Oggi i principali giornali di sinistra aprono sadicamente sulle critiche della Banca d’Italia alla legge di bilancio. Invece quelli di destra, in particolare “Libero” e “La Verità”, pubblicano, con grande evidenza le foto osè di “Lady Soumahoro” (*). Parliamo degli stessi cialtroni, Belpietro, Sallusti, Feltri, che in nome della libertà difendevano le allegre seratine private del Cavaliere.
Questa, la qualità, scadentissima, del discorso pubblico in Italia. E sui social è ancora peggio.
Ma il problema, più grosso, rinvia all’impossibilità di impostare il discorso pubblico sul piano dei grandi principi liberali. In sede di Consiglio dei Ministri o di Governo Ombra il nostro articolo, nella sua versione cartacea, verrebbe appallottolato e gettato nel cestino. Carlo Gambescia è un pazzo, un dottrinario.
Perfetto, continuate allora a farvi del male…
Si prenda la questione del tetto al contante. La Banca d’Italia ha detto no all’innalzamento, perché incrementerebbe l’ evasione. Il governo invece è per il sì, perché la pensa in modo contrario.
Come stanno le cose? Le scarse indagini in materia, a causa delle difficoltà di misurazione, ci dicono che non esistono prove in un senso come nell’altro.
Fabrizio Balassone, in audizione, perciò ha bleffato: non c’è ancora base osservativa per un giudizio finale. Il che per un alto funzionario della Banca d’Italia è grave. Quanto alla Meloni, si può dire che ha sfiorato il ridicolo, dal momento che i poveri, se effettivamente sono poveri, non hanno preoccupazioni di pagamenti in contanti a cinque o diecimila euro.
Ma il vero problema non è la polemica sull’innalzamento o meno, ma la difficoltà, come dicevamo, di porre il discorso pubblico su saldi binari liberali.
Cosa vogliamo dire? Che in un paese liberale non deve esistere nessun tetto al contante. Già discutere e vietare, come accade, è segno di inimicizia, a dir poco, verso i principi di libertà e di libero scambio. Eventualmente, se proprio necessario, si potrebbe proporre un tetto alle stupidaggini stataliste.
Per inciso, la digitalizzazione, cioè la moneta elettronica, contrariamente a quanto si dice (sempre Balassone), non rimanda alla modernità in quanto tale, dal momento che si tratta di uno strumento, che può essere usato contro il cittadino e i principi di libertà. Diritti di cittadinanza e di libertà, ecco due grandi conquiste vere - queste sì - dei moderni.
Insomma, la vera modernità è rappresentata dal libero scambio che negli ultimi secoli ha rivoluzionato, e in meglio, le nostre vite. Sicché sganciare la digitalizzazione della moneta dai principi del libero scambio e dalla libertà di scelta, che ne è il presupposto, come nel caso del tetto o dell’eliminazione del contante per legge, significa regredire verso l’assolutismo dei regimi preliberali. Di andare contro la modernità, perché sarebbe lo stato a decidere, come hai tempi di Luigi XIV, quale forma di moneta usare (digitale o meno), non il cittadino.
Del resto, cosa ancora più grave, si tratta di un mentalità statalista molto diffusa, che va oltre la classe politica, arroccata a destra come a sinistra su posizioni stataliste e fiscaliste. Infatti un recente sondaggio ha mostrato che oltre il 60 per cento degli italiani, puro esempio di masochismo, è favorevole al tetto.
Si è detto – Balassone, pare – che senza tetto al contante si rischia di facilitare la crescita del lavoro nero. Altra stupidaggine.
Il lavoro nero, come tutte le forme di “contrabbando”, o se si preferisce di mercati “non ufficiali” di merci e lavoro, sorge per un problema di squilibrio costi-profitti a livello di singole imprese. Questione che è alla base dell’inevitabile incapacità dei mercati “ufficiali” di rispondere ai bisogni dei consumatori in base ai prezzi di mercato.
Detto altrimenti: quanto più è elevato il costo del lavoro e quanto più alta è la pressione fiscale, tanto più crescono le forme di mercato “non ufficiali”, che colmano il divario tra domanda e offerta causato dall’ incapacità dei “mercati ufficiali” di tenere il passo nei termini, ripetiamo, di legge della domanda e dell’offerta.
Pertanto il vero e solo problema non è il tetto al contante, ma quello di dare un taglio netto al costo del lavoro e alla pressione fiscale. Solo così si fare “emergere” il nero. Affidandosi, ripetiamo, alle legge della domanda e dell’offerta.
Certo, sempre meglio, giocare sul consenso sicuro. Sulla felicità degli stronzi (pardon). Cioè, esporre le “forme” di “Lady Soumahoro” e indicare al popolo bue gli evasori fiscali come capro espiatorio.
Qui si dovrebbe aprire il tremendo discorso sul lavaggio collettivo del cervello a proposito dell’ obbligo fiscale, addirittura tramutato, da tutti i governi di destra e sinistra, in dovere etico. Di qui l’inevitabile, ma non meno odioso, elogio delle tracciabilità come conquista finale della modernità. Capito i difensori della libertà ? Tracciabilità sì… Libero scambio no.
Che poi la destra faccia le sanatorie e la sinistra le cancelli non cambia i termini della questione: l’evasione fiscale è una forma di autodifesa da una soffocante pressione tributaria. Ma questa è un’altra storia…
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.giornalone.it/ .
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