domenica 21 aprile 2013

Luigi Zingales, il numero quattro e l’importanza storica del farmacista...
di 
Raffaele Siniscalchi




Quattro. Il numero quattro. Da alcuni giorni questo pensiero mi assilla la mente. Da perfetto individualista, e per deformazione professionale, prediligo i numeri primi, i dispari, divisibili per uno e per se stessi. So di tradire una vena di puro egoismo, ma confermo la mia scelta. D'altronde non è tale il tre, il numero perfetto?
Per i pitagorici, fusione del pari (due) e del dispari (uno), per i religiosi (sono frequenti le triadi divine) dalla Trimurti induista, Brahma, Shiva, Vishnu, alla Trinità del Cristianesimo; anche per i Cinesi il tre è perfetto, in quanto numero della totalità cosmica: cielo, terra, uomo. Tre sono le dimensioni dello spazio. E tre e i suoi multipli hanno un valore simbolico anche nella Divina Commedia (tre cantiche, trentatré canti, nove gironi infernali). Quindi, perché quattro?
Tutto è riconducibile a un articolo di Luigi Zingales, apparso su “L’Espresso” un paio di anni fa e da me casualmente scoperto. (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/o-via-le-caste-o-si-muore/2169125#commentatutti  ). Dove l’ esimio economista e accademico italiano, descrive un quadro impietoso delle “lobby italiane” colpevoli, a suo dire, di pietrificare la crescita economica e l'evoluzione culturale della società nel Belpaese. Addirittura si giunge a elencare minuziosamente ( e genealogicamente)  i rappresentanti dell'attuale sfacelo: “ (...) Il notaio, il farmacista, il bancario, l'avvocato e il presidente della fondazione [bancaria n.d.r.] (...) ” . Segnalando il luogo nel quale perpetuano il loro sodalizio: “ (...) si trovano tutti a prendere l'aperitivo al bar centrale (della piazza n.d.a.), anche quello tramandato di padre in figli (...)”.
E qui, come si suol  dire, mi si è accesa la lampadina. Innanzitutto, sorprende oltremodo l' ignoranza   circa la   geometria urbanistica delle città italiane, distinte per ragioni storico culturali  da una crescita a raggiera dalla piazza, sovrastata dal potere spirituale (la cattedrale) e quello temporale (il municipio), verso l'esterno delle mura medievali.  Organizzazione, l' italiana,  che differisce concettualmente da quella statunitense:  terra amata dal professore  e  segnata da  un'evoluzione di strade intersecate ad assi cartesiani, in una scacchiera di isolati. Parliamo di  città  "democraticamente" prive di un centro privilegiato ma, ciononostante, "ricche" di periferie degradate...
Forse, se non ci fosse stato quel luogo fisico ove periodicamente si riuniscono compratori e venditori, punto d'incontro sin dal Medioevo delle esigenze dei cittadini, venuti in piazza a fare la spesa per la settimana, e dell'offerta dei contadini, recatisi in città, non avrebbe avuto modo di propagarsi quell'esito sociale capace di autogenerarsi dall’interazione delle azioni individuali e designato col termine “mercato”.
Ancor più stupefacente è, però, la disattenzione del professore sul numero quattro! E sì, perché quattro sono le figure che, dal Risorgimento a oggi, hanno permeato la vita sociale del popolo nei piccoli e numerosissimi paesi italici: il prete (potere spirituale), il sindaco (potere temporale), il maresciallo dei carabinieri (difesa e controllo del territorio), il farmacista (primo baluardo a tutela della salute). Perciò l'articolo del professor Zingales offre per contrasto la possibilità di rimarcare la figura professionale cui appartengo. Figura menzionata, seppure con parsimonia, da altri pensatori, scrittori e registi. Giacché il farmacista, nell'immaginifico collettivo, non è un elemento forte, carismatico, munito della durezza del soldato o il coraggio di un martire. Vive la sua opera tra il banco e il laboratorio e il magazzino. Elargisce consigli, vende medicinali. Punto e basta. E' una presenza sociale invisibile notata solo nell'assenza! Inoltre si dimentica la figura dei farmacisti nel Risorgimento e del loro ruolo nel processo di unificazione. Spesso le farmacie erano luoghi dove si svolgevano riunioni segrete e si “cospirava” .E in tanti vi misero in gioco e persero la loro stessa vita.
Infine, Leonardo Sciascia, riuscì a caratterizzarne la figura in un racconto, poi sceneggiato da Andrea Camilleri per la regia di Pino Passalacqua ed interpretato da Domenico Modugno, Sergio Castellitto e Gabriella Saitta. Il titolo, dall'omonimo testo, era “Western di Cose Nostre” ( http://www.comune.comitini.ag.it/film.asp  ).
Leggere, quindi, simili castronerie (mi si conceda l'eufemismo) da parte del professor Zingales, insignito nel 2012 dalla rivista “Foreign Policy” come uno dei cento pensatori più influenti al mondo, unico italiano oltre al Presidente della BCE Mario Draghi, rende particolarmente lecita la mia diffidenza e il sospetto che le onorificenze vengano distribuite, talvolta, come medaglie al valore in un campo di battaglia, per il solo merito di aver salvato la pelle a discapito della verità!

Raffaele Siniscalchi

Raffaele Siniscalchi è figlio di insegnanti elementari. Eclettico e autodidatta con molteplici interessi, coltiva l'hobby della fotografia e la passione per moto e motori. Come ripiego dall'esclusione nel concorso in Aeronautica Militare, si iscrive alla Facoltà di Farmacia (Università degli Studi di Camerino), dove si laurea nel 1989. Direttore e poi titolare di farmacia dal 1991 in un piccolo paese garganico in prossimità del Lago di Varano.




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