Il libro della settimana: Giuliano Amato (con Lucia Pozzi), Un altro mondo è possibile? Mondadori, Milano 2006, pp. 206, Euro 16,00.
http://www.libreriauniversitaria.it/altro-mondo-possibile-parole-capire/libro/9788804557104 |
Recensire un libro di Giuliano Amato? Certo. Per leggerlo
e capire, una volta per tutte, quali sono il limiti teorici, culturali e
pratici del riformismo italiano. E non solo.
Un altro mondo è possibile? si presenta come un piccolo dizionario del pensiero politico e sociale contemporaneo. 32 voci: Minaccia globale, Scienza, Global e Local, Occidente, Oriente, Africa, Reddito, Ricerca, Salute, Giustizia, Web, No profit, Giudizi e pregiudizi, Ideologie, Egemonie, Discontinuità, Identità, Sicurezza e Libertà, Felicità, Morale, Relativismo, Laicità, Sogni, Sogni di donna, Fiducia, Leadership, Riformisti, Neoconservatori, Populisti, Elites e lobbies, Gli altri.
Un altro mondo è possibile? si presenta come un piccolo dizionario del pensiero politico e sociale contemporaneo. 32 voci: Minaccia globale, Scienza, Global e Local, Occidente, Oriente, Africa, Reddito, Ricerca, Salute, Giustizia, Web, No profit, Giudizi e pregiudizi, Ideologie, Egemonie, Discontinuità, Identità, Sicurezza e Libertà, Felicità, Morale, Relativismo, Laicità, Sogni, Sogni di donna, Fiducia, Leadership, Riformisti, Neoconservatori, Populisti, Elites e lobbies, Gli altri.
Mancano però, tra le altre, due parole importanti:
modernità e progresso. Perché?
Il riformismo di Giuliano Amato, non è di derivazione
liberalsocialista, come lascia credere talvolta lo stesso autore. Il
liberalsocialismo, affonda le sue origine nell'antifascismo e in una visione
ultrademocratica della società (si rileggano Socialismo Liberale di
Carlo Rosselli, e ancora più indietro certe pagine di Gobetti e Salvemini) . La
visione riformista di Amato è invece liberale tout court. Considera
modernità e progresso come dati di fatto, e soprattutto li confonde con le
istituzioni liberali esistenti. Per Amato, il mondo di oggi, resta comunque il
migliore dei mondi possibili. Invece per il vero liberalsocialista (una specie
attualmente quasi estintasi) la modernità e il progresso non sono mai
acquisiti. Per Amato il progresso è un mezzo, per Gobetti e Rosselli un fine.
Questo spiega perché Amato parli di "riformismo al
plurale". Per lui le "riforme", come per Giolitti, che invece
era un liberale senza aggettivi, devono riflettere quella che è la forma
sociale. Giolitti nelle Memorie sosteneva che il riformista doveva comportarsi come il sarto che taglia e cuce i vestiti per i gobbi. Certo, quella era la "gobba" di cento anni fa, apparteneva a un'altra Italia. E forse bisognava andare con i piedi di piombi, proprio come sosteneva Giolitti, viste anche le pericolose resistenze conservatrice dell'epoca. Però non è detto, soprattutto in assoluto, che se
la "schiena" della società è imperfetta, anche le riforme debbano essere tali. E si badi bene, già all'inizio degli anni Ottanta, un Amato
consigliere di Craxi, già parlava di un vago "riformismo a spizzichi". Di un
riformismo che doveva rinunciare a imporre qualsiasi disegno globale...
Ma a questo punto non resta che chiedersi che razza di
riformismo sia quello che rifiuta le riforme. Anche perché - e questa è la
contraddizione "paradigmatica" del riformismo contemporaneo
postsocialista e postcomunista - Amato ha poi finito per accettare come
riformismo vero, il riformismo "gobbo" di tipo monetarista e
liberista: un riformismo troppo sbilanciato verso il mercato. O
che comunque privilegia la produzione sulla redistribuzione. E qui basti ricordare certi
suoi trascorsi da Presidente del Consiglio: nel 1992 favorì la definitiva
cancellazione della scala mobile, perfezionò legislativamente lo smantellamento
dell'economia mista, svalutò la lira, colpì il risparmio italiano, tassò, con l'una
tantum, i conti correnti, e infine attuò una manovra finanziaria (anzi due, con
la correttiva) da circa 120 mila miliardi di lire, che colpì i ceti
sociali sociali più deboli (operai e piccoli artigiani) e che fece crescere di
un punto, un punto e mezzo, il tasso di disoccupazione. In pochi mesi Amato - piaccia o meno - cancellò le conquiste sociali di alcuni decenni.
Perciò, attualmente, il vero discrimine tra riformismo vero
e falso è rappresentato, dall'atteggiamento che si assume nei riguardi delle
riforme economico di tipo liberista, magari all'italiana per accontentare i soliti noti...
Riforme che invece Amato nel suo libro difende a spada
tratta.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento