Cina. Alla visita di Giorgia Meloni in luglio ha fatto seguito quella del Presidente Mattarella. Sostanzialmente, l’Italia si muove nell’ambito degli accordi bilaterali, quindi in un contesto estraneo a qualsiasi forma di multilateralismo. Come del resto si evince dalle seguenti dichiarazioni:
“Vogliamo rafforzare il Partenariato strategico globale e promuovere le relazioni bilaterali per entrare in una nuova fase di sviluppo”, ha confermato il leader cinese. Senza “tentazioni di anacronistici ritorni a un mondo di blocchi contrapposti”, ha chiosato il presidente italiano. E le “differenze” di pensiero che pur sono tante non devono essere “ostative al confronto” (*).
Il problema è che di queste “differenze di pensiero” su diritti umani in Cina, guerra in Ucraina, Corea del Nord, Iran, crescente antisemitismo e guerra terroristica allo stato di Israele non sembra si sia parlato.
Pechino vuole partner ubbidienti. Nel quadro di una politica estera che auspica lo sviluppo strategico di due fattori decisivi: 1) il crescente isolamento degli Stati Uniti; 2)l’inarrestabile frazionamento nazionalistico dell’Europa.
Cina e Russia vincono su tutti i fronti: questa è la realtà. E Stati Uniti e Unione europea si preparano a procedere in ordine sparso. In questo contesto Meloni e Mattarella, per dire le cose brutalmente, vanno in Cina a mendicare contratti.
Qui si evidenzia ancora una volta, storicamente parlando la natura stracciona del nazionalismo italiano. Per un verso si predica la grandezza dell’Italia, si pensi a Crispi e Mussolini, per l’altro si è consapevoli della nostra debolezza, sicché si cerca un protettore. Piace l’uomo forte: Crispi guardava a Bismarck, Mussolini si gettò nelle braccia di Hitler. A dire il vero, anche Trump potrebbe essere visto come tale. Ma vuole ballare da solo. Facendo così un favore a russi e cinesi.
L’Italia tende la mano, coperta di stracci, cercando però di darsi un tono, nascondendo rammendi e fondo consumato dei gomiti delle giacche. Uno spettacolo rivoltante.
Si dirà che l’Europa non funziona, la Russia fa paura, gli Stati Uniti barcollano (con Biden) o nicchiano (con Trump), quindi si dovrà fare da soli. O comunque barcamenarsi.
Il che ha un fondamento, se non fosse che il realismo di Meloni e (sembra) di Mattarella è un realismo di corto respiro. Non si capisce, o meglio non si vuole capire, che il rafforzamento di Cina e Russia punta prospetticamente alla sottomissione dell’Occidente, prima favorendo le divisioni, poi inglobando, un boccone per volta, ciò che resta dell’Europa libera. Dopo di che, inutile nasconderlo, potrà seguire quella manovra a tenaglia sugli Stati Uniti, già a suo tempo teorizzata da Hitler, però con la Cina al posto del Giappone.
Detto altrimenti, siamo davanti a potenze imperiali che nulla hanno imparato, nulla hanno dimenticato. Sicché, intanto, ogni punto messo a segno dal bilaterismo russo e cinese (anche sotto il paravento dei summit Brics, che sono una specie di foglia di fico) è un punto in meno per un mondo libero e multilaterale.
Giorgia Meloni che ne sa della società aperta? Nulla. Proviene da un partito, anticapitalista e antiliberale, che non ha mai digerito la sconfitta del 1945. Anzi cerca rivincite. Di qui la sua simpatia ideologica per le dittature, ridipinta con i colori del realismo politico (però di corto respiro, come detto).
Quanto al Presidente Mattarella, sospendiamo il giudizio, anche se va sottolineato, che come cattolico di sinistra non ha mai amato l’Occidente liberale, perché a suo avviso troppo consumista, capitalista e secolarizzato.
Mattarella, dovrebbe invece riflettere su un punto. In un’Europa in cui si celebra il nuovo asse tra Italia-Ungheria, in sostituzione, si cinguetta, di quello franco-tedesco (si badi, Francia e Germania sono sotto il pesante tiro d’artiglieria delle destre interne, estreme destre come in Italia e in Ungheria), il suo pensiero dovrebbe andare a Kurt von Schuschnigg: cristiano-sociale, ultimo cancelliere austriaco, defenestrato nel 1938 dai nazionalsocialisti al momento dell’annessione dell’Austria alla Germania (Anchlusss).
Schuschnigg credeva di poter tenere a bada gli scherani di Hitler. Così non fu.
Il parallelo storico non piace? Esageriamo? Monomanie metapolitiche?
Si rifletta. I cinesi vendono armi ai russi. Truppe della Corea del Nord (dove, per dirla alla buona, non si muove foglia che la Cina non voglia) sono schierate contro l’Ucraina. Dalla Nuova America di Trump, si fa sapere che le conquiste militari russe non si toccano. E Mattarella che fa? Come Schuschnigg si illude di poter controllare la situazione. E di conseguenza rischia di finire come Schuschnigg.
Si dirà, siamo soli, che possiamo fare? Si pensi allora al grandissimo discorso di Churchill su “sangue, fatica, lacrime e sudore” con Hitler pronto a invadere la Gran Bretagna.
Non esiste un altro Churchill? Altri tempi? L’Europa pensa solo agli aperitivi? Che vi anneghi allora.
Ai pochi coraggiosi, e i prossimi saranno gli ucraini, non resta che l’onore di cadere con le armi in pugno. E non travestiti da cinesi e russi. Come Mussolini, che si mascherò, per scappare ai partigiani, da soldato tedesco.
Ultimo pietoso ritratto, neppure d’autore, del nazionalismo straccione italiano.
Carlo Gambescia
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