venerdì 27 dicembre 2019

Il ritorno della Turchia  in Libia
Aridatece Giolitti!

Corsi e ricorsi.  La Turchia rimetterà  un  piedino in Libia ( o piedone, poi si capirà). Almeno così pare. Addirittura sotto l’egida dell’Onu in difesa del governo legalmente riconosciuto di unità nazionale. 
Vi mancavano dal 1911,  quando l’Italia scacciò le truppe dell’Impero ottomano, da quello che Salvemini, ignaro dell’importanza del petrolio, definì  lo "Scatolone di sabbia". E invece fu un capolavoro geopolitico di Giolitti.
Sicché mentre l’Italia gira a vuoto, discutendo di pensioni e delle dimissioni di Fioramonti, la Turchia si propone di sostituirla in una area geopolitica  per noi fondamentale.
Una  riflessione.
Erdogan, non è sicuramente un liberal-democratico, ma non è neppure Hitler.  Diciamo che  ha un visione della politica realista, prudentemente realista.  Visione che soprattutto in politica internazionale  finisce sempre per pagare. Ovviamente,  Erdogan, a differenza del realista criminogeno, che ignora le conseguenze, soprattutto quelle dannose per sé, sa fin dove può spingersi.  Gioca soprattutto sulle debolezze altrui,  e non si preoccupa, quando necessario,  di pigiare l’acceleratore militare. Senza però esagerare.   
Conte, invece  è  un nulla, neppure strutturato: senza una politica, senza una maggioranza compatta, prigioniero delle retoriche pacifiste a sfondo mitologico.  Capace solo, come in queste ultime ore, di ribadire in giro, senza poter realmente minacciare nessuno,  il primario interesse dell’Italia in Libia.  Figurarsi le risate di Putin, Erdogan, Trump e stati  satelliti.

Il nostro non è un elogio di Erdogan, ci mancherebbe altro. Come ovviamente, la situazione italiana, dal punto di vista storico,  non può essere imputata esclusivamente a Conte.
L’Italia, uscita a pezzi, moralmente parlando,  da una disastrosa  guerra fascista, si è ritrovata, come il manzoniano vaso di coccio tra i vasi di ferro delle grandi potenze,  priva di apparati militari e  di idee geo-strategiche, se non quelle di un generico pacifismo, indotto, per reazione, dalla stupida overdose di militarismo fascista. Una nazione da operetta. Dunque poco affidabile. Così ci giudicano tuttora.
In genere gli storici, facendo di necessità virtù, sottolineano l’impossibilità per l ’Italia repubblicana di praticare  una politica estera diversa dal cerchiobottismo. Frutto di  un' ambiguità di fondo, dettata da una crisi di identità innescata dalla guerra perduta.  Un'assenza di padri che  ha impedito  scelte nette  - sbagliate o no -  come l’ Atlantismo, il Terzomondismo, il Neutralismo pacifista o meno. Insomma, di tutto un po’.  Un Paese dove non  si era  (e si è)  né fascisti né antifascisti, né riformisti né rivoluzionari.  Salvo rare eccezioni politiche,  si è sempre  tirato a campare.
Ecco  la nostra cifra  geopolitica repubblicana.  Naturalmente, si sono trascurati  gli apparati militari, confidando, secondo gli schieramenti politici, negli  americani o nei  sovietici...
Oggi, di conseguenza,  l'Italia  è geopoliticamente  debole e  non conta  quasi  nulla.   Il nostro, se si così si può chiamare, è un realismo zoppo, perché  oltre a non  disporre  di alcuna forza politico-militare, non disponiamo neppure della volontà di usarla.  E gli altri paesi  lo sanno benissimo. Il che spiega perché a breve ci ritroveremo con i Turchi in Libia. Come prima del 1911. 
Sapete, cari lettori, come si dice a Roma e dintorni?  Aridatece Giolitti! 

Carlo Gambescia