I giovani e politica
Un
rapporto complicato
Sintetizzando rozzamente: tra i quindici e i ventiquattro anni 8 giovani su 10
pongono in cima alla scala dei valori la famiglia e l’ amicizia; 6 su 10 lavoro
e tempo libero; 4 su 10 solidarietà e interessi culturali; 3 su 10 il fare
carriera; 2 su 10 l’impegno sociale. E solo 1 su 10 la politica Un dato,
quest’ultimo, che si è mantenuto stabile dall’inizio degli anni Ottanta ad
oggi. Insomma la politica, di sicuro, non è amata dai giovani. Mentre famiglia,
amicizia, lavoro e tempo libero sono valori fondamentali e condivisi. Perché,
in particolare i primi due, sono sentiti più vicini, e perciò capiti e amati.
E la politica? Diciamo che si interessa ai giovani, ma probabilmente non li
ama, forse perché non li capisce. O non vuole capirli. Cerchiamo di spiegare
perché.
Innanzitutto, va rilevata la grande distanza che intercorre tra i tempi della
politica e quelli dei giovani. Si pensi solo alla rivoluzione internet degli
ultimi trent’anni. Oggi un quindicenne, sa tutto su come navigare e informarsi
in Rete, mentre il nostro Parlamento continua ad azzuffarsi su riforme
scolastiche che rischiano di essere varati già vecchie… Oppure, al contrario,
come continua ad accadere per le università, si accelera il cambiamento
dell’ordine degli studi, oltre il lecito, moltiplicando in realtà cattedre e
moduli. Fino al punto di provocare disorientamento tra gli studenti. I quali,
di conseguenza, non possono né potranno nutrire alcuna riconoscenza verso la
classe politica…
Non va neppure trascurata l’immagine che la politica continua a veicolare di se
stessa. Segnata da risse mediatizzate, scandali, gossip, eccetera. Un profilo
talmente basso da non facilitare l’avvicinamento dei giovani alla politica,
vista di riflesso come qualcosa di poco pulito.
Indubbiamente, la causa fondamentale della disaffezione giovanile (che oppone
alla politica, gli amici, la famiglia e un lavoro che tra l’altro non si
trova…), è nel clima individualistico che sembra aver segnato l’ultimo
venticinquennio. Cosa del resto comprovata dal rilevante interesse dei ragazzi
per il “tempo libero”. Che però - attenzione - in 2 giovani su 10, lascia la
porta aperta all’impegno in attività di volontariato. Pertanto il temuto
“ritorno dell’individualismo”, potrebbe tramutarsi anche in forme di
solidarietà concreta verso gli altri. Comportamenti, per ora minoritari, ma
avvertiti come più gratificanti rispetto all’impegno politico.
Il che non sarebbe un male. Dal momento che la maggiore attenzione sociale
verso l’altro, può essere spiegata anche attraverso il valore elevato che i
giovani attribuiscono all’amicizia. Probabilmente il volontariato sociale viene
inteso dai ragazzi come una positiva e progressiva estensione della sfera
amicale.
E qui la politica, invece di imporre decisioni fuori tempo massimo e spesso
punitive nei riguardi dei giovani, dovrebbe favorirne l’inserimento nel mondo
dell’assistenza sociale, dove molti ragazzi potrebbero così coniugare impegno
sociale e lavoro: valori e interessi.
Mentre, come abbiamo detto, la continua e mutevole legiferazione su scuola e
università va nella direzione opposta. Infatti, se per un verso è giustificato
ricercare un collegamento tra giovani e lavoro, per l’altro è sbagliato,
pretendere di farlo, ignorando i valori in cui i ragazzi credono.
Il che conferma, concludendo, che non sono i giovani a capire la politica, ma
la politica a non capire i giovani.
Carlo Gambescia
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