Il libro della
settimana: Andrea Camaiora, Don Gianni Baget Bozzo. Vita, morte e profezie
di un uomo-contro, Marsilio Editore - Ricerche Fondazione Craxi
2009, pp. 141, Euro 13,00.
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In che cosa consiste l’atipicità
intellettuale di Gianni Baget Bozzo? Nel fatto che pur essendo carnalmente
votato alla politica, non sposò fino in fondo alcuna chiesa: né democristiana,
né comunista, né socialista. E, pur essendo prete, neppure quella vera: la
Chiesa Cattolica, nonostante si sentisse ( e fosse) sincero servo di Cristo.
Una Chiesa che invece lo sospese a divinis per essersi fatto eleggere a Strasburgo
nelle liste del partito socialista.
Un cane sciolto, contro tutte le ideologie, ecco chi era Baget Bozzo. E di
questo eterno ragazzo irresistibile parla il giovane giornalista Andrea
Camaiora in un libro fresco di stampa: Don
Gianni Baget Bozzo. Vita, morte e profezie di un uomo-contro,
(prefazione di Stefania Craxi, postfazione di Sandro Bondi Fondazione Craxi -
Marsilio Editore 2009, pp. 141, euro 13,00).
Camaiora, collaboratore della rivista on line “Ragionpolitica.it”, fondata e
diretta da Baget Bozzo fino al 2009, anno della morte, traccia un ritratto
onesto di “don Gianni”, cogliendone con finezza capacità intellettuali e
affabulatorie.
Ma lasciamo la parola all’autore: “In una mente così lucida e raffinata tutto
si legava: fede e storia, economia e politica, religione e guerra. Per don
Gianni era naturale trascendere dagli schemi rigidi e costretti del contingente
per allargare l’orizzonte e puntare alle cause scatenanti e spesso distanti -
nel tempo e nello spazio - degli avvenimenti” .
Ecco spiegato perché personaggi come Tambroni, Craxi, Berlusconi e da ultimo
Papa Ratzinger, finiscono per assumere nell’ottica visionaria (in senso
positivo) di Baget Bozzo un ruolo che trascende gli eventi: la caduta di
Tambroni rappresenta la fine dell’anticomunismo vaticano; l’ascesa e la caduta
di Craxi, sintetizzano la parabola di un socialismo non materialista; la
galoppata di Berlusconi testimonia il ritorno al potere del sano senso comune
popolare e democratico. Infine, Papa Ratzinger è visto come il provvidenziale
difensore dell’identità cattolica in uno dei momenti più difficili dell’intera
storia del cristianesimo. Tutto questo, politicamente, può piacere o meno. Ma
rappresenta una chiave di lettura transpolitica della nostra contemporaneità,
non meno degna di altre.
Inoltre Camaiora ci aiuta a capire un fatto importante, di metodo: Baget Bozzo
unisce sapientemente approccio filosofico e sano realismo politico, per poi
risalire, in crescendo, fino al piano teologico. Salvo poi discendere di nuovo.
E così via.
Impostazione che potrebbe avvicinarlo - si tratta di una semplice intuizione,
da sviluppare… - a un pensatore come Reinhold Niebuhr: teologo protestante,
capace di muoversi su piani diversi: sociologico, storico, filosofico,
religioso; ma sempre con umile devozione cristiana verso la “lezione dei
fatti”, come fonte interpretativa e di redenzione.
Dopo il 1945, scrive Baget Bozzo “noi non guardavamo la realtà, troppo misera
ai nostri occhi, ma il pensiero di grandi ‘pensatori’ che erano considerati
tali solo perché erano contro la realtà. Io, perché cattolico di mente, mi
trovavo male in questa cultura e poi ruppi a trent’anni con essa. Ma vivevo in
un mondo in cui non la realtà ma il pensiero dei pensatori della rivoluzione
era il criterio di giudizio stabilito. Non dovevamo guardare la realtà ma
pensare i pensatori che erano considerati tali perché erano contro la realtà,
un perfetto circolo vizioso. E così dagli anni Quaranta agli anni Novanta
avvenne il passaggio dal marxismo sino al nichilismo di Foucault, Derrida,
ecc.; dal moderno al postmoderno, dalla rivoluzione nell’ultimo stadio del
mitra sino alla sagra dei no global. Noi abbiamo vissuto in un mondo il cui il
pensiero pensava che la realtà fosse il male”.
Terribile ma vero. Come uscirne? Smettendo di rifiutare la lezione dei fatti.
Perché - come sottolinea Baget Bozzo - la vera rivoluzione cristiana è pensare
che “il reale sia il bene”. Un reale che va guardato “con amore, non per
cambiare la sua essenza (rivoluzione), ma migliorare la sua esistenza
(libertà)”. Dal momento che “chi crede nella libertà crede nel bene”.
Carlo Gambescia
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