Il libro della settimana: Collectif, Evola - Envers et contre tous! , Avatar Éditions 2010, pp. 196, euro 20,00.
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Gianfranco
de Turris, forbito “evolologo” italiano (si può dire evolologo ?) ha scritto
che Julius Evola “insegna quel disincanto di cui tanto oggi si parla, ma lo
basa non sull’incoscienza, l’oblio di sé, o sullo scetticismo…ma esattamente
sul loro contrario perché attraverso le sue opere si crede in qualcosa di più,
fosse anche in quella che con un ossimoro si potrebbe definire utopia
tradizionale”.
Perciò il pensiero di Evola è un pensiero forte che non fa prigionieri e che
insegna, a colui che confida sinceramente nella Tradizione ad “aprirsi senza
perdersi”. E che dunque disdegna i fedeli e causidici continuatori più devoti
alla lettera che allo spirito del Maestro. La controindicazione è che un
pensiero così radicale richiede anime grandi, oggi rare.
Fortunatamente gli autori dell’ opera collettiva Evola - Envers et contre tous (Avatar Éditions 2010, pp.
196, euro 20,00, 2° edizione ampliata) sono sicuramente anime forti. Ecco, tra
gli altri alcuni nomi, non sconosciuti al lettore italiano: Thierry Jolif, Jean
Parvelusco, Aleksandr Dugin , Christian Bouchet, Alain de Benoist, David
Gattegno, Arnaud Guyot-Jeanin. Tra di loro ci sono tre italiani, piuttosto noti
ai cultori dell’opera evoliana: Renato del Ponte, Claudio Mutti, Alessandra
Colla.
In realtà però, come afferma Thierry Jolif nella sua introduzione, il pensiero
di Evola, va oltre, e largamente, gli orizzonti del mondo moderno”. Siamo
davanti a un pensiero capace di “vivere di forza propria” , “senza alterarsi”,
pur incidendo nel senso di “essere nel mondo” di coloro che lo recepiscono (p.
12). Sicuramente gli “evolomani” storceranno il naso...
Quindi un pensiero “fecondo” come nota Alain de Benoist qualche pagina più
avanti " suscettibile di nutrire la riflessione" post-moderna come in
fondo sostiene anche de Turris. E in particolare, scrive de Benoist, nell’
“ambito dell’etica” oppure in altri campi grazie alla “sua critica argomentata
dell' economicismo e del lavoro, o infine a proposito del contrasto, da lui
evidenziato, tra il modello dello Stato-Nazione e quello d’Impero” (p. 55).
Quanto al rapporto tra Evola e la Nouvelle Droite , de Benoist è drastico. Infatti
ribadisce che la ND
“non ha mai ‘rivendicato l’influenza di Julius Evola”. E per due ragioni: “
Innanzi tutto perché l’influenza di un autore non si rivendica, quasi fosse un
monopolio di qualcuno. Inoltre, la
Nuova destra non ha mai privilegiato un solo autore. Anzi, ha
costantemente cercato di far conoscere pensatori nei quali trovava elementi di
riflessione per l’analisi e la comprensione del mondo attuale” (p. 52).
Dulcis in fundo, de Benoist
definisce Evola un pensatore elitista e perciò incapace di capire il ruolo
svolto dai popoli in alcuni importanti tornanti della storia.
Per contro, Aleksandr Dugin riconduce Evola alla “sinistra metafisica” e
alla “rivoluzione conservatrice”. Riproponendo così la chiave transpolitica che
caratterizza Evola - Envers et contre
tous. Quella che per capire Evola “si deve respingere la dicotomia
tra politico e spirituale”. Dal momento che “l’essenza del suo messaggio è
paradossale”. Di qui - prosegue lo studioso russo - la necessità di
comprenderlo, seguendo “il consiglio degli antichi maestri dell’alchimia
occidentale: spiegare il paradosso con il paradosso, l’oscuro con l’oscuro” (
p. 68). Affascinante.
Concludendo, non si può non condividere quanto scrive Tierry Jolif: “L’opera di
Evola resta un’ opera essenziale, di conseguenza riteniamo giusto,
compatibilmente con i nostri mezzi, di proporre un’interpretazione che sia
guidata non dal puro fideismo del devoto, ma dal sincero desiderio di favorire
una riflessione di tipo tradizionalista . La sua opera impone il dialogo e
merita di essere continuata. Purtroppo, non è esente da errori, di qui il
dovere, affinché continui a vivere, di correggerli”. (p. 82).
Anche qui, ovviamente, gli “evolomani” storceranno il naso.
Carlo Gambescia
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