Il
libro della settimana: Stefano
Angelucci Marino, Fascistelli, Il Cerchio Editore, pp. 86 Euro 10,00.
http://www.ilcerchio.it/fascistelli-romanzo.html |
Appena letta la recensione di Roberto Alfatti Appetiti a Fascistelli, opera prima di Stefano Angelucci Marino, attore, regista
organizzatore teatrale, il pensiero è andato subito alla Guerra degli Antò di Silvia Ballestra, uscito nel 1992, romanzo che ruota intorno alle
vicende di quatto punk abruzzesi, giovanissimi e sognatori, che in quel di
Montesilvano ingaggiano la loro personale battaglia, fatta di denunzie, scherzi goliardici,
fughe (e ritorni) contro il grigiore di una provincia vischiosa e cementificata. Il tutto - dal punto di vista
stilistico e narrativo - mescolando con juicio italiano e abruzzese, slang e
riti giovanili primi anni Novanta del secolo scorso.
Ecco, Fascistelli, in qualche misura, condivide conla Guerra degli Antò la classica tematica della rivolta generazionale trasposta in provincia, quindi con modalità, tic, carature proprie di un sottobosco underground che fa
pensare alle famose Guerre Pacioccone di Attalo (ma questa è un'altra storia). Il che tuttavia, resta vero fino a un certo
punto. Perché il romanzo scritto da Angelucci Marino, a differenza di quello della Ballestra, per
un verso guarda al variopinto mondo politico del radicalismo politico di destra con il disincanto di un' esperienza giovanile e parentetica, ormai alle spalle (quindi niente "torcicollo"…), per l’altro nelle ultime pagine il tessuto narrativo sterza decisamente verso
il tragico. Non diciamo come... Un evento spingerà il giovane protagonista, Vittorio Brasile, " lu fascistello" come lo chiamano i peasani, che all'inizio sognava di emulare, mescolando insieme fantasia e realtà, le gesta di Mister No, Capitan Harlock , Robert Brasillach, a farla finita con la politica, per
dedicarsi - intanto - alla carnosa Susanna, sua coetanea e compagna di pullman, ogni santo giorno, tra Civitella e Chieti… Casa e Liceo, Liceo e Casa…
Ecco, Fascistelli, in qualche misura, condivide con
Ovviamente, le chiavi di lettura possono
essere molteplici: si può andare dal viaggio intorno a una serie di pittoreschi
personaggi, che popolano (si fa per dire) la sezione missina di Civitella, per
passare a quello della inevitabile disillusione politica, del protagonista sedicenne verso un finto universo di duri e puri, che in pochi giorni - siamo
nel cruciale 1993 - transumerà dal libro e moschetto al democristiano perfetto. Oppure si potrebbe tentare di mettere a fuoco, usando la defeliciana distinzione tra fascismo regime e fascismo movimento, la dialettica tra fascismo reale e fascismo immaginario che sembra innervare, animandolo, tutto il romanzo. L'unica chiave che sconsigliamo è quella del nostalgico "come eravamo", o peggio dell' incapacitante "come potevamo essere"... Che, tra l'altro, il libro non suggerisce... Anzi.
C’è infine un’ altra possibilità di lettura: quella del piccolo mondo antico,
che, nel bene e nel male, si nutre come ogni microcosmo di persone autentiche. Si legga l’intenso e nitido ritratto della
madre del protagonista: Donna Maria, degno di un micro Manzoni appenninico, un Maggiore, se abbiamo capito bene, apprezzato da Vittorio-Stefano.
A
casa una sera Donna Maria mi dice che è urgente, mi deve parlare. Dimmi. Prende
coraggio la vecchia e mi rimprovera, in paese lo sanno tutti che l’unico
fascistello contrario a fare la lista con i democristiani sono io, lo sanno
tutti. E sbagli figlio mio, perché Camillo e quille è brava gente e se proprio devi
fare sta maledetta politica falla nghi
quille buoni che la sanno
fare. In paese lo sanno tutti. Sbagli figlio mio,sbagli. Eccola qua, con quel
suo sguardo ignorante e ingenuo a preoccuparsi per Vittorio suo. Le rispondo
con dolcezza che la politica non è come pensa lei, mi giro e torno in camera
mia. Donna Maria scoppia a piangere e va in camera sua. “Cambierà. Arriverà Dio
uno di questi giorni e cambierà”, così ancora una volta singhiozzando implorava
il Cristo del crocifisso appeso nella stanza.
Mia
madre da giovane era andata a scuola dalle suore. E dopo voleva farsi
monaca pure lei. Però mia nonna, e con lei tutta la famiglia, non sentiva
ragioni. Meglio,molto meglio sposarsi. Paga e lavora lu marito e tutta la famiglia
risparmia, sparagne
e
cumbarisce. Questo andavano ripetendo a
mia madre fino a quando non l’hanno convinta. Lei pregava per tutte le anime,
eppure l’anima di Vittorio suo proprio non la capiva. No, non la capiva.
Un piccolo mondo antico fatto anche di squarci, che fanno la differenza. Perché la Civitella - “piccolo paese della montagna d’Abruzzo incastrato
nella roccia” - evocata da Angelucci
Marino, sebbene deturpata dal solito viadotto
democristiano made Remo Gaspari (personaggio cui sono dedicate pagine indimenticabili), non assomiglia assolutamente alla Montesilvano male urbanizzata e presuntuosamente vacanziera descritta dalla Ballestri. Per contro, “Fascistelli” è tutto un riferirsi a scalinatelle, viuzze, scorciatoie, finestre socchiuse, odori e sapori domestici, piogge, ombrelli,
aperti, pozzanghere su cui saltellare facendo attenzione, piazzette silenziose che si aprono all’improvviso, minuscole
ville comunali da intitolare ai baci rubati, magari sotto l'ala protettrice - immaginiamo - di una vista che toglie il fiato: l’ Abruzzo di montagna è fatto così… Ti rapisce l'anima a
colpi di lame celesti e luminose. Proprio come Fascistelli: romanzo fulgido, dove
l’autore riesce a far parlare persino le pietre. Pietre
d’Abruzzo.
Carlo Gambescia
Molto bella. Saluti Daniele
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