Dopo 16 giorni di guerra cosa emerge dalla lettura della stampa, tradizionale e online?
In linea generale sembra prevalere, come contenuti, il modello comunicativo liberalsocialista: di rigetto pacifista e di condanna umanitaria con conseguente iscrizione – per carità, meritata – della Russia nel librone nero dei guerrafondai.
La parola d’ordine politica che circola, legittimata dai mass media, è “to care”, curare, aiutare, lenire le ferite, trasformare l’Occidente in ospedale da campo. Si tratta del naturale prolungamento del welfarismo liberal-socialista, già pacifista di suo, che va a sposarsi con il pacifismo peloso delle destre sovraniste da sempre vicine a Putin.
Detto altrimenti: il popolo ucraino va aiutato con medicine, cibo, accoglienza, eccetera, magari, se proprio si deve, con l’invio segreto di armi (o soldi per acquistarne), ma senza incorrere in riconoscimenti politici e soprattutto interventi militari diretti per non provocare, si ripete, catastrofi atomiche (sul punto specifico torneremo più avanti).
Si attende che i russi si stanchino, rimangano impantanati, oppure che cada Putin. E infine, cosa che però non si dice, che i russi finiscano presto e bene “il lavoro iniziato”.
Di qui il grande rilievo, assegnato, in particolare dalla sinistra occidentale (cattolici progressisti, socialisti, liberalsocialisti, con i pacifisti in prima fila), all’importanza delle sanzioni economiche contro i russi e dell’aiuto umanitario agli ucraini.
Come si ripete con grande enfasi, si punta tutto sull’isolamento economico della Russia. Si ignora che in questo modo, se le sanzioni dovessero giungere a effetto, si affamerebbe il popolo russo, quindi anche donne, vecchi e bambini, non solo gli uomini, giovani e forti, adatti a combattere. Oltre che, si badi bene, invelenire “tutti” i russi non solo le élite.
Comunque sia, si tratta di un comportamento, per dirla fuori dai denti, da vigliacchi, come quello dei russi che bombardano la popolazione civile. Tra le due strategie esiste solo una differenza di tempi: le bombe vere esplodono subito, quella economiche, dei pacifisti, scoppiano a effetto ritardato.
In realtà, le sanzioni difficilmente funzioneranno, per ragioni che abbiamo più volte spiegato (*), però favoriscono e servono a giustificare l’attendismo welfarista dell’Occidente, i cui politici sperano che le cose si risolvano da sole.
In realtà, l’ucraino – sia detto con tutto il rispetto dovuto a un popolo che soffre – è stato subito tramutato in una specie di assistito al quale vanno applicate le procedure dell’ Azienda Sanitaria Locale Occidente. O se si preferisce, lo si vede come un beneficiario di un ipotetico reddito di cittadinanza da guerra.
In sintesi: il bellicismo russo è funzionale al pacifismo occidentale: i primi producono esuli, i secondi li accolgono e curano.
Ora, a parte il fatto che gli ucraini – popolo di grandissima dignità – preferirebbero di gran lunga vivere liberi in casa propria, va rilevata un’altra questione fondamentale: il rapporto funzionale tra bellicismo e pacifismo determina in Occidente quello che può essere chiamato il “ciclo della coercizione sociale”.
Si rifletta su un punto in particolare.
La cosa più incredibile, diciamo paradossale, è che i leader occidentali proclamano che siamo in guerra, per far digerire alle popolazione il costo economico e morale degli aiuti umanitari (e militari), con la precisazione – si stia attenti – che gli aiuti umanitari (e militari), servono per evitare una guerra ancora più dura, addirittura atomica.
Si replica il copione dello stato di emergenza, come durante la guerra alla pandemia. Ecco perché abbiamo parlato di ciclo della coercizione sociale.
Due anni fa si chiese tutto il potere ai governi, sottomettendo economicamente e moralmente i cittadini, perché si era in guerra contro il virus. Per evitarne, si diceva, una ancora più dura, diciamo un’estensione della prima, che senza l’obbedienza dei cittadini, avrebbe condotto alla cancellazione dell’umanità.
Si trattava (e si tratta) di un messaggio di natura presuntiva: i sacrifici di oggi evitano i sacrifici ancora più duri di domani. Ossia si presume che qualsiasi conflitto militare, anche convenzionale, con la Russia, porti alla guerra atomica, come si presumeva, due anni fa, che il virus avrebbe cancellato, proprio come l’atomica, l’intera umanità.
Si rifletta: non è altro che l’arma del ricatto e della paura insita nella relazione politica comando-obbedienza: “Io, potere, ti proteggo, tu, cittadino o suddito, mi obbedisci”.
Il punto è che se la guerra in Ucraina durerà come la guerra alla “pandemia” (guerra quest’ultima tuttora in corso), la ripresa economica e sociale e il ritorno alla libertà, che l’emergenza “virus”, covid o russo, accentuano e prolungano, si tramuteranno in miraggio.
Come invertire il ciclo della coercizione sociale?
Carlo Gambescia
(*) Ad esempio qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/la-lezione-di-clausewitz/
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