lunedì 29 marzo 2010

Il Cardinal Martini e il celibato


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Oggi “La Stampa” riporta una dichiarazione del Cardinale Carlo Maria Martini, apparsa su un periodico tedesco: “L’obbligo del celibato per i preti dovrebbe essere ripensato... Le domande fondamentali della sessualità devono essere riformulate” ( http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/201003articoli/53573girata.asp ).
Il Cardinal Martini ha perso una buona occasione per tacere. E per due ragioni.
Uno: il nesso causa-effetto pedofilia celibato è tutto da provare.
Due: dove i sacerdoti hanno preso moglie, come nel mondo protestante dell’Europa del Nord, la pratica religiosa pare mostrare le stesse crepe dell’Europa Latina.
Alla Chiesa Cattolica non potrà dunque bastare una “mogliettina”, per uscire dalla crisi che sta attraversando.

Ora, sul celibato non abbiamo alcuna posizione precisa. Non siamo teologi e preferiamo non inerpicarci su sentieri che poco conosciamo. Ma una notazione sociologica più generale desideriamo farla.
La presuntiva centralità della "questione sessuale" sembra essere il portato di una società materialistica, anzi “sensistica”, che attribuisce alla sessualità un valore inaudito, per alcuni addirittura ossessivo. Si veda al riguardo il documentatissimo libro di Pitirim A. Sorokin pubblicato nel 1956: The American Sex Revolution (mai tradotto). Dove, dati statistici alla mano, si scarnifica sociologicamente il “pansessualismo” dei moderni, in particolare del XX secolo. E dove si evidenzia l’ egemonico alternarsi nella storia di mentalità e pratiche sessuali molto differenti: dall’ascetismo all’erotomania. Senza trascurare le modalità valutative, storicamente mutevoli, del concetto di libertà sessuale. Un libro che merita tuttora di essere letto e discusso.
Per carità, la Chiesa può venire a patti con chiunque. Noi non siamo tra quelli che vogliono insegnare al Papa e ai Cardinali "il mestiere"... Quel che preme invece sottolineare, sulla scorta dell’analisi sorokiniana, è che “ i bisogni sessuali” possono essere se non determinati, almeno condizionati culturalmente. Per farla breve: socioculturalmente “modellati” secondo i valori prevalenti. E con esiti che il teologo, il moralista, lo psicanalista, il medico e lo storico possono poi giudicare in modo differente, secondo la propria ottica: per un freudiano l’astinenza sarà un male, per un teologo un bene e così via.
In realtà il dato sociologico "fondamentale" - quello che permane - è la possibilità di “modellare” socialmente il bisogno sessuale secondo la mentalità culturale prevalente. Ma anche di opporsi alla "vulgata" in nome di valori differenti. Insomma, non esiste un pensiero unico anche in materia sessuale: nulla consente di escludere, che a differenza della presente, una società futura si proponga di assegnare alla sessualità importanza marginale.

Una possibilità a posteriori che il Cardinal Martini esclude per principio. Dal momento che accetta a priori , assolutizzandola, la mentalità sensistica dominante. Come quando chiama in causa le "domande fondamentali della sessualità".

Carlo Gambescia

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