A che punto è la guerra in Ucraina? La Nato prevede una massiccia offensiva russa in primavera. Putin continua a evocare la guerra non convenzionale, quella atomica. Inoltre Mosca, come scrive il Wall Street Journal, sta lavorando alla riconversione di alcune imprese civili in militari. Come pure sembra procedere all’ acquisto di armi su mercati amici, ad esempio addirittura dalla Corea del Nord.
Il che fa capire quattro cose: 1) che la volontà di pace dei russi è pari a zero; 2) che la guerra si profila lunga, almeno fino all’estate prossima; 3) che Mosca si sta giocando il tutto per tutto sul fronte della guerra convenzionale; 4) che i russi usano lo spauracchio della guerra atomica, per evitare la guerra convenzionale con la Nato – sul suolo ucraino però – perché temono di perderla.
Dinanzi a questa volontà di guerra si pone l’ Occidente euro-americano, che invece spera: 1) che Putin venga rovesciato; 2) oppure che faccia un passo indietro comprendendo che non può ridurre al’Ucraina all’obbedienza.
Sarebbe interessante scoprire se a questa strategia “del fuoco lento”, all’insegna della svogliatezza, si affianchi una strategia del “fuoco”, senza altri aggettivi, tesa a preparare l’Occidente a combattere una guerra convenzionale, come dicevamo, sul suolo ucraino.
La risposta, per ora, è negativa. E qui va fatta un’osservazione. In realtà anche l’Occidente usa il tema della guerra nucleare, non convenzionale, per evitare di combattere una guerra convenzionale contro la Russia.
Se ci si passa l’espressione, l’evocazione del conflitto nucleare, da parte di russi e americani, serve solo ad allungare il “brodo” della guerra in Ucraina. Un allungamento che comporta: 1) ingenti e costosi aiuti militari all’Ucraina, non finalizzati, perché centellinati, all’espulsione delle truppe russe dai confini ucraini; 2) ulteriore militarizzazione, sul fronte opposto, dell’economia russa; 3) progressivo peggioramento delle economie occidentali, perché le sanzioni economiche, nella migliore delle ipotesi, sono un’ arma a doppio taglio.
L’inazione militare-convenzionale dell’Occidente euro-americano concettualmente ricorda quella del tardo Impero romano con il pagamento di tributi al “barbaro” che invece preme e attraversa i confini senza tanti complimenti. Ma si potrebbero fare anche altri esempi, con gli ultimi tempi delle dinastie degli Angeli e dei Paleologhi in epoca bizantina e quella Han e Sung in Cina.
Tuttavia, a differenza dei casi storici citati, l’Occidente disporrebbe ancora della forza militare, come pure di una tavola unificante di interessi e valori, degna di essere difesa, per opporsi alla Russia e costringerla a ritirarsi.
Però non si vuole fare la guerra convenzionale per respingere i russi oltre i confini ucraini. Si preferisce attendere che Mosca si stanchi e che le cose, magari con qualche compromesso da far digerire agli ucraini, vadano a posto da sole.
In Occidente, favorendo un complice gioco delle parti con Mosca, si proclama che la guerra convenzionale non può che condurre inevitabilmente alla guerra non convenzionale. Di qui, la necessità di evitare l’olocausto nucleare. Che, a dire il vero, alla fin fine nessuno dei contendenti vuole veramente, dal momento che l’ arma atomica rappresenta il trionfo dell’antipolitica, rispetto alla politica come lotta per la conquista e la conservazione del potere: perché non vi sarebbero né vinti né vincitori. Al massimo, l’arma atomica può essere un mezzo, dal punto di vista delle trattative, non un fine sotto l’aspetto politico.
Il problema è che Mosca non deve rendere conto agli elettori. Pertanto può attendere la prossima primavera e anche quella successiva. Mentre in Occidente ogni giorno di guerra in più è un giorno di benessere economico in meno. Parliamo di una crescente e preoccupante diminuzione del tenore di vita che può minare il consenso e favorire gravi rivolgimenti politici.
Certo, si può sempre dichiarare, mentendo, che i sacrifici economici servono per mantenere la pace e allontanare il pericolo della guerra nucleare. Fino a quando però?
In sintesi: l’Occidente continua a puntare sulla strategia del “fuoco lento”. Un ripiego: perché in realtà non vuole la guerra ma neppure la pace, perciò, nel vuoto delle idee, prendere tempo, rilanciando lo spauracchio nucleare, può sempre tornare utile. Sotto questo aspetto, Mosca non può che stare al gioco, perché il fantasma della guerra nucleare, allontana il pericolo, temuto dai russi, di una guerra non nucleare, combattuta dalla Nato contro Mosca in Ucraina. Di qui, le evocazioni di Putin. Intanto però l’economia mondiale va a fondo. E l’Occidente, in termini di consenso interno, rischia più di Mosca.
Carlo Gambescia
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