"Confusione/Confusione /Mi dispiace/ Se sei figlia della solita illusione" cantava Lucio Battisti… Ecco, il primo apporto di Trump, ancora privo dei pieni poteri, è quello di accrescere la confusione, già presente sul campo, ovviamente anche diplomatico. E qual è l’illusione? Quella di far venire a miti consigli Mosca rilanciando su parole e frasi fatte, tratte dal repertorio pacifista. Del resto, Trump, come dice, tempo 24 ore risolverà tutto.
La stessa telefonata di Scholz a Putin, di cui oggi parlano i giornali, non è altro che la figlia vigliacca della “solita illusione” pacifista. “Perché morire per Kiev?”, come fu per Danzica fino al 1939. E Scholz, cedendo all’invasore e al clima di incertezza instaurato da Trump, che però promette di risolvere problemi come Mister Wolf, ha alzato per primo il telefono. Il pavido, quando la confusione incalza, cede. “Buonasera Dottor (Putin)”, cantava tanti anni fa una bella ma lagnosa Claudia Mori, gorgheggiando al telefono con l’amante…
Al di là delle battute canore, gradite o meno, da più due anni ci siamo assunti su queste pagine l’ingrato compito di Marco Porcio Catone. O più modernamente di una specie di Dottor Stranamore. Cioè di sottolineare la necessità di dare una salutare lezione a Mosca fornendo le armi necessarie e gli uomini all’Ucraina aggredita dai russi. Non per bellicismo congenito. Ma per contrastare la sindrome del conquistatore, o del carciofo geopolitico che il conquistatore si vuole mangiare foglia dopo foglia.
Da una parte noi, come pochi altri osservatori, a evocare la guerra, dall’altra i tanti, troppi pacifisti, di ogni colore, persino fasciocomunisti, tutti disposti a cedere all’arroganza russa, perché la pace, eccetera, eccetera.
Si dirà che però armi sono state fornite, aiuti di vario genere
anche. Certamente, ma di malavoglia. Senza una linea strategica.
Solo per tirare avanti nella speranza di un miracoloso ritiro russo.
Quindi, dell’ idea verdoniana , per capirsi, dell’amore per l’Ucraina
che è bello finché dura. Di qui incertezza sugli scopi e confusione
sui mezzi da usare. Si pensi solo alle oziose discussioni sulla
natura offensiva o difensiva delle armi, cedute all’Ucraina. Per la
cronaca (storica), inizio anni Trenta, con il Giappone in Manciuria,
armato fino ai denti e con Hitler che affilava i coltelli, alla
Società delle nazioni si discuteva delle stesse ridicole tematiche. Per poi finire, come tutti sappiamo.
In questo quadro confuso a Occidente, circa le finalità della guerra, Zelensky e la classe dirigente ucraina, inclusi i quadri militari, hanno mostrato dinanzi a un nemico superiore sotto il profilo militare, ma inferiore sotto quello delle motivazioni morali, di avere idee chiare, coraggio, con sconfinamenti, ma solo qualche volta, nel visionario (Trump e Musk possono esserlo, Zelenski no?), nonché dotati di una eccellente capacità di resistenza, che va doverosamente estesa all’intero popolo ucraino. E in particolare alle donne: madri, mogli, figlie che onorano i caduti, trattenendo fieramente le lacrime. Si pensi alla forza tranquilla dei giusti. Si parla di trentamila soldati morti e di diecimila vittime civili. Con la pace di Trump e Scholz sarebbero morti invano.
Certe parole oggi non si usano più. Anzi, quasi se ne proibisce l’uso nel dorato mare di latte e miele pacifista. La parola eroe è mal giudicata.
Tuttavia il popolo ucraino, per come si è difeso, al fronte come nelle città bombardate dai russi, merita pienamente la definizione di eroico. Altro che le lotte italiane per il “salario minimo” e l’ “aumento delle pensioni”. Da un parte un popolo di liberi cittadini, l’Ucraina, dall’altro un manipolo di sudditi, la Russia. Sono parole forti, ma non abbiamo paura di pronunciarle.
Soprattutto quando si pensa a un fatto molto semplice: che sarebbe bastata più decisione da parte dell’Occidente euro-americano per rovesciare le sorti della guerra. Più gusto per sfida. E invece la melassa pacifista, in cui annega la cultura europea, non ha aiutato. Come pure, non ha facilitato il compito della Nato l’ambiguità di non pochi leader politici , a cominciare dai silenzi di Giorgia Meloni. E ora, con l’avvento di Trump, sarà più facile, sfruttare il ventre molle dell’Europa: una cultura pacifista, a destra come a sinistra, fine a se stessa. Insomma, la telefonata di Scholz non è che la punta dell’iceberg.
Tutto sommato Biden, che non dimentichiamo si è ritirato in modo ignobile dall’Afghanistan, sull’Ucraina si è mostrato più deciso. Ora però con Trump, malato tra l’altro di esibizionismo, e con un’Europa, regina dell’anfibologia politica, che non vede l’ora di allinearsi al nuovo egoistico pacifismo americano, la sorte dell’Ucraina rischia di essere segnata.
Confusione, vigliaccheria, rodomontismo, non è la prima volta che accade nella storia dell’ Europa moderna. Si pensi alle spartizioni della Polonia alla fine del Settecento. Ultima quella tra nazisti e comunisti nel 1939-1940. Oppure al silenzio occidentale dinanzi all’insurrezione ungherese nel 1956. E infine al vergognoso ritiro americano dal Vietnam nel 1973 e alla caduta dello Shah di Persia nel 1979.
E per oggi basta così. Troppa vergogna sulle nostre povere spalle di osservatore metapolitico di un Occidente sull’orlo dell’abisso.
Carlo Gambescia
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