Gay Pride
Ignazio Marino è liberale?
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che sfila
al Gay Pride è un liberale? Il quesito può sembrare ozioso, perché liberali, riformisti, post-comunisti, cattolici di sinistra,
secondo alcuni, sarebbero tutti membri della stessa famiglia politica progressista. Ergo, anche un "piddino" per caso come Marino...
In
realtà non è così. Perché si è dimenticato che essere insieme, liberali e uomini delle istituzioni, significa
essere al di sopra delle parti. Un sindaco, un primo ministro, un capo di stato, non dovrebbero mai schierarsi. Per semplificare, né con i gay né
con gli antigay… Ma lasciare che tutti manifestino pubblicamente le idee, per poi votare, altrettanto
liberamente, per il partito più in sintonia con la causa in cui si crede.
Il
liberalismo è innanzitutto senso della
neutralità delle istituzioni e non identificazione
di un credo politico con le istituzioni. Fenomeno quest'ultimo detto anche "occupazione dello stato"…
Si
dirà, la "battaglia per il matrimonio gay" riguarda i diritti civili e l’ eguaglianza dinanzi alla legge. E sia. Ma con un'importante precisazione: l’idea del diritto “motorizzato” calato dall’alto e "somministrato" a scopo "rettificativo" non è
liberale, ma repubblicana. E, da sempre, affascina i costruttivisti sociali, ossia coloro che vedono nello stato ( e nelle istituzioni pubbliche) un dio mortale, molto più potente di quello immortale. Qualcuno li chiama giacobini...
Insomma, per le battaglie politiche ci sono i parlamenti. Senza dimenticare il decisivo ruolo prepolitico che può essere giocato da altri fattori: l' evoluzione del costume collettivo; le trasformazioni del senso comune, la flessibilità del diritto civile. Un sindaco che rappresenta tutti i
cittadini, in quanto istituzione super partes non deve comportarsi come un attivista politico, prevaricando il parlamento e la spontaneità, spesso ricca di contrasti, dei processi sociali. Un buon sindaco liberale, per dirla con un illustre giurista, Vittorio Emanuele Orlando, oggi quasi dimenticato, dovrebbe praticare la politica della neutralità,
«la
quale escluda assolutamente qualunque sospetto che sia politica di protezione d’una determinata classe sociale: una
politica la quale si affermi
praticamente eguale per tutti i cittadini
(…) che si fa crescendo forza e prestigio dell’autorità legale. (…) La lotta è condizione di vita per gli
uomini come per gli stati: noi a questa
lotta dobbiamo opporre una organizzazione
di stato la quale rappresenti una
protezione vigilante contro ogni oppressione ed aggressione, ma
limitandosi essa stessa nell’opprimere e
nell’aggredire, un’autorità neutrale nell’acuto conflitto degli interessi sociali e che da tale neutralità
tragga la sua forza» (cit. in F, Grassi Marini, Saggio Introduttivo, a V.E.Orlando, Discorsi parlamentari, il Mulino Bologna 2003, pp. 40-41)
Questa
fu la politica teorizzata da Orlando e praticata da Giolitti, politica che garantì all’Italia anni di crescita economica e civile. Marino
invece cosa vuole fare? Istituire i
registri per le unioni gay, politicizzare
il Campidoglio e le istituzioni, dividere ancora di più i cittadini? E questa sarebbe una politica liberale? No, Ignazio Marino non è un liberale.
Carlo Gambescia
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