Segnaliamo l' interessante intervista del dottor Carlo Mafera al professor Guiducci, storico della chiesa, autore de Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli nei documenti nazisti (San Paolo 2013 - http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2013/02/il-libro-dellasettimana-pier-luigi.html ).
Nell' intervista si parla di come il Papa difese le donne della Ciociaria dalle violenze perpetrate dalle truppe coloniali francesi. Tema scabroso, quello delle violenze, affrontato in letteratura (si pensi al famoso romanzo di Moravia, da cui fu tratto un bellissimo film), ma poco indagato, e seriamente, in ambito storico. (C.G.)
San Paolino's Voice
NEWS FROM ROME
RITROVATI DAL PROF. GUIDUCCI IN FRANCIA NUOVI DOCUMENTI SU
PIO XII
Nel 1944 il Pontefice difese le donne della Ciociaria dalle
violenze. Intervenne pure per prevenire ulteriori stupri. Il prof. Guiducci è
uno storico dell’Università Pontificia Salesiana
Abbiamo incontrato uno dei più preparati e informati tra gli
storici della chiesa e gli abbiamo posto alcune domande sull’azione di Pio XII
in un momento molto delicato della guerra di liberazione dal nazismo. Ecco cosa
abbiamo scoperto grazie alle particolari doti di ricerca e approfondimento
dello studioso.
Prof. Guiducci, che avvenne nel
giugno del 1944?
In Italia centrale gli alleati tentavano di sfondare la Gustav. Lungo tale
linea fortificata si trovava anche il monastero di Montecassino (che fu
bombardato). L’esercito del Terzo Reich resistette ad oltranza. Ci furono
quattro battaglie. Fu necessario pure uno sbarco alleato a Nettunia (area di
Anzio e Nettuno).
Perché Pio XII era
profondamente preoccupato?
Perché i nazisti restavano posizionati a Roma e tale situazione
faceva pensare a un prossimo scontro militare all’interno dell’Urbe. Si ricordi
al riguardo che una prima battaglia era già avvenuta (8-10 settembre 1943) e
che diversi furono i bombardamenti sulla capitale e nella zona dei Castelli. Si
registrarono centinaia di morti negli stessi edifici della Santa Sede a
Castelgandolfo.
Come agì il Papa?
Attraverso canali riservati attivò contatti con gli alleati e
con la Wehrmacht. L ’iniziativa
fu tutta in salita. I comandi alleati erano convinti che l’esercito del Terzo
Reich non avrebbe mutato strategia (dietro la Gustav esisteva anche la linea Hitler). E i
responsabili della Wehrmacht non si dimostrarono di fatto sensibili agli
appelli pontifici. Il loro problema restava quello di contenere la pressione
alleata per dare tempo all’Organizzazione Todt di completare le fortificazioni
sulla linea Gotica (a nord). Si spiega così anche la forte resistenza a
Nettunia (per evitare un accerchiamento). La linea Hitler tenne fino al 24
maggio.
Poi sorsero ulteriori problemi
…
Sì. Gli alleati sfondarono la Gustav grazie all’azione dei francesi. Questi,
però, utilizzarono truppe del nord Africa, i “marocchini” (in realtà operarono
anche algerini). Le truppe indigene, dopo la vittoria, si resero protagoniste
di stupri di massa a Eusonia, Esperia (700 casi), Pico, Lenola, San Giovanni
Incarico… Alla fine si arriverà a una cifra di alcune migliaia. Tale dato
include donne e uomini, sacerdoti (don Alberto Terilli, parroco di Esperia) e
suore, bambini e anziani.
Qualcuno ha scritto che il
Vaticano, informato tardi, non fece granché per fermare quegli orrori.
Questo non è esatto. La Santa Sede venne informata da diversi ambienti
della Ciociaria, specie da esponenti cattolici (don Augusto Lombardi, padre
Ambrogio Marafiota, don Giuseppe De Filippi…) che raggiunsero alti
ecclesiastici nati anche loro nelle zone ove imperversavano le truppe indigene.
Ricordo qui il cardinale Domenico Iorio. Appena arrivarono i primi messaggi si
pose un problema: come fermare delle truppe scatenate? Pio XII dette ordine
alla Segreteria di Stato di attivare molteplici canali.
Quale fu il canale più
importante?
Il primo canale si identifica con lo stesso Pio XII che il 18
giugno ricevette in udienza il generale Charles De Gaulle. Questi interagì sia
con Juin che con il generale Augustin Guillaume. Il secondo canale fu il
cardinale francese Tisserant. Doveva prendere immediati contatti con il
generale Juin. Io ho ritrovato, appunto, le lettere intercorse tra Tisserant e
Juin. Sono conservate in Francia da Hennequin Paule a Mas Galangau
(Montferrer). Questa anziana signorina è la pronipote di Tisserant. Ho
individuato anche documenti di estremo interesse storico riguardanti la tutela
dei profughi.
Altri canali vaticani?
Quale fu il ruolo
dell’Osservatore Romano?
Di denuncia e di condanna. Ad esempio, il giorno 28 luglio 44
informò sulle tragiche violenze consumate una volta ancora da soldati
marocchini contro alcune donne, salite in un treno a Ciampino. Due giorni dopo
il quotidiano non ebbe remore a scrivere che “da parte ufficiale non abbiam
visto -o ci è sfuggito- né deplorazione, né assicurazioni in proposito”. Nel
numero del 4 ottobre 44 si trova scritto: “Le truppe marocchine venute in
Italia con gli Alleati, non l’hanno lasciata -come forse pensano i più- assieme
alla maggior parte delle truppe francesi allorché furono dislocate da questo su
altri fronti. I marocchini sono accampati tutt’ora in alcune località delle
province di Roma, Littoria, Napoli, Salerno e Trapani, ove rendono per così
dire croniche purtroppo quelle loro violenze che, anche ove trascorrevano, come
una folata di tempesta, lasciavano sempre tracce gravissime”. Nello stesso
articolo si alza il tono di voce: “È veramente tempo che si risolva e finisca
una simile condizione di cose. La quale ha addirittura dell’assurdo e per i
princìpi e fini cui si ispirano le forze Alleate e per la nessuna ragione
militare o politica di questa permanenza in terra altrui di truppe
indisciplinate, indisciplinabili e quindi inservibili a qualsiasi scopo”.
La situazione era quindi
gravissima…
Sì. Le truppe indigene si macchiarono di nuovi reati sia nei
dintorni di Roma, sia in zone della Toscana. Si trattava di mandarle via. La
grave preoccupazione vaticana riguardava una loro permanenza nell’Italia
settentrionale. Quest’ansia segnò anche l’operato dei vescovi. L’arcivescovo di
Siena, mons. Mario Toccabelli, incontrò Juin e lo informò che aveva autorizzato
una difesa armata nei casolari a rischio di attacchi da parte dei marocchini.
Fece anche vedere delle bombe a mano a Juin. Ne fa un cenno lo stesso
Osservatore Romano del 4 ottobre 44.
Prof. Guiducci, come spiega il
silenzio sulle “marocchinate”?
Non tutte le vittime vollero tornare a raccontare a estranei
delle situazioni aberranti (impalamenti, crocifissioni, violenze con i fucili,
amputazione di parti del corpo umano, contagio sifilide). A livello francese si
cercò di portare avanti una linea di mezzo: ammettere con riferimento ad alcuni
casi (con risarcimento), e “attenuare” in altre situazioni. In realtà il
problema più evidente fu legato al trattato di pace con l’Italia del 10
febbraio 1947. L’articolo 76 impegnava il nostro Paese a rinunciare a
presentare reclami agli alleati per qualunque situazione avvenuta durante il
secondo conflitto mondiale.
Alcuni autori francesi
affermano che il generale Juin non firmò alcun proclama mirato a consentire
alle truppe indigene due giorni di violenze impunite, come premio in caso di
sfondamento della Gustav…
In alcuni testi si riporta un volantino. Non è stato però
ritrovato l’originale. Il fatto, però, che nel giugno 44 le violenze ebbero un
carattere “di massa”, a differenza di altri comportamenti penalmente rilevanti
commessi in seguito, fa pensare a una condiscendenza di organi superiori.
In definitiva, Professore,
l’azione di Pio XII fu quindi quella più incisiva…
Sì, certamente. Il Papa riuscì a evitare uno scontro armato
nell’Urbe, ottenne alla fine un trasferimento delle truppe indigene, e sostenne
i soccorsi spirituali e materiali a favore delle popolazioni martoriate.
dalla recente Intervista del
Dott. Carlo Mafera al Prof. Guiducci
FONTE:
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