Cara donna Mestizia,
il PD che vota
contro il suo fondatore, Berlusconi che canta vittoria perché si elegge alla
Presidenza il comunista che l’ha umiliato e cacciato dal governo, la Lega che fa il baluardo
dell’unità nazionale, Grillo che denuncia il colpo di Stato, indice la marcia
su Roma e poi annulla la rivoluzione perché la Questura non dà il
permesso …è assurdo, non ci capisco più niente! Suo aff.mo
Italo
Caro Italo,
per rispondere alla
Sua legittima e naturale preoccupazione, viene a proposito la lettera seguente.
A causa di un disservizio postale, ci è giunta con enorme ritardo, ed è stata
scritta da un lettore francese per commentare un’antica vicenda d’Oltralpe, ma
vedrà che si attaglia a perfezione all’odierna situazione italiana. Corsi e
ricorsi, come diceva un napoletano non privo d’ingegno. Buona lettura.
* * *
Cara M.me Mestizia,
è una legge
fondamentale : non si trasformano in corso d’opera dei vinti in vincitori. Solo
la vittoria unisce. La disfatta non solo separa l’uomo dagli altri uomini, ma
lo separa da se stesso. Se chi fugge non piange sulla Francia che crolla, è
perché è un vinto. Piangere sulla Francia sarebbe già il comportamento di un
vincitore. A quasi tutti, a chi ancora resiste come a chi non resiste più, il
viso della Francia vinta si mostrerà solo più tardi, nelle ore di silenzio.
Oggi, ciascuno consuma le sue forze contro un particolare banale che si rivolta
o si disgrega, contro un camion in panne, una strada imbottigliata dal
traffico, una manetta del gas che si blocca, l’assurdità di una missione. Il
segno del crollo è che la missione diventi assurda. Che diventi assurda proprio
l’azione che si oppone al crollo. Perché ogni cosa si divide al suo interno,
contro se medesima. Non si piange sul disastro universale, ma contro l’oggetto
banale di cui siamo responsabili, l’unico tangibile, e che smette di
funzionare. La Francia
che crolla è ormai solo un diluvio di frammenti senza volto riconoscibile: né
la missione, né il camion, né la strada, né quello schifo di manetta del gas.
Certo, una disfatta
è un triste spettacolo. Gli uomini ci fanno una brutta figura. Gli sciacalli si
rivelano per quel che sono. Le istituzioni si sbriciolano. Le truppe, ingozzate
di scoraggiamento e di fatica, si disgregano nell’assurdo. Tutti questi
effetti, una disfatta li implica come la peste implica il bubbone. Ma se un
camion investe la donna che amate, voi vi mettete a criticare la sua bruttezza?
Io sono stato fatto dalla Francia. La Francia ha formato dei Renoir, dei Pascal, dei
Guillaumet, degli Hochedé. Ha formato anche degli incapaci, dei politicastri e
degli imbroglioni. Mi pare troppo comodo vantarsi dei primi e negare ogni
parentela con i secondi (*).
Piccolo Principe
Caro Piccolo Principe,
scusandomi per il ritardo nella pubblicazione, La ringrazio della Sua bella lettera, alla quale non ho nulla da aggiungere. Sottolineo soltanto, perché le trovo particolarmente adatte per la situazione italiana di questi giorni, queste sue frasi illuminanti: “Il segno del crollo è che la missione diventi assurda. Che diventi assurda proprio l’azione che si oppone al crollo.”
(*)
Antoine de Saint-Exupéry, Pilote de guerre , 1942. Traduzione di
R.B.
Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in
tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti
e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la
fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...
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