venerdì 18 marzo 2022

Guerra in Ucraina, due parole sul concetto della logica di potenza

 


Probabilmente nelle scienze sociali il peggiore difetto sul piano analitico resta quello di applicare allo studio della realtà concetti solo in apparenza neutrali.

Ad esempio, a proposito dell’invasione russa dell’Ucraina, si legge di conflitto tra due logiche di potenza, da un lato l’Occidente dall’altro la Russia. Il concetto viene esteso anche alla Cina.

Che cosa s’intende con logica di potenza? In certi ambienti, anche accademici, ma soprattutto di destra, con questo termine si intende la volontà di conquista, di potenza, di estendersi nello spazio anche a costo di piegare militarmente tutti gli attori politici che si pongano come ostacoli all’inevitabile dispiegamento della logica di potenza.

In realtà, questo concetto, fino alla nascita novecentesca della geopolitica sullo sfondo in un mix culturale tra romanticismo politico e darwinismo sociale, era totalmente sconosciuto ai grandi imperi della storia, probabilmente le unità politiche più dinamiche.

Per limitarsi all’Occidente, Alessandro si rivolse a Oriente nei termini di una gigantesca scorreria militare tra goliardi. Roma costruì il suo impero, negli anni della Repubblica, senza sapere esattamente cosa stesse combinando. Lo stesso metro si può applicare alle imprese di Carlo Magno, degli Ottoni, degli Hohenstaufen, di Carlo V, che comunque guardarono all’eredità di Roma in termini di grandezza ideale, non di pura e semplice brutale logica di potenza.

Per contro, con la nascita dello stato moderno, gli imperi divennero desueti. Si iniziò a proclamare il valore prima della ragion di stato, poi dei confini naturali, in seguito della nazione armata, infine del sacro egoismo e dello stato come serbatoio della razza. Purtroppo, esiste un lato oscuro della modernità, per dirla con Praz, della carne, della morte, del diavolo. Una specie di modernismo reazionario che usa gli strumenti della modernità contro la modernità. Il punto non fu quello evidenziato, giustamente, da Machiavelli della separazione filosofica tra etica e politica. Ma quello successivo della separazione, di fatto, sociologica, tra interessi e valori.

Dal punto di vista dell’istituzionalizzazione, la geopolitica, come scienza rinvia alla cultura totalitaria tra le due guerre mondiale, con radici nella Germania di Bismarck, dove, come nell’opera di Treitschke, si parlò, senza mezzi termini, della logica di potenza applicata allo stato. Cioè dell’ espansione naturale degli stati più forti come di una regolarità capace di dominare la vita internazionale.

Pertanto il concetto della logica di potenza rinvia a una visione romantica, razzista e darwinista dei rapporti politici – un misto di romanticismo e scientismo – che rimanda a un approccio totalitario alla vita politica. In altre parole, come detto, al modernismo reazionario. Altro che concetto scientificoe  neutrale...

Logica di potenza. Riassumendo, un termine che è tutto, eccetto che scientifico. Che riduce l’analisi della politica a puri e semplici rapporti di forza, ignorando il ruolo dei valori e il richiamo ideale degli stili di vita.

Un esempio? Per tornare alla guerra in Ucraina, in un saggio di John Mearsheimer, professore di relazioni internazionali, che risale alla prima metà dello scorso decennio, citato come il vangelo dai geopolitici dei nostri giorni, si ignora totalmente la volontà morale di unione con l’Occidente degli ucraini. Definita dall’analista americano, una specie di reincarnazione di Treitschke (dalle stesse venature antisemite), come “un progetto di ingegneria sociale” costruito in Occidente (*). Di qui, a suo avviso, la necessità, dal punto di vista della logica di potenza americana, di abbandonare gli ucraini al loro destino. Senza tanti complimenti. Cosa indubbiamente oggi graditissima ai filoputiniani.

Come si può intuire l’uso del concetto di logica di potenza rinvia a un realismo politico di tipo criminogeno che non fa alcuna distinzione tra una banda di mafiosi e lo stato maggiore della Nato o di Putin.

Fermo però restando che, in ambito europeo, soprattutto tra i filoputiniani, si usa distinguere artatamente tra una logica di potenza coerente, quella russa, e una logica di potenza, incoerente, quella americana. Pertanto, l’articolo, come le interviste di Mearsheimer, sono usati per dimostrare l’ipocrisia americana, incapace di decidersi per l’una o per l’altra. E per contro, di esaltare la grande coerenza di Putin.

In realtà, il vero punto della questione non è la congruenza della logica di potenza, ma quello della congruenza tra logica degli interessi e logica dei valori, congruenza estranea alla logica di potenza, ritenuta invece congruente di per se stessa dal realismo politico criminogeno.

Salvo poi opporre (sempre a proposito di presunta neutralità concettuale), in chiave romantico-darwinista, ai valori dell’Occidente corrotto i sani valori di una fantomatica tradizione eurasiatica, alla quale l’Ucraina tenta di sottrarsi,  ignara di quale sia il suo bene.

Che, cosa sotto gli occhi tutti, Putin ricorda e spiega loro a colpi di cannone.

Carlo Gambescia

(*) Si veda John J. Mearsheimer, Why the Ukraine Crisis Is the West’s Fault The Liberal Delusions That Provoked Putin, “Foreign Affairs”, vol. 93, 5, 2014, pp, 77-89. Cfr. qui, testo online (in particolare p. 11): https://www.mearsheimer.com/wp-content/uploads/2019/06/Why-the-Ukraine-Crisis-Is.pdf . Idee ribadite di recente in un’ intervista, Why John Mearsheimer Blames the U.S. for the Crisis in Ukraine, "New Yorker",
1,3, 22, testo, online, qui: https://www.newyorker.com/news/q-and-a/why-john-mearsheimer-blames-the-us-for-the-crisis-in-ukraine .

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