Le cose non sono mai come sembrano? O sono come sembrano? O per dirla ancora meglio, quanto è difficile, talvolta impossibile, afferrare la realtà dal punto di vista di un’analisi che deve precedere la decisione, come insegna la psicologica cognitiva.
Decisione che può essere politica, economica e militare come nel caso della gravissima situazione ucraina.
In realtà, che cosa sappiamo di quel che sta accadendo? Tre cose sono sicure: che i russi hanno invaso l’ Ucraina, che gli ucraini si stanno difendendo e che una parte della popolazione ucraina, soprattutto donne, bambini, vecchi, cerca rifugio all’estero.
Tutto il resto, come ad esempio chi stia prevalendo (sul campo, attenzione), oppure quali e quante siano le reali ripercussioni economiche, resta di difficile interpretazione. Non che manchino dati e cifre. Quel che manca purtroppo è l’attendibilità interpretativa. Per capirsi, da parte russa si minimizza, da parte ucraina e occidentale si massimizza.
Perché, in realtà, siamo davanti alla rappresentazione retorica di tre guerre: 1) quella russa, di attacco, ma presentata dalla Russia come soft; 2) quella dell’ ucraina, difensiva e disperata; 3) quella dell’Occidente, che qualifica la Russia come aggressore, ma che non vuole assolutamente lo scontro militare .
Le tre retoriche hanno punti deboli dal punto di vista della coerenza argomentativa.
La Russia dipinge il conflitto come una specie di esercitazione militare a scopo umanitario. Qui però si impone la domanda, per ora senza riposta: se gli ucraini sono fratelli (premessa) perché fare loro la guerra (conclusione)?
L’ Occidente euro-americano aggredisce verbalmente la Russia, dipinta come il nemico, (premessa), senza però voler passare all’atto, la guerra (conclusione). Il che spiega il ricorso attendista alle cure paliative delle sanzioni economiche.
L’Ucraina, invece parte dalla premessa sbagliata: che l’Occidente sia amico. Di qui le conclusioni altrettanto sbagliate: che, prima o poi, interverrà militarmente. Di conseguenza, il sillogismo ucraino non regge. Sicché l’ interpretazione ucraina della guerra, irrita i russi, infastidisce europei e americani.
Restano però sul campo, per così dire, due fatti inoppugnabili: che la Russia ha invaso Ucraina e che le popolazioni ucraine sono in fuga. La realtà come è. Quindi la Russia è un aggressore che sconvolge vite e semina il panico. Contro il quale, coerenza imporrebbe, di intervenire in modo fermissimo. Altro che il cincischiare con le sanzioni economiche.
E qui si apre un’altra questione, di etica utilitaristica. Diciamo di “bilancia”, tra bene maggiore e bene minore.
L’Occidente giustifica la contraddizione argomentativa, di cui sopra, asserendo che la contraddizione tra parole e fatti è intenzionale: perché, il rifiuto dell’intervento militare aiuta a salvare un bene maggiore (la libertà dalla guerra atomica) grazie al sacrificio di un bene minore (la libertà ucraina dai russi).
Però da questo punto di vista, qual è il bene maggiore per i russi? Possibile che non comprendano la natura di un bene maggiore come la libertà dalla guerra atomica? E che addirittura lo sacrifichino al bene minore: la libertà degli ucraini?
Si tratta di un quesito che per ora non ha risposta. Probabilmente però per i russi, l’assoggettamento dell’Ucraina sembra essere un bene maggiore. Sembra, perché, per ora, manca la certezza.
Inoltre, come evidente, dal punto di vista americano e russo, si trascura invece – questo è sicuro – un bene minore, che però è maggiore per gli ucraini, la libertà.
Come si può capire, il punto cognitivo non è che le cose non sono come sembrano: di un’ Ucraina invasa con popolazione in fuga. Ma che, in ultima istanza, gli attori politici attribuiscono a questo fatto un valore differente.
Il che spiega, la magnificazione retorica delle sanzioni economiche da parte dell’Occidente, e per contro, lo sminuimento del conflitto, da parte della Russia.
Probabilmente, come il lettore avrà intuito, a farne le spese sarà l’Ucraina, bene minore.
Carlo Gambescia
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