domenica 8 dicembre 2019

Luciano Gallino e il “Canaro” della Magliana

Il sociologo deve  sempre pesare le parole perché conosce a menadito   i processi sociali ,  nonché,  entro certi limiti,  le conseguenze di determinate azioni collettive, o meglio ancora i limiti stessi del costruttivismo sociale:  della pretesa  - semplifichiamo - di cambiare  il mondo a tavolino: cosa da riformatori sociali non da scienziati.   
La sociologia, alla fin fine,  è una e insegna poche e semplici cose. Tra le quali l’importanza dell'uso del relativismo nello studio  dei  fenomeni sociali, Che vanno sempre analizzati  iuxta propria principia, secondo principi e criteri di indagini proprie dell’oggetto che si studia.
Luciano Gallino  nell’ultimo periodo della sua vita  aveva perso il senso di questi limiti. Nonostante i suoi passati e importanti lavori di sociologia  economica, mostrava di aver dimenticato  la grande  lezione cognitiva della scienze  sociologiche.
Si prenda ad  esempio  un tag  inviatoci su Fb da un amico  lettore, Gianluca Pietrelli.  Vi si pubblica  un  passo  di  Gallino  ripreso da un articolo uscito su “Repubblica”, che a sua volta, rimanda  a un suo libro, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegato ai nostri nipoti  (Einaudi). Leggiamo:

"Senza l'apporto di una dose massiccia di stupidità da parte dei governanti, dei politici, e ahimè di una porzione non piccola di tutti noi, le teorie economiche neoliberali non avrebbero mai potuto affermarsi nella misura sconsiderata che abbiamo sott'occhio. Tali teorie non hanno previsto la crisi del 2008; non hanno avanzato una sola spiegazione decente delle sue cause; i loro modelli sono lontani anni luce dalla realtà dell'economia; hanno fatto passare il principio che anzitutto bisogna salvare le banche senza chiedere loro nulla (quanto ai cittadini, se la sbroglino); soprattutto hanno avallato l'idea che una crescita senza limiti dell'economia capitalistica sia possibile e desiderabile. Avrebbero dovuto essere sepolte da anni dalle proteste, se non anzi dalle risate; sono diventate invece uno strumento iugulatorio di governo delle nostre vite."
          
Il testo di sociologico non ha nulla, riflette la posizione velleitaria della sinistra anti-euro che in pratica rimpiange il welfare state e i bei giorni della spesa pubblica a gogò. Come se fosse cosa intelligente sperperare i soldi dei cittadini, frodandoli dei loro risparmi  puntando su tassi   di inflazione a due cifre, capaci di superare per abilità tosatoria  le performance del  famoso, grazie a  un film,  “Canaro” della Magliana. 
Certo, esiste, sempre sul piano politico, una posizione di destra  liberale,  pro-mercato e pro-euro, dagli accenti liberisti, che può piacere o meno.  Che  però   - attenzione -  si distingue giustamente dalle politiche welfariste  per essere  un’ implacabile  nemica  dell’inflazione.  Il che  è scienza.
Si rifletta.  Il problema  di fondo che divide le varie  politiche anti-euro da quelle  pro-euro  è dettato dal  giudizio sull’inflazione. Per un economista di sinistra non è un pericolo, per un economista di destra, lo è, eccome.   Ma lo è - cosa che più conta - soprattutto per la scienza economica. E di rimbalzo, come vedremo, per quella  sociologica.
Negli anni Settanta, alla fine del Trentennio Glorioso  - welfarista -  così  celebrato da Gallino, gli economisti si accorsero che il circolo  fino allora virtuoso  tra inflazione e sviluppo  si era trasformato, a causa di  un debito pubblico crescente, in un giroconto vizioso, dove a un’ inflazione a due cifre rispondeva la stagnazione economica.  Scientificamente  si definì il fenomeno stagflazione.
Pertanto, prescindendo dalla critica all'euro, la ricetta inflazionista  di Gallino  è già stata bocciata dagli economisti, né di destra né di sinistra. Ma dagli economisti in quanto tali.  
Il welfare, se proprio lo si adora,  può eventualmente  essere finanziato solo alla fine di un processo di accumulazione. Insomma,  da alti tassi di sviluppo, proprio come avvenne nei preparatori (al decollo) anni Cinquanta.  Tutti coloro che sostengono il contrario spianano la strada  a debiti, tasse e tosature inflazionistiche, degne del Canaro...
Inoltre,  per godere di alti tassi di sviluppo, come prova qualsiasi statistica  economica, servono i mercati aperti, Insomma la  libera circolazione di uomini, denaro e  merci. Alla quale Gallino, che  ripropone  il modello welfarista,  invece  è apertamente contrario.

È vero che delle frontiere aperte  può approfittare certa  finanza speculativa, ma  fa parte del gioco, perché  non esistono vie di mezzo:  il capitalismo  nasce e  muore sulla presenza del rischio e della scommessa a tutti livelli, cominciando  da chi ad esempio specula, investendo tempo e suole, facendo il giro della bancarelle a buon mercato per risparmiare sul pranzo di Natale e fare comunque bella figura con i parenti.
Invece Gallino vorrebbe mettere in sicurezza l’Italia. Come?  Chiudendo  le frontiere, controllando  i capitali, ampliando  il ruolo dello stato. Insomma, obbligando  il consumatore  a servirsi da un sola bancarella a prezzi fissi stabiliti dallo stato.  Commettendo  così   lo stesso errore politico degli anni Settanta, perché si produrrebbe solo inflazione e disoccupazione. O se si preferisce avremmo  la moltiplicazione di lavori inutili, fuori mercato pagati dallo Stato con moneta inflattiva. Di qui, lo slittamento  progressivo verso l’autarchia economica, ultima tappa di un’economia  prigioniera di se stessa  perché incapace di competere. Di qui, un processo di avvitamento politico, eccetera, eccetera.               
Ora,  il  sociologo che conosce, perché  li ha studiati,  i meccanismi dell’economia capitalistica, non dovrebbe proporre ricette  in contrasto con i fondamentali culturali, economici e sociali del capitalismo. Si chiama  sano relativismo culturale. Aiuta la scienza.   Parsons,  che di sociologia forse ne capiva più di Gallino, parlava di “neutralità affettiva”.  
Se non si è neutrali,  allora non si è più sociologi ma riformatori sociali. Proprio come Gallino.  Cosa, per carità,  nobilissima, ma che con la scienza e con la cattedra non ha  nulla a che vedere.  

Carlo Gambescia                              



(*) L’  articolo di Gallino su  “Repubblica”:   https://www.repubblica.it/cultura/2015/10/16/news/cari_nipoti_vi_racconto_la_nostra_crisi-126913648/
(**) Qui un  profilo apologetico di Gallino,  da cui però si evincono, malgrado gli sforzo dell'estensore e dal momento che  la scienza non è un' opinione,  tutti i limiti delle sue tesi:      http://temi.repubblica.it/micromega-online/in-memoria-di-luciano-gallino-il-finanzcapitalismo-l%E2%80%99euro-e-la-moneta-come-bene-pubblico/