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A pensar male si fa peccato, ma spesso si
indovina. La proposta di sostituire, su scelta del giovane, un anno di scuola
dell’obbligo con uno di apprendistato, non solo abbassa l’età dell’obbligo da 15 a sedici anni, ma punta -
ipotizziamo - a “disingolfare” il biennio di accesso alle scuole superiori. Et voilà, signori, più apprendisti meno
studenti per professore… Insomma, qualcuno alla Commissione Lavoro della
Camera, crede di poter risolvere i problemi dell’istruzione con la bacchetta
del Mago Silvan …
Ma qual è lo stato di salute della scuola italiana?
Ecco qualche numero tratto da “La scuola in
cifre 2007”
(Ministero
Pubblica Istruzione - ora disponibile sull’omonimo sito Web - http://www.pubblica.istruzione.it/news/2008/.../libro_la_scuola_in_cifre_2007.pdf
) . La diffusione delle sedi scolastiche è più capillare nel Centro e nel Sud
Italia; gli studenti sono in diminuzione nelle regioni meridionali, mentre sono
in crescita nelle regioni settentrionali, anche per una maggiore presenza e
stabilità dell’immigrazione. La regione che ha la percentuale maggiore di
alunni stranieri è l’Emilia Romagna. Il numero di studenti per docente è
aumentato dal 10,9, nell’anno scolastico 1995/1996, all’11,2 del 2005/2006,
benché il rapporto resti uno dei più bassi d’Europa. Inoltre l’età media dei
docenti è elevata: 50 anni circa. Invece il carico orario degli studenti è più
alto della media europea. La professione di docente è fortemente
femminilizzata: mediamente per tutti i livelli scolastici, dalla scuola
dell’infanzia fino alla secondaria di secondo grado, l’81% degli insegnanti
sono donne. Il tasso di scolarizzazione nella fascia d’età 15-18 anni è in
aumento. Varia da regione a regione ed ha valori particolarmente alti nelle
Marche e in Basilicata. Gli istituti tecnici vantano la percentuale più alta
degli iscritti alla scuola superiore (35,1%); vengono poi licei con il 32,5% ed
infine i professionali con il 23%. Gli alunni di nazionalità non italiana sono
in aumento in tutti gli ordini e gradi di scuola (incidenza rispetto al totale
pari al 4,9%). Anche le iscrizioni degli alunni diversamente abili sono in
crescita; sono il 2,4% nella scuola primaria, il 3,1% nella scuola secondaria
di primo grado , l’1,4% nella scuola secondaria di secondo grado. I docenti di
sostegno, che erano 65.615 nel 2000/2001, sono 83.761 nel 2005/2006. Sono più
di 400.000 all’anno gli iscritti ai Centri Territoriali per l'Educazione degli
adulti, di cui il 26% sono stranieri. Sono oltre 65.000 gli iscritti ai corsi
serali per lavoratori-studenti della scuola secondaria di secondo grado.
Ora, al di là del fatto pur preoccupante che il bilancio del Ministero è per il
90% assorbito dalle spese correnti, i dati elencati non sono del tutto
negativi. Anzi.
In realtà, la crisi della scuola italiana ha una causa più profonda. Come
scrisse un paio di anni fa Galli della Loggia, “ essa è l’altra faccia della
medaglia della crisi di identità di un paese incapace di progettare il suo
futuro, perché non riesce più a incontrare il suo passato”.
Ma come risolvere una crisi storica? Intanto, prendendone onestamente atto, per
poi ripartire proprio dalla scuola. Occorrono idee forti sul ruolo repubblicano
dell’ istruzione pubblica, e dunque di integrazione di tutti i cittadini
(immigrati inclusi); sulla necessità di restituire autorevolezza al docente,
che prima di tutto resta un educatore. Infine, occorre un disegno complessivo
capace di andare oltre le strombazzate tre I (inglese, informatica e impresa),
ma anche di raccordare scuola e mondo del lavoro. Un collegamento che deve
riguardare la riforma dell’istruzione secondaria e il necessario legame, in
termini di basi educative (destinate a durare tutta al vita), tra scuola
dell’obbligo e scuola superiore.
Un vincolo, quest’ultimo, che non può essere ignorato, ricorrendo a giochi di
prestigio, tipo quello di un anno di apprendistato che magari spunti come un
coniglio dal cilindro della scuola dell’ obbligo…
Carlo Gambescia
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