Burqa sì, burqa no
That is the
question...
.
Calma e
gesso. In Francia, dove vogliono vietarli, sembra che siano meno di duemila le
donne che indossano il burqa (velo integrale) o il niqab (velo che lascia
scoperti solo gli occhi). Perciò in Italia, con una percentuale di immigrati
islamici molto inferiore, le “signore” interessate, saranno anche di meno.
Resta però la questione di principio: il burqa e il niqab sono compatibili con
i valori francesi e italiani? E’ giusto permettere che si ci vesta come si
desideri o esiste uno “stile” da imporre ai “diversi" in nome dell’
”identità nazionale”? Si può negare la cittadinanza, come sembra accadere in
Francia, al marito che imponga alla moglie il burqa?
In Italia, per quanto ci risulta, esistono tre proposte di legge (Lega, Pdl,
Udc) che puntano alla sua eliminazione, e una (Pd) che cerca di conciliare la
questione della sicurezza con le motivazioni religiose e culturali, al fine di
consentirne l’uso pubblico.
Ma il bello è che quest’ultima proposta sembra non piacere agli stessi
islamici. Come commenta Gamal Bouchaib, presidente del Movimento dei Musulmani
Moderati, “ i deputati del Pd stanno compiendo un massacro dei diritti della
donna”. Inoltre “la proposta presentata - prosegue Bouchaib - consentirebbe di
girare con il burqa, a volto coperto, lasciando alle autorità la discrezione di
identificare eventualmente chi si cela sotto quella prigione, snaturando la
ratio della legge antiterrorismo del 1975” . In buona sostanza “questa iniziativa dei
deputati di una certa sinistra” sarebbe “un atto di inaudita gravità: così si
lede la dignità umana, l’essere donna, si giustificano i soprusi e le violenze
che subiscono tante mogli e figlie di integralisti islamici”.
Ma non finisce qui. Anche il Segretario generale della Confederazione dei
Marocchini in Italia, Mustapha Mansouri, membro del Comitato per l’Islam del
ministero degli Interni, interviene sulla questione: “La religione non c’entra
niente, il burqa è un usanza solo di alcune comunità afgane e talebane, il
Corano non parla di burqa come precetto islamico. In Italia stiamo dando voce e
spazio a iniziative integraliste pericolose anche per il rischio terrorismo”.
Critiche, infine, anche da Saber Mounia, portavoce di Acmid-Donna Onlus: “Non
accetteremo e non permetteremo invasioni nella sfera dei diritti umani. Invece
di occuparsi di immigrazione, il Pd vuole metterci il burqa”.
Che dire? Che come al solito la sinistra cade in contraddizione: da un parte
proclama i diritti della donna, dall’altra vuole imporre il burqa. Va però
respinto anche il divieto assoluto voluto dalla Lega. Perché le donne
islamiche, una volta private per legge del burqa , sarebbero indotte da padri a
mariti a restare chiuse in casa.
Tuttavia, quel che vogliamo dire, è che non sono soltanto in gioco la libertà
religiosa, il multiculturalismo (spesso “alla amatriciana”, come quello di Fare
Futuro) o l’identità nazionale o nordista invocata da PdL e Lega, ma
soprattutto la libertà di scelta. E di una donna, che non va considerata come
“manichino” da vestire o spogliare secondo i desideri di mariti e padri.
Pertanto, invece di vietare o obbligare, perché non lasciare la libertà di
burqa o niqab alla donna, condizionandola però alla sua effettiva
manifestazione di farne uso? Una volontà da verificare, attraverso appositi
consultori pubblici, per così dire, “sul costume”? Già esiste, presso molti
comuni, la figura del mediatore culturale. Si dovrebbe solo affiancarvi un
assistente sociale e al massimo uno psicologo. I quali, riuniti in commissione,
su richiesta delle interessate, dovrebbero deliberare.
Il problema, ripetiamo, non è vietare o imporre l’uso di un velo, ma rispettare
la libertà dei singoli. Che, è bene non dimenticarlo, resta valore tipicamente
occidentale. Un principio che spesso determina la differenza, e in meglio, con
le altre tradizioni. Perché, allora, non valorizzarlo?
Carlo Gambescia
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