lunedì 15 marzo 2010


A proposito di un articolo di Roberto Alfatti Appetiti
Pannunzio, “Il Mondo” 
e l’antifascismo


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Quali addentellati ideali possono sussistere fra la cultura missina, postmissina e il gruppo della sinistra liberale rappresentato da “il Mondo” di Mario Pannunzio? Crediamo, nessuno.
L’interrogativo scaturisce dalla lettura di un testo, comunque interessante, di Roberto Alfatti Appetiti ( http://robertoalfattiappetiti.blogspot.com/2010/03/ecco-perche-rivendichiamo-mario.html) . E ci limitiamo, per ora, a un solo punto.
Il brillante articolista del “Secolo d’Italia” celebra e rivendica, come forma esemplare di giornalismo liberale ( oggi si dice "post-ideologico"), l'atteggiamento molto critico e distanziante di Mario Pannunzio ( e dice il vero) verso le due chiese: la democristiana e la comunista. Però - dispiace dirlo - Alfatti Appetiti nello stesso articolo glissa sull’ostilità - massima - del direttore de “Il Mondo” nei riguardi del fascismo. 
Si veda a questo proposito - senza andare troppo lontano - la bella raccolta della rivista curata dallo storico Giampiero Carocci (“Il Mondo”. Antologia di una rivista scomoda, Editori Riuniti 1997) che ospita una sezione, appunto intitolata “L’antifascismo”. Dove in un “Taccuino”, scritto da Pannunzio a proposito dei fatti di Genova (luglio 1960) si legge:


“Un conto il ciellenismo, un altro conto il frontismo. Quando sono in gioco i valori dell’antifascismo, la difesa della carta costituzionale, si ricostituisce inevitabilmente l’unità di tutte le forze che non vogliono il fascismo, che intendono mantenersi fedeli al patto costituzionale: si ricostituiscono cioè di fatto i Cln (…). Per l’antifascismo si fanno le manifestazioni insieme ai comunisti. Per il governo si sostiene l’autonomia socialista contro il frontismo comunista, per il centro-sinistra contro il milazzismo e così via discorrendo. Potremmo anche dire che per i democratici l’antifascismo presuppone il fronte unico, la lotta politica la lotta su due fronti, contro l’estrema destra e l’estrema sinistra. E’ così semplice e le vicende di questi ultimi anni dovrebbero aver dimostrato senza possibilità di dubbi che non si tratta di proposizioni astratte ma di una realtà che ha ricevuto giorno per giorno la conferma dei fatti” (pp. 168-169)

Perciò, le chiese erano tre e non due… Una posizione condivisibile, che indubbiamente rifletteva la veracissima anima liberale e antitotalitaria di Pannunzio. Sulla quale era ed è inutile insistere. Sul punto specifico il giornalista del “Secolo d’Italia” sfonda una porta aperta.
Però, celebrare Pannunzio, sorvolando sul suo antifascismo radicale (in altro scritto si parla persino di “veleno di fascista”, pp. 170-173), rivela un atteggiamento poco imparziale nei riguardi della verità storica. Atteggiamento che finisce per tradire le stessa lezione liberale di Pannunzio che invece si voleva rivendicare.
Luigi Einaudi asseriva che per deliberare è necessario prima conoscere. E che dunque l’imparzialità è virtù liberale per eccellenza. O no?


Carlo Gambescia

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