Le indiscrezioni su Padoa-Schioppa Ministro dell'Economia
Inutile lamentarsi, questo passa il convento Italia...
Ieri su "Repubblica è apparsa l'indiscrezione che
Tommaso Padoa-Schioppa probabilmente sarà il futuro Ministro dell'Economia.
Molti sicuramente ci sono rimasti male. Ma purtroppo il problema non è la
preparazione di Padoa-Schioppa. Ma la totale assenza di alternative a nomine
del genere.
Per capire è necessario partire da lontano.
La storia delle élite politiche italiane può essere divisa in quattro fasi.
La storia delle élite politiche italiane può essere divisa in quattro fasi.
La prima, che va dall'Unità alla Prima guerra mondiale;
la seconda, che copre il periodo fascista; la terza quello repubblicano (Prima
e Seconda Repubblica).
Questa periodizzazione dal punto di vista della
formazione delle classi politiche può essere così ulteriormente qualificata:
a) Le classi liberali, tra Cavour e Giolitti, accettarono
la sfida dell'unificazione politica e della formazione di nuove classi
dirigenti. Non la vinsero del tutto, ma lottarono: legge Casati di riforma del
sistema di istruzione, e in particolare delle università; istituzione del
Cesare Alfieri di Firenze; leggi di inizio Novecento sull'ordinamento delle
carriere direttive pubbliche; valorizzazione delle Facoltà di Legge;
b) Anche il fascismo si impegnò notevolmente in tale
direzione, certo, in chiave autoritaria: Riforma Gentile; valorizzazione delle
Facoltà di Scienze Politiche; il tutto, come ovvio, rigidamente inquadrato
all'interno delle istituzioni monopartitiche.
c) Le classi cattoliche, laiche e di orientamento
socialista e comunista delle Prima Repubblica, diciamo da De Gasperi a oggi,
hanno invece trascurato completamente la questione. Non sono sorte nuove
istituzioni, alte scuole di formazione per dirigenti pubblici ed economici ;
l'università pubblica completamente abbandonata a se stessa. Niente di niente.
Nell'Italia Liberale, "faceva carriera" fino ai
più alti livelli, chi proveniva dal ceto borghese o dal notabilato
politico-aristocratico, se era in possesso della Laurea in Legge e se aveva già
lavorato negli alti quadri dell' amministrazione statale. Valgano per tutti gli
esempi di Giolitti e Tommaso Tittoni.
Nell'Italia fascista iniziarono a "far
carriera", anche i piccoli-borghese, ovviamente provenienti dal partito
fascista. Continuava a contare la
Laurea in Legge, e, anche se meno, la nuova Laurea in Scienze
Politiche. Ma comunque a scegliere era sempre il partito unico, che ragionava
soprattutto in termini di fedeltà. Valga per tutti l'esempio dello stesso
Mussolini, maestro di scuola elementare e figlio di un piccolo artigiano. Ma
anche di personaggi come Farinacci e Grandi (dalla estrazione sociale, professionale
e culturale differente).
Nell'Italia repubblicana, invece ha "fatto
carriera" chi ha accettato di passare attraverso le forche caudine dei
partiti. Praticamente il meccanismo fascista, fondato sulla "fedeltà"
e la cooptazione, ha continuato a funzionare in un sistema pluripartitico, ma
diviso in due blocchi politici, le cui distanze si sono andate attenuando a
mano a mano che la situazione internazionale mutava e il Pci si
socialdemocratizzava. Va riconosciuto che il sistema ha permesso l'ascesa sul
piano sociale di molti esponenti politici provenienti dalle classi operaie e
piccolo-borghesi. La Dc
e il Pci sono stati due potenti veicoli di ascesa sociale di giovani in
possesso di Laurea in Legge o Scienze Politiche, oppure solo di capacità
politiche e grande forza di volontà. Valga l'esempio di personaggi così diversi
come Andreotti, Forlani, Fassino, Bertinotti.
I tre periodi sono però tutti caratterizzati dall'assenza
di grandi scuole (come nel modello del francese), di grandi università private
(come nel modello angloamericano) di solide tradizioni funzionariali e
amministrative (come la
Germania ). Il che ha implicato in Italia una netta divisione
di ruoli tra politici e tecnici, soprattutto di formazione economica. I
politici, venivano scelti attraverso l'iter descritto, i tecnici,
generalmente economisti, (e questo soprattutto dopo la nascita e lo sviluppo
dell'economia mista, dagli anni Trenta in poi...), venivano
"prelevati" dal mondo dell'industria, della banca privata, o dalle
rarissime università private italiane (Cesare Alfieri, Cattolica e Bocconi). L'
unica e importante innovazione, avvenuta nel secondo dopoguerra è quella della
crescente osmosi tra alto personale qualificato, specializzatosi in Banca
d'Italia, e la politica, in particolare democristiana. Ragion per cui, la Banca d'Italia ha
rappresentato, soprattutto nella parte terminale della Prima Repubblica ( ma
non solo), l'unica vera grande scuola di formazione delle élite tecniche"
(economiche) italiane. Valgano per tutti i nomi di Carli, Ciampi e ora di Padoa-Schioppa.
Dopo questa lunga, ma necessaria premessa, ecco le poco
piacevoli conclusioni. In quattro punti:
(1)Tangentopoli ha scompaginato, e giustamente, i ranghi
della politica: oggi però non c'è più un progetto, un'idea, i politici
"vivono alla giornata", attendendo ansiosamente il voto positivo o
meno dei mercati, mentre (2) sul piano dell'economa internazionale e della
dottrina economica è andata prevalendo da circa un quarto secolo un' aggressiva
visione monetarista e liberista che propugna tagli di bilancio, alle tasse e
alla spesa pubblica. Il che spiega perché i tecnici della Banca d'Italia, che
(3) ormai da circa quarant'anni (a partire dalla classe nata tra il 1935 e il
1945) si sono formati in misura crescente all'estero (Mit, LSE, OxfordBridge),
oggi ragionino (4) in termini di economia globale e liberismo spicciolo,
seguendo alla lettera le prescrizioni teoriche e pratiche del Fondo Monetario e
della Banca Mondiale , trascurando gli effetti di ricaduta nazionale dei
problemi economici.
Perciò, come accennato all'inizio, il vero problema non è
tanto l'eventuale scelta di Padoa-Schioppa, come ministro dell'Economia (che
comunque attuerà politiche restrittive...), ma il fatto, come si è visto, che
non c'è per il momento alcuna alternativa. L'Italia è totalmente priva di una
classe dirigente di politici e tecnici, dotata di senso dello stato e del bene
pubblico. Che sia capace di garantire la continuità delle istituzioni, al di là
delle divisioni politiche contingenti. E per formarne una (creando grandi
scuole, istituzioni universitarie funzionanti, eccetera), anche se si
cominciasse subito (il che è impossibile) servirebbero almeno, stando agli
esperti della materia un quarto di secolo.
Per ora, perciò, dovremo continuare a subire i diktat del
Fondo Monetario, e soprattutto assistere allo sgradevole spettacolo di ex
ministri come Domenico Siniscalco ("tecnici prestati alla politica") che accettano di trasformarsi in "commis" privati strapagati. Per poi magari, in futuro, tornare a fare i ministri. Come se
nulla fosse...
Carlo Gambescia
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