domenica 3 novembre 2024

L' "asse" tra Russia e Corea del Nord. Il secondo tradimento dei chierici

 


Abbiamo atteso qualche giorno per commentare probabilmente uno dei fatti più importanti, una vera e propria svolta legata all’evoluzione della guerra in Ucraina, provocata dall’aggressione russa.

Ovviamente non parliamo del contro G7 dei Brics, per ora pura e semplice propaganda russa, ovviamente amplificata, dai mass media amici in Occidente, ma della nascita dell’ "asse" (termine già sinistro, rispolverato nei siti di estrema destra), con concreti risvolti militari, tra Russia e Corea del Nord. Si parla di schierare diecimila nordcoreani in Ucraina, ossigeno, anche simbolico, per la Russia.

Dicevamo abbiamo atteso. Perché? Per una semplicissima ragione. Leggere delle reazioni in Occidente. Che, invece, qui la vera notizia, non vi sono proprio state. La politica tace. E il silenzio domina anche tra i chierici. Cioè tra gli studiosi. Pensiamo a siti e riviste autorevoli. L’Ispi tace o quasi. “Limes”, nel parla nei sommari interni.

Perché questo silenzio?  Legato all' effetto sopresa?  No,escludiamo. E spieghiamo perché.

In primo luogo, perché a breve si voterà negli Stati Uniti. E i candidati, come accadde nella campagna per le presidenziali del 1916 con una guerra (semimondiale, iniziata nel 1914) in atto, temono, anche oggi, di esprimersi per non inimicarsi un elettorato inevitabilmente pacifista.

In secondo luogo, il silenzio americano è politicamente contagioso. L’Europa, nel timore di scontentare i canditati Usa, tace. Non vuole compromettersi. La destra filoTrump, in qualche misura, vede l’Ucraina come una “scocciatura”, una guerra da chiudere al più presto, non importa se con la vittoria di Mosca; la sinistra a sua volta divisa – pochi sostenitori dell’ Ucraina, molti, troppi, pacifisti, oggettivamente dalla parte dell’invasore russo – preferisce tacere in attesa che, così si ripete nel salotti buoni di Washington, la Harris, più a sinistra (pare) di Biden, punti sul graduale disimpegno americano.

In terzo luogo, la Cina, che, come impone una minima conoscenza storica del rapporti cino-coreani (di dipendenza, larvata o meno da circa 1400 anni, soprattutto sul Nord dalla Corea, da sempre divisa in più regni), fa paura. Il colosso cinese è armatissimo. E grosso modo, pur non avendo grandi tradizioni navali, minaccia Taiwan e guarda con ingordigia al Giappone e al Pacifico. Di conseguenza gli Stati Uniti temono di essere attaccati sul Pacifico (Pearl Harbor docet). Oceano che per Washington e una specie di Mare Nostrum del Romani. Però al momento traccheggiano.

Pertanto la Corea del Nord non può non godere del placet della Cina, che a sua volta è in ottimi rapporti con Mosca. Qui il senso della svolta: per usare un terminologia, da storia diplomatica europea dell’Ottocento, il prossimo passo, potrebbe essere una Triplice alleanza, con evidenti ricadute militari, tra Russia, Cina, Corea del Nord. Qui risiede il carattere di svolta storica costituito dall’intervento di truppe nordcoreane in Ucraina.

Vi è dietro un disegno preciso di Mosca? Difficile dire. Dal punto di vista ideologico la Russia è nemica dell’Occidente. Quindi esiste un puntello teorico (tradizione vs modernità): una razionalizzazione filosofica, diciamo, della “fame” moscovita. Inoltre, a partire dalla fine del Settecento la Russia ha tentato almeno due volte di invadere l’Europa, durante le guerre napoleoniche (senza la vittoria francese di Austerlitz i russi avrebbero anticipato  le mosse di Napoleone). E nella Seconda guerra mondiale. Non va perciò assolutamente escluso un disegno di sottomissione dell’Europa. Esistono seri precedenti.

Come si può intuire, il momento è gravissimo. Ma l’Europa, ormai priva di una sua fisionomia liberale, e soprattutto dell’orgoglio di essere liberale, si lascia andare alla deriva. Nelle sedi europee, con il nemico russo  alla porta di casa, si parla a vanvera,  di crisi climatica, di pensioni, auto elettriche, sanità, come se la società aperta fosse eterna. E cosa più grave ci si scaglia contro i migranti, li si deporta. Una politica autolesionistica: dal momento che proprio perché bussano alla nostra porta provano di credere nei valori occidentali più degli stessi europei.

La secolarizzazione e l’ integrazione del migrante, in una parola la sua “modernizzazione,” può infondere nuova linfa vitale nella società europea. Il migrante è una sfida culturale da vincere, non una maledizione come evoca la destra razzista e fascista, per dirla fuori dai denti.

Il che spiega, per tornare all’incipit, il silenzio dei chierici, dei professori e degli intellettuali, insomma degli addetti ai lavori, dei “geopolitici”, che sanno ma tacciono. Non vogliono dispiacere ai potenti. Per dirla con il titolo di un famoso libro di Julien Benda, tradiscono di nuovo, trasformandosi in servi dei nemici della causa liberale.

La prima volta fu con Hitler e Mussolini. Anche quello, esteso al Giappone militarista, fu un "asse"...

Carlo Gambescia

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