sabato 26 marzo 2022

Putin già bollito?

 


Ieri, un amico francese, profondo conoscitore della cultura russa, nonché della situazione, mi diceva al telefono, tutto contento, che “l’aventure du Cirque Putin risque de mal se terminer”. Di finire male. Insomma, per dirla alla buona, l’amico parigino dà già per bollito l’esercito di Putin.

Un’ esagerazione? Forse. Però, al di là delle fake news, delle divisioni tra guelfi e ghibellini, non solo in Italia, delle chiacchiere postmoderne sui conflitti ibridi, le guerre si decidono sul campo. E sul campo la Russia sembra segnare il passo.

A chi attribuire il merito? Ai pacifisti, al papa, all’abilità diplomatica dei leader occidentali? No, assolutamente no.

Il merito va al coraggio del soldato ucraino. E, in seconda battuta, alle armi fornite da un recalcitrante Occidente.

Attenzione però, non è solo questione di mezzi. Ad esempio, i governi e i militari del Vietnam del Sud e dell’Afghanistan, pur ricevendo enormi quantità di armi, non hanno dato buona prova sul campo. Il coraggio e la forza della causa, sopratutto se difensiva e se sentita da tutto un popolo, fanno sempre la differenza. Ovviamente, nel caso ucraino in particolare, l’aiuto militare non deve cessare e soprattutto deve avere natura regolare.

L’Ucraina ha subito, e sta subendo, una guerra d’aggressione della peggiore specie. Si immagini Trieste bombardata alle prime luci dell’alba. Oppure i carri armati russi che invadono il nostro confine orientale, assediando e affamando, al buio e senza acqua potabile, le principali città del Friuli e del Veneto. Come avremmo reagito? Di sicuro ci saremmo messi a litigare tra di noi. Invece gli ucraini, compatti, stanno combattendo come leoni.

Tra l’altro, sono molto significative anche le notizie su episodi d’insubordinazione nell’esercito russo. Indicano che il “morale della truppa” è basso.

Putin e l’establishment politico-militare russo, comunque molto aggressivi dal punto di vista ideologico, hanno probabilmente sottovalutato la tempra morale del nemico. Non è la prima volta nella storia della Russia otto-novecentesca, che ha inanellato sconfitte su sconfitte, in particolare nelle guerre di aggressione ( le guerre russo-ottomane, in particolare la guerra di Crimea, la guerra russo-giapponese, la Prima guerra mondiale, con il famoso ordine di mobilitazione anticipato). Mentre nelle guerre difensive i russi hanno sempre vinto, come contro Napoleone e Hitler.

Insomma, l’Orso russo, sembra non avere ancora imparato la lezione. Quale? Che gli converrebbe restare nella tana. Anche perché l’espansione tra il 1945 e il 1991 resta frutto di una serie di fortunate coincidenze storiche: il crollo tedesco, il vuoto politico europeo, la decolonizzazione, solo per indicare le principali.

Ovviamente, l’imperizia militare, gli ultimi zar, malamente copiarono il modello prussiano, Stalin, alla peggio quello hitleriano, Putin, vive alla giornata… L’imperizia militare dicevamo, si scontra con l’ ideologia panslavista e il fondo culturale slavofilo, un pattern che ancora oggi fomenta i fantasiosi progetti imperialistici di una Russia depositaria della tradizione cesaropapista. La mitica Terza Roma. Si legga Dugin al riguardo.

Purtroppo, per dirla con Battiato, i desideri non invecchiano. Questa sproporzione tra ideologia e realtà, quasi una costante nella storia della Russia moderna, spiega quello che comincia a delinearsi come l’ennesimo fallimento militare.

Ciò, non significa, come accennato, che la Russia non sia pericolosa. Dispone di un formidabile arsenale atomico e sul suo territorio è inattaccabile, soprattutto con eserciti e armi convenzionali. Quindi l’Orso va comunque tenuto sotto seria osservazione. In gabbia, se possibile.

Ovviamente la guerra non è finita. Tutto può ancora succedere. Intanto però godiamoci l’impasse russa. E celebriamo il soldato e soprattutto l’intero popolo ucraino. Gente, come sembra, che di coraggio ne ha da vendere.

Carlo Gambescia

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