giovedì 26 ottobre 2006


(Meta)politcal comics
Sei pensionato? 
De -vi-mo-ri-re-ta-ta-ta-ta!




“De-vi-mo-ri-re-ta-ta-ta-ta”. In passato, e prima dei divieti, era di moda negli stadi ritmare questo rozzo “memento mori” all’indirizzo di arbitro e giocatori “colpevoli” di chissà che cosa, in base alle simpatie o antipatie della Curva.
Oggi, che si vive nel mondo del politicamente corretto, e che negli stadi si entra con la maschera antigas, nessuno sogna più di rivolgersi così ai giocatori… Anche perché si preferisce subito venire a vie di fatto…
Passando però dallo “sport” alla politica ci si accorge che, anche certi professori, dicono, magari in modo forbito, più o meno le stesse cose, all’indirizzo non di pimpanti calciatori che guadagnano miliardi e si cuccano appetitose veline, ma di poveri vecchietti pensionati a 700 euro al mese.
Ad esempio, sul Corriere della sera di martedì 24 ottobre, il professor Nicola Rossi, intervistato da Sergio Rizzo, ha chiesto al governo Prodi di aggiornare i coefficienti per il calcolo della pensione. Criticando governo e sindacati perché colpevoli di ritardare l’iter di revisione decennale del coefficiente di trasformazione per il calcolo delle pensioni. Ma ascoltiamo il professore: “ Intanto il governo può fare una cosa che non comporta l’approvazione di nessuna legge: aggiornare i coefficienti per il calcolo delle pensioni, come previsti dalla legge Dini. Per essere più precisi, il governo non solo può ma è obbligato a farlo”
Si dirà: questa è roba tecnica, chi ci capisce e bravo e perciò chi se ne frega… No, guai a disinteressarsi della cosa. Perché il professore dice il vero. Purtroppo le cose stanno proprio così. La riforma pensionistica Dini del 1995, che porta il nome di un vero amico del popolo, introdusse il criterio del ricalcolo dieci anni. Perciò: 1995-2005. Prodi è pure in ritardo…
L’importo annuale della pensione andrebbe perciò determinato, e quindi modificato, moltiplicando, l’importo totale dei contributi versati, per un coefficiente che riflette, guarda caso, la probabilità di sopravvivenza media del pensionato. E come osserva, Nicola Rossi, invocando, da buon curato dell'economia, le vie della Provvidenza Statistica, la necessità dell’aggiornamento è logica “ conseguenza del problema demografico [perché] come è noto, in Italia, l’aspettativa di vita per fortuna riallunga”. Tradotto: se la speranza di vita di un sessantacinquenne passa da 16 a 19 anni, a parità di contributi la sua pensione annuale dovrà essere più bassa. Altrimenti i pensionati riceverebbero più di quanto hanno versato e il sistema andrebbe in deficit.
E non sia mai…
Di qui la preoccupazione del professor Rossi che teme manovre politiche dilatorie in favore dei pensionati (che in questi dieci anni, credendo alle statistiche, sarebbero diventati più longevi), e a danno dei conti pubblici. Il che però potrebbe causare - e questo Rossi si guarda bene dall'esplicitarlo - un abbassamento, del reddito futuro delle pensioni, di quasi il 6-8 per cento, come scriveva ieri Carla Casalini sul Manifesto
Che dire? Se la vita del pensionato si è allungata, c’è chi pensa ad accorciargliela brandendo il “coefficiente di trasformazione” come la sega elettrica di Freddy Krueger. Malgrado moltissime famiglie, composte solo di vecchietti, siano in bolletta, messe a tappeto dall’introduzione dell’euro e da una pioggia di rincari, c’è chi come nel Mercante di Venezia, ancora pretende la sua libbra di carne (reminiscenze liceali… chiedo scusa).
Quali vie di fuga per i nonnetti? Togliersi di mezzo con una overdose di viagra… Sempre se avranno i soldi o la mutua per comprarselo, e ovviamente, dando per scontata la “parità” di desiderio “contributivo” sessuale con gli undersessantacinque, per usare l’economichese di Rossi
Esageriamo? Mah… Certo, la filosofia che è dietro la riforma Dini - ripetiamo noto amico del popolo - e i suoi coefficienti di trasformazione non aiuta: più campi, meno prendi di pensione, soprattutto se i contributi versati sono pochini o di ridotto valore professionale… E ancora peggio andrà per i giovani di oggi, massacrati dal lavoro flessibile, che avranno una “posizione” contributiva peggiore di padri e nonni.
In certo senso, si punta cinicamente sulla selezione naturale dei vecchietti, sperando che i più deboli, tolgano il disturbo….
Per farla breve: sei pensionato? De-vi mo-ri-re ta-ta-ta-ta!

Carlo Gambescia

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