venerdì 22 gennaio 2010

Brunetta e i giovani...
(Con un Post Scriptum di Roberto Buffagni)



Dopo la sparata sul tutti fuori di casa per legge al compimento della maggiore età, Renato Brunetta ha aggiustato il tiro. Ma fino a un certo punto: “Ho detto un po’ per scherzo che se avessi la bacchetta magica farei una legge per far uscire tutti i ragazzi di casa a 18 anni. Ma ho anche detto che questa legge avrebbe senso se desse anche a tutti servizi, lavoro, scuola, Università”. Mentre “adesso come adesso, - continua il Ministro - tutto invece si tiene dentro la famiglia. E se uno nasce in una famiglia borghese o piccolo borghese va bene! Ma se uno nasce in una famiglia povera, cosa fa?”.
Ma come è buono lei professor Brunetta! Per dirla con il Fantozzi dopo il rituale calcio in faccia del capoufficio…
Battute a parte. Il problema della dipendenza dei giovani dalle famiglie non è assolutamente causato, come sostiene Brunetta, “dall’egoismo di genitori che disponendo di pensione di anzianità possono tenersi i figli in casa”. Queste cose lasciamole dire a Vittorio Feltri…
La famiglia italiana oggi dispone di redditi addizionali, perché per una-due generazioni ha lavorato duro, risparmiato, acquistato, ereditato, prime e seconde case. E non titoli spazzatura… All’argomento Geminello Alvi, qualche anno fa dedicò un libro notevole (Una Repubblica fondata sulle rendite).
Siamo seri: i giovani ( 1 su 2 fino a 30 anni; 53 % maschi; 42% femmine ) non escono di casa perché non trovano lavoro. E la famiglia di conseguenza rappresenta un prezioso paracadute sociale. Altro che egoismo.
Ma per capire anche la natura culturale del problema si deve dare un’occhiata al “Rapporto Giovani 2008” (uscito nell’estate del 2009), prodotto dal Dipartimento di Studi sociali, economici, attuariali e demografici della Sapienza di Roma per conto del Ministero della Gioventù.Nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni, su 3 milioni circa di adolescenti ci sono 270 mila ragazzi che non studiano e non lavorano (il 9%); 50 mila ragazzi ( l’1,6%) che di necessità hanno fatto “virtù”: al momento non cercano lavoro; 11 mila invece non sono interessati a lavorare o studiare neppure in futuro. E qui siamo davanti a 11 mila “micro-bamboccioni”, per dirla con Padoa-Schioppa e Brunetta. Pochi.
Ma vediamo quali sono le tendenze nella fascia che dovrebbe “spiccare il volo”, quella tra i giovani dai 25 ai 35 anni: un milione e novecentomila non studiano e non lavorano; circa uno su quattro (meno del 24%). Un milione e 200 mila (circa il 15%) gravitano nella sfera della disoccupazione per ragioni varie, in particolare scoraggiamento. Mentre settecentomila (l’8,75 %) sono “inattivi convinti”: non cercano un lavoro e non sono disposti a cercarlo in futuro. E perciò solo questi ultimi potrebbero aspirare al titolo di “bamboccioni”. E tutto sommato sono pochi: grosso modo 1 ogni 10Ora, per la fascia di età tra i 15 e 19, viste le bassissime percentuali di inattivi per convenienza e/o scelta anche per il futuro, non è possibile rilevare alcuna tendenza precisa verso una prossima “società dei bamboccioni”… Tuttavia un fatto va registrato: che la “disaffezione” al lavoro tende ad aumentare con l’età. E tocca punte relativamente più alte tra i 25 e i 35 anni. “Relativamente” perché gli inattivi convinti” o “bamboccioni”, all'interno di quest’ultima fascia, non sono tanti. Ripetiamo: circa 1 su 10. .Semplificando, per la fascia tra i 15 e i 19 anni siamo al di sotto della soglia di rilevanza sociologica. Mentre per quella strategica, tra i 25 e i 35 anni, sarebbe interessante capire le ragioni di quell’ 1 su 10 che rifiuta il lavoro per vivere alle spalle dei genitori. Sarebbe utile conoscerne i titoli di studio, l’estrazione familiare, eccetera.
Di qui la necessità di giovarsi, prima di trinciare giudizi, di una migliore base concettuale, osservativa e statistica. Perché, per ora, di “bamboccioni” autentici ce ne sono pochi in giro…Mentre i giovani sfruttati o privi di un lavoro sono troppi.

Carlo Gambescia

Post scriptum
di Roberto Buffagni
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Brunetta, ancora uno sforzo per essere veramente liberista: quando il giovane compie 18 anni, BUTTA FUORI DI CASA i genitori, e si impadronisce di tutto il malloppo, eventuali posto di lavoro e patrimonio mobiliare e immobiliare del genitore compresi.
Questo sì che avrebbe effetti economicamente positivi: da un canto i giovani consumano di più (e vai con la domanda interna) hanno energie più fresche (e vai con la produttività) e si adattano più facilmente al nuovo (e vai con la flessibilità); dall'altro i vecchi si scrollano di dosso le perniciose abitudini facilone e pigre accumulate in tanti anni di comodo tran tran (prova a fare la pennichella sdraiato su un cartone sotto un ponte, e vedrai che smetti subito) scagliati allo stato brado di homeless muoiono prima (e si risparmia sulle pensioni e l'assistenza sanitaria) e per finire, combattendosi selvaggiamente nelle strade per l'accesso agli avanzi dei cassonetti danno finalmente un buon esempio di animal spirits ai giovani, che si preparano adeguatamente per il momento in cui lo struggle for life toccherà a loro.
Unico lieve danno collaterale sarà forse un leggero calo di natalità, ma poca brigata, vita beata.
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P.S. Brunetta, se vari la legge ricorda che il copyright è mio! Come royalty, mi contento di uno 0,01 del risparmio sulla spesa corrente dello Stato. Ciao, ciccio, e buon lavoro!

Roberto Buffagni

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