lunedì 13 dicembre 2010

Fiducia a Berlusconi
Come al poker...


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Brutte carte. Comunque vada, Berlusconi e avversari hanno in mano “poca roba”. Di solito al tavolo da poker almeno uno dei giocatori vince, magari con un Trissetto. Qui il rischio è quello di mandare a fondo il Governo con una Doppia Coppia di scartine (Fini e Casini, Rutelli e Lombardo …), o di tenerlo in vita bleffando... Ma fino a quando? Infatti, come giustamente ha scritto Angelo Panebianco il vero problema non è quel che accadrà il 14 dicembre, ma il 16, « quando si riunirà il Consiglio Europeo per tentare di frenare lo smottamento in corso nell'Europa monetaria, per arginare il contagio. Se arriveremo all’appuntamento con un governo dimissionario o con un governo azzoppato, in sella solo per un paio di voti fortunosamente acchiappati, ci troveremo con la gola scoperta, pronta per essere azzannata, non potendo prendere impegni credibili che spengano la sete di sangue dei mercati. ».
A metterla sul colto, l’etimologia della parola “crisi” rinvia a “scelta”, “decisione”, “risoluzione”. I greci antichi, inventori della democrazia, dicevano Krino: “Decido”, da Krisis, appunto. Mentre gli italiani moderni, soprattutto i politici che pare vogliano distruggerla, hanno invece inventato la crisi politica senza via d’uscita: priva di decisione, insomma. Perché il 14 sarà difficile che il voto, a prescindere dall’esito, metta la parola fine a una crisi politica che dura da due anni… Dove si è visto mai che il partito uscito vincitore con largo margine dalle elezioni sia costretto prima a dividersi e poi a dimettersi? In Italia, of course. A dire il vero, la stessa cosa accadde all'ultimo Governo Prodi, che però di consensi parlamentari, già in partenza, ne aveva meno di Berlusconi, in particolare al Senato.
Comunque sia, democrazia vuole che il vincitore governi. E invece qui, complice Gianfranco Fini, chi vince rischia di perdere. Basterà, in futuro, l'ennesima riforma elettorale? Mah... O forse sì. Ma solo in caso di approvazione di una legge elettorale - e dispiace dirlo - capace di cambiare il Dna (trasformistico) della politica italiana. Un miracolo.
Certo, la crisi politica, oltre che di personalismi più o meno ammalianti e a vario titolo ( di cui Berlusconi è sicuramente il maggiore sponsor), è frutto di un bipolarismo mai digerito da quei centristi di derivazione democristiana che ancora infestano tutti i partiti. Un “centrismo” anomalo (gli ex Dc di necessità fanno virtù) e allergico alle elezioni. "Centrismo" di cui sembra soffrire anche il Presidente Napolitano. Di qui la possibilità, in caso di sfiducia, di una bella, si fa per dire, crisi istituzionale tra Pdl e Capo dello Stato.
A dire vero, Napolitano su un punto ha ragione: la crisi economica impone stabilità politica. E qui, perfino Prodi ha detto alcune cose giuste. L’ex Premier, in un articolo apparso su "il Messaggero" ha sottolineato che il debito italiano «resta molto alto ma procede quasi in linea con le previsioni» e che « il sistema bancario rimane relativamente forte e meno inquinato dagli strumenti speculativi che hanno colpito le banche degli altri Paesi». Perciò, continua «l’improvvisa tensione dei nostri mercatifinanziari», ha origine dalla «mancanza di una forte e tempestiva politica europea» e soprattutto dalla politica interna: «La lunga latitanza di decisioni, ladissoluzione della maggioranza, le tensioni interne al governo,l’avvicinarsi del voto di sfiducia senza prospettive prevedibili peril dopo e le ripetute ipotesi di elezioni anticipate hanno aperto un fronte di instabilità che costituisce il campo più propizio per la speculazione internazionale».
Prodi, si sa, è uno che predica bene e razzola male. Quando governava il suo mantra preferito era “Tasse-Tasse-Tasse-Tasse: una terapia che scaccia la febbre ma fa morire il malato. Del resto il Centrosinistra era e resta molto diviso. E oggi lo diverrebbe ancora più di più se includesse, in un governo post-Berlusconi, Fini, Casini e transfughi vari. Divisioni, su cui, quei mercati “assetati di sangue”, citati da Panebianco, andrebbero a nozze. Resta in piedi, sempre in caso di caduta del Cavaliere senza paracadute, anche l’ipotesi di un Governo Tecnico, forse targato Draghi. Sul quale forse i mercati, chiuderebbero un occhio. Ma solo per un attimo. Perché banchieri e finanzieri, votando in Borsa, cambiano sempre idea. In realtà, per parafrasare Battiato, non è che i mercati non abbiano un Centro di Gravità Permanente, che non faccia loro “mai cambiare idea sulle cose sulla gente”. Ce l’hanno, ce l’hanno… Solo che conta più della gente, perché si chiama denaro…Concludendo, se il Cavaliere non verrà sfiduciato per pochi voti, magari di un pugno di colombe finiane di ritorno, la guerriglia di Futuro e Libertà, come ha minacciato ieri Fini inginocchiandosi davanti all'immagine della Santissima (Lucia) Annunziata, continuerà come prima e più di di prima. E, questa volta dall'Opposizione.
Certo, votare sarebbe più morale: in democrazia l'ultima parola spetta sempre al popolo... Ma sei mesi di campagna elettorale potrebbero far più male che bene all’economia. Perciò la decisione di Napolitano, in caso di sfiducia, sarà decisiva. Ma ancora più importante sarà quella dei mercati.Come però potrebbero far male all'economia, ammesso che Berlusconi riesca a restare provvisoriamente in sella, altri sei mesi di guerriglia parlamentare.
Brutte, brutte carte, come dicevano all'inizio. Povera Italia.


Carlo Gambescia

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