venerdì 12 marzo 2010

Immigrati 
Perché la “marcia indietro” 
della Cassazione?


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L’ “indietro tutta” della Cassazione sulla tutela dei diritti dei figli degli immigrati a crescere in Italia, merita una riflessione più profonda. Oltre la questione specifica. E dunque non tanto sul pur importante problema delle frontiere aperte o chiuse, quando sull’ “indietro tutta” in sé: come caratteristica strutturale e "sociologica" dell’attività giurisdizionale.
In pratica, secondo il cambio di rotta della Suprema Corte, il “generale interesse della tutela delle frontiere, che si esprime nelle esigenze di ordine pubblico che convalidano il decreto di espulsione”, non può cedere il passo in favore della tutela di “situazioni caratterizzate da essenziale normalità e tendenziale stabilità, in quanto collegate al normale processo formativo del minore”. Detto in altri termini, il timore della Cassazione è che, altrimenti, si finirebbe “col legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l'infanzia”.
Insomma "tutela delle frontiere" contro "diritti dell'infanzia e libertà di emigrare ". Personalmente propendiamo per i secondi. Ma il punto che qui interessa è un altro: perché i giudici cambiano così frequentemente idea?
Il fatto dipende dalla qualità e dall’intensità della coesione di una società sui valori fondamentali. Dove c’è accordo di fondo, le decisioni dei giudici - soprattutto se riguardanti questioni etiche - non stonano. Dove invece c’è disaccordo, le distonie sono un fattore di ulteriore contrasto.
Ovviamente, le società non sono mai uniformi, e il contrasto, anche giurisdizionale, è nella natura delle cose sociali. Perciò la differenziazione delle sentenze, può essere un fattore di regresso come di progresso. Ma non dipende dai giudici, bensì dalla società.
Pertanto, la questione della diversità giurisdizionale non può essere risolta obbligando i giudici, in vari modi, a prendere la decisione “giusta”, ma facendo chiarezza dentro noi. O se si vuole dentro la società. Stabilire, finalmente, un accordo di fondo, su quel che l'Italia "vuole fare da grande". Si dirà: ma già c'è la Costituzione... Benissimo, ma come mai non tutti sembrano condividerla?
Probabilmente perché la “giustizia”, anzi il senso di giustizia, è un riflesso della società. E’ il costume che fa leggi, e non i giudici e le leggi che fanno il costume. 


Carlo Gambescia

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