dire - per concludere buoni affari...
Concludendo, l'Afghanistan non sembra un buon investimento.
2) La sconfitta del terrorismo, se ci si passa l’espressione, è una
“barzelletta politologica”. Il terrorismo, in quanto nemico invisibile, non
potrà essere mai localizzato e battuto sul campo. Sconfiggerlo, come insegnano
gli israeliani ( ma fino a un certo punto) è una sporca questione di Intelligence. Per contro, la battaglia
sul campo in Afghanistan, può essere vinta solo con un gigantesco impiego di
truppe e mezzi (almeno due milioni di uomini), altro che aerei armati
italiani... Uno sforzo di inusitate proporzioni che la Nato - i cui stati membri, in
quanto democratici, preferiscono tendenzialmente il burro ai cannoni - neppure
ha preso lontanamente in considerazione.
3) La pacificazione-modernizzazione dell’Afghanistan è un’altra “barzelletta
politologica”, perché imporrebbe prima la vittoria sul campo, poi la
conversione di una cultura tribale, quella afghana, fortemente conflittuale, in
una cultura consensuale di stampo occidentale. Un processo che richiederebbe
almeno tre generazioni, a partire da oggi.
Detto questo, poniamo di nuovo la nostra domanda: qual è l’interesse italiano
in Afghanistan? Qualcuno per favore ce lo può spiegare?
***
Riceviamo e
pubblichiamo volentieri il ghiotto contributo del bravo Roberto Buffagni. Dove
si cerca di rispondere, e in modo piuttosto brillante, al quesito di oggi.
(C.G.)
.
Il Paese degli
smemorati...
di Roberto Buffagni
.
Dicono gli psicanalisti che la nevrosi ti
rovina sicuramente la vita, però in cambio ti dà un grosso vantaggio marginale:
ecco perchè è così difficile guarire.
Per l'Italia e l'Afghanistan (il Kosovo,
etc.) è la stessa cosa. Stiamo in Afghanistan perchè per la nostra classe
dirigente in primis, per noi in secundis et tertiis, è più facile dire di sì che dire di no agli
americani. E qui non alludo alle difficoltà concrete, alle pesanti
ripercussioni che subirebbe qualunque governo italiano che negasse agli USA la
loro (nostra) libbra di carne (tra l'altro, per i singoli governanti ci sarebbe
da rischiare la distruzione politica personale, ed eventualmente, se proprio
rompono i c***, anche la pelle). No, qui parlo delle difficoltà psicologiche
che dovrebbe affrontare non solo la classe dirigente, ma l'Italia tutta, se si
dicesse di no agli americani.
Siccome l'impostazione di fondo della balla
propagandistica è che siamo lì a fare la pace e a portare i diritti umani e il
dovere per il Sig. Talebano di lavare i piatti e passare l'aspirapolvere mentre
la Signora Talebana
si dedica alle arti e alle scienze, non possiamo dire che non ci andiamo perchè
siamo troppo buoni e ci ripugna sparare.
Siccome l'esercito è professionista e non
bisogna spiegare niente alle mamme dei morti in divisa ("E' il loro
lavoro, li pagano bene", sentito con le mie orecchie da specimen umano
nazionale) non possiamo dirgli che le nostre mamme piangono e non votano più i
buoni.
A questo punto, per dirgli di no dovremmo
dire, a loro e soprattuto a noi stessi, la verità.
Solo che 1) non ci siamo più abituati da
troppo tempo; 2) ci siamo addirittura raccontati, da vent'anni, che la verità
non esiste, e/o che dipende solo da quanta forza ha chi sostiene una opinione;
3) non ce la ricordiamo più bene; 4) se anche ce la ricordiamo, è veramente
troppo grossa da dire.
Toccherebbe segnalare il fatto che la festa
nazionale del 25 aprile festeggia la perdita dell'indipendenza nazionale, come
se uno festeggiasse il giorno che lo mettono in galera, perde l'uso dele gambe,
o non gli tira più. Toccherebbe spiegare come mai gli ex comunisti dicono e
fanno quel che dicono e fanno. Toccherebbe spiegare come mai la Chiesa cattolica, nella
persona dei suoi papi, ha appoggiato la frantumazione della ex Jugoslavia, è
andata a fare gli auguri di compleanno a Bush, eccetera. Toccherebbe ammettere
che non sappiamo più a quale scopo continuiamo a stare insieme, noi italiani;
che non sappiamo più perchè nelle cartine c'è questa roba stivaliforme con su
scritto Italia.
Insomma, il vantaggio marginale della guerra
è che possiamo continuare a raccontarci la solita balla consolante. Non ci
crede più nessuno, dite? Embé? Perchè secondo voi al materialismo dialettico ci
credevano, in URSS dopo il '56? Il cardinale Marcinkus credeva alla Madonna di
Fatima, il suo livre de chevet
era Nicola Cusano?
Colgo l'occasione per segnalare che il
generale Fabio Mini, dicendo pubblicamente che chi approfitta della morte dei
quattro alpini per beccarsi la tangente di Finmeccanica è una merda, dimostra
che anche vestendo la divisa dell'esercito italiano si può essere uomini
d'onore. Il che aggrava, naturalmente, la posizione degli altri, in divisa o
no.
Fra Cristoforo diceva che verrà un giorno.
Mah, speriamo. Segnaliamo alle apposite istanze che qua è da un pezzo che lo si
aspetta, e ci saremmo anche un po' stufati.
.
Roberto Buffagni
Nessun commento:
Posta un commento