Si dice che la diplomazia non debba mai usare toni forti. E che il senso di una dichiarazione debba essere colto tra le righe. Insomma, per farla breve, i confini tra diplomazia e ipocrisia non sono mai ben delineati.
Come si può cogliere allora il senso di un documento diplomatico? Non tanto da quello che dice ma da quello che non dice.
L’ipocrita, in generale, è chi parla o agisce fingendo virtù o altre buone qualità: sentimenti che in realtà non ha. L’ipocrita dissimula, al fine di ingannare gli altri per guadagnarne il favore.
Scendendo di un gradino, l’ipocrita politico è chi dice di volere una cosa, ad esempio la pace, mentre il realtà ne vuole un’altra, la guerra. Ovviamente vale anche il contrario: si parla di guerra , ma sotto il tavolo si fa piedino (di pace) con il possibile vincitore.
Sotto quest’ultimo aspetto si legga la dichiarazione, di “sostegno a Kiev”, rilasciata, su iniziativa dell’ineffabile Giorgia Meloni, attualmente alla presidenza G7, in vista, come si scrive, “del millesimo giorno dall’inizio della guerra di aggressione russa contro l’Ucraina”. Dichiarazione ovviamente concordata con gli altri leader.
“Sostegno duraturo all’Ucraina.
Noi, i leader del Gruppo dei Sette (G7), riaffermiamo il nostro fermo sostegno all’Ucraina per tutto il tempo necessario.
Rimaniamo solidali nel contribuire alla sua lotta per la sovranità, la
libertà, l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sua
ricostruzione. Riconosciamo anche l’impatto dell’aggressione della
Russia sulle persone vulnerabili in tutto il mondo.
Dopo 1.000 giorni di guerra, riconosciamo l’immensa sofferenza
sopportata dal popolo ucraino. Nonostante queste difficoltà, gli ucraini
hanno dimostrato una resilienza e una determinazione senza pari nel
difendere la propria terra, la propria cultura e il proprio popolo.
La Russia resta l’unico ostacolo ad una pace giusta e duratura. Il G7
conferma il proprio impegno a imporre gravi costi alla Russia attraverso
sanzioni, controlli sulle esportazioni e altre misure efficaci.
Restiamo uniti con l’Ucraina” (*) .
Se ci si passa l’espressione “la ciccia” della dichiarazione è nella chiusa: “Il G7 conferma il proprio impegno a imporre gravi costi alla Russia attraverso sanzioni, controlli sulle esportazioni e altre misure efficaci”.
Non si parla di fornitura di armi (truppe, per carità…), ma di “altre misure efficaci”. Il massimo della genericità. Ovviamente, “per tutto il tempo necessario”, come si legge. Tanto la pistola è scarica. Insomma, in un momento così grave, si sceglie l’indeterminatezza, o peggio ancora la superficialità. Quasi un’ offesa all’intelligenza del popolo ucraino.
Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America prendono tempo. Con la presidenza Trump alle viste può essere compromettente parlare di armi all’Ucraina. Armi che però sono l’unico mezzo efficace per evitare che Kiev soccomba.
Che dice, in sostanza, il documento? Sanzioni economiche sì, aiuti militari ni. Non si chiude del tutto la porta, però, da quel che si capisce, se gli Stati Uniti dovessero fare un passo indietro, sarà difficile che gli altri membri assumano il compito di rifornire militarmente l’Ucraina. Diciamo che è possibile ma poco probabile.
Ovviamente Zelensky, che conosce le regole diplomatiche, ad alto tasso di ipocrisia, ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, anche perché del piano di pace di Trump si sa poco, e ancora meno delle eventuali reazioni russe. Quindi è prudente attendere, per scoprire le carte di amici e nemici. Ottima scelta.
Fin qui la diplomazia. Però, per dire le cose fuori dai denti, il bicchiere degli aiuti militari all’Ucraina è mezzo pieno o mezzo vuoto? Diciamo che, stando a Borrell, l’aiuto militare americano è del 25 per cento superiore a quello europeo (**). Di conseguenza, se gli Stati Uniti a gennaio dovessero fare un passo indietro, per l’Europa sarebbe complicato colmare il vuoto. Soprattutto per questioni legate ai tempi di una riconversione bellica, anche se parziale, dell’economia europea.
Ovviamente volere è potere. Se l’Europa volesse potrebbe riconvertire la propria economia in chiave militare (“regoletta” di coerenza, che non vale solo per le “riconversioni ecologiche”, buoniste). Il problema è che l’Europa sembra essere caduta prigioniera della propaganda pacifista, una forte pressione, anche a livello mediatico, che indebolisce le difese immunitarie europee. Comunque sia, la riconversione militare, richiede tempo, e all’inizio, grosso modo almeno per un anno secondo gli esperti, la linea di rifornimento bellica subirebbe seri contraccolpi, con gravi conseguenze per le linee di difesa ucraine.
Il nostro pensiero è che per l’Ucraina si preparano tempi durissimi. Gli Stati Uniti, si avviano a recitare il copione, con le pagine macchiate di caffè, del 1914-1917 e 1933-1939: quello di un isolazionismo stupido e controproducente che finirà per favorire Russia e Cina e altri possibili servitori geopolitici.
D’altra parte, con una Nato priva del sostegno americano, l’ Europa, debole e disunita, potrà fare ben poco. La triste ratio della dichiarazione G7 a trazione Meloni potrebbe essere: “Mille ma non più mille”. Il contrario insomma di quel che si celebra a parole.
Il che spiega il trionfo di un’ipocrisia, per dirla con Machiavelli, che è dissimulazione della debolezza, non della forza. In qualche misura di necessità si fa virtù. O per dirla con François de La Rochefoucauld, per l’ennesima volta abbiamo la prova che purtroppo “l’hypocrisie est un hommage que le vice rend à la vertù”.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.governo.it/it/articolo/dichiarazione-di-sostegno-all-ucraina-da-parte-dei-leader-g7/27056.
(**) Si veda qui ad esempio: https://www.analisidifesa.it/2024/11/quasi-tutti-consegnati-gli-aiuti-militari-statunitensi-allucraina/ .
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