Fusione San Paolo-Intesa
Lo strano caso del professor Bazoli
Leggere la lunga intervista a Giovanni Bazoli, pubblicata
domenica 15 ottobre sul Corriere della sera può essere difficile e
noioso, soprattutto per i non addetti ai lavori. Ma ne varrebbe la pena.
Esortiamo perciò i nostri lettori a visitare il sito del Corriere per
leggerla con attenzione (www.corriere.it).
Per quale motivo? Perché l’intervista è un concentrato di luoghi comuni,
contraddizioni e mezze verità. E perciò la dice lunga su come i guru
dell’economia (Bazoli è anche professore), con un posto in prima fila nella
stanza dei bottoni, si divertano a rimescolare le carte, se non a truccarle
(verbalmente si intende), pur di vincere, o comunque di mostrare quanto amino
il popolo e il bene pubblico…
Ci limiteremo a indicare solo alcuni punti.
Punto primo. Bazoli, pur di giustificare futuri tagli e licenziamenti, cita
Galbraith. Testuale: “Nella sua diagnosi critica e impietosa del capitalismo
Galbraith osserva che spesso le ristrutturazioni e le integrazioni hanno più
successo se maggiori sono i sacrifici imposti ai dipendenti; e i piani per il
futuro sono più accreditati se si basano sui tagli piuttosto che su i ricavi”.
La citazione è chiaramente strumentale, perché Bazoli non aggiunge che
Galbraith ha sempre condannato le politiche monetariste ( i tagli di cui sopra).
E apprezzato l’intervento pubblico in favore dell’occupazione e dello sviluppo.
Bazoli manipola Galbraith. Per fare un esempio: è come dire a un gruppo di
persone ignare della storia del Terzo Reich, che Hitler amava i bambini, senza
aggiungere quel che è successo dopo…
Punto secondo. Bazoli definisce la fusione San Paolo-Intesa come la nascita di
“un grande supporto al sistema industriale, economico e anche politico”. Nella
politica, aggiunge, “ c’è (…) lo spazio per la programmazione e la predisposizione
degli strumenti necessari alla crescita civile ed economica”. Chiacchiere. Di
programmazione economica non si parla più da almeno trent’anni. Oggi mancano
perfino gli strumenti (il CIPE è defunto da un pezzo) e soprattutto la volontà
politica. In realtà un' autentica programmazione creditizia, rivolta al bene
comune, avrebbe vietato, o comunque contrastato la nascita di un “mostro” come
quello sorto dalla fusione San Paolo-Intesa. Una specie di Stato (economico)
nello Stato (politico).
Punto terzo. Bazoli mette sullo stesso piano l’unità politica, mostrata dai
partiti, all’epoca della lotta contro il terrorismo, e l’unità politica, che,
sempre i partiti, dovrebbero mostrare oggi nella lotta per costruire una grande
economia di mercato, licenziando e tagliando posti di lavoro… Insomma, si
capisce che per Bazoli i nuovi terroristi sono coloro che non vogliono perdere
il posto di lavoro… L' accostamento, a dir poco, è fuorviante: la battaglia
contro il terrorismo fu sacrosanta e condivisa da tutti gli italiani
democratici. Quella per il “mercato” è condivisa solo da Bazoli e da chi si
trova nelle sue condizioni privilegiate.
E poi, per dirla tutta: ma l’economia di mercato, così difesa da Bazoli, non
condannava, in linea di principio, megafusioni e concentrazioni economiche?
I conti non tornano. O probabilmente, tornano solo per Bazoli
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