Il Cardinal Martini e il celibato
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Oggi “La Stampa ” riporta una
dichiarazione del Cardinale Carlo Maria Martini, apparsa su un periodico
tedesco: “L’obbligo del celibato per i preti dovrebbe essere ripensato... Le
domande fondamentali della sessualità devono essere riformulate” ( http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/201003articoli/53573girata.asp ).
Il Cardinal Martini ha perso una buona occasione per tacere. E per due ragioni.
Uno: il nesso causa-effetto pedofilia celibato è tutto da provare.
Due: dove i sacerdoti hanno preso moglie,
come nel mondo protestante dell’Europa del Nord, la pratica religiosa pare
mostrare le stesse crepe dell’Europa Latina.
Alla Chiesa Cattolica non potrà dunque bastare una “mogliettina”, per uscire
dalla crisi che sta attraversando.
Ora, sul celibato non abbiamo alcuna posizione precisa. Non siamo teologi e
preferiamo non inerpicarci su sentieri che poco conosciamo. Ma una notazione
sociologica più generale desideriamo farla.
La presuntiva centralità della "questione sessuale" sembra essere il
portato di una società materialistica, anzi “sensistica”, che attribuisce alla
sessualità un valore inaudito, per alcuni addirittura ossessivo. Si veda al
riguardo il documentatissimo libro di Pitirim A. Sorokin pubblicato nel 1956: The American Sex Revolution (mai
tradotto). Dove, dati statistici alla mano, si scarnifica sociologicamente il
“pansessualismo” dei moderni, in particolare del XX secolo. E dove si evidenzia
l’ egemonico alternarsi nella storia di mentalità e pratiche sessuali molto
differenti: dall’ascetismo all’erotomania. Senza trascurare le modalità
valutative, storicamente mutevoli, del concetto di libertà sessuale. Un libro
che merita tuttora di essere letto e discusso.
Per carità, la Chiesa
può venire a patti con chiunque. Noi non siamo tra quelli che vogliono
insegnare al Papa e ai Cardinali "il mestiere"... Quel che preme
invece sottolineare, sulla scorta dell’analisi sorokiniana, è che “ i bisogni
sessuali” possono essere se non determinati, almeno condizionati culturalmente.
Per farla breve: socioculturalmente “modellati” secondo i valori prevalenti. E
con esiti che il teologo, il moralista, lo psicanalista, il medico e lo storico
possono poi giudicare in modo differente, secondo la propria ottica: per un
freudiano l’astinenza sarà un male, per un teologo un bene e così via.
In realtà il dato sociologico
"fondamentale" - quello che permane - è la possibilità di “modellare”
socialmente il bisogno sessuale secondo la mentalità culturale prevalente. Ma
anche di opporsi alla "vulgata" in nome di valori differenti.
Insomma, non esiste un pensiero unico anche in materia sessuale: nulla consente
di escludere, che a differenza della presente, una società futura si proponga
di assegnare alla sessualità importanza marginale.
Una possibilità a posteriori che il Cardinal Martini
esclude per principio. Dal momento che accetta a priori , assolutizzandola, la mentalità sensistica
dominante. Come quando chiama in causa le "domande fondamentali della
sessualità".
Carlo Gambescia
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