Gaza e la sindrome di Drieu la Rochelle
Con l’ antismo non si scherza: essere radicalmente anticomunisti, antifascisti, anticapitalisti, antisemiti, anti-islamici eccetera, essere, insomma, contro un certo fenomeno sociale, rifiutando di ragionare solo per guardare in faccia il nemico, sfidandolo, è molto pericoloso.
Sull’antismo ci siamo già soffermati qui: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2007/02/la-cultura-ideologia-dell-antismo.html
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Si noti, ad esempio, quel che sta avvenendo in Palestina. Secondo gli antipalestinesi tutti gli abitanti di Gaza sarebbero terroristi islamici, mentre secondo gli antisionisti tutti gli israeliani sarebbero criminali di guerra… In queste condizioni giungere a una pace, anche temporanea, è praticamente impossibile. E vista la sproporzione delle forze in campo, i palestinesi, tutti (Hamas incluso), sono destinati a soccombere. Purtroppo.
Si dirà che queste sono chiacchiere da intellettuali e che la politica è segnata dai rapporti di forza, alla cui sfida, anche solo per strappare all'avversario qualche ora di vita in più, è necessario rispondere, costi quel che costi. Verissimo, ma si deve mettere in conto che se si sceglie la sola strada della forza - dell’antismo - si dovrà sperare che i vinti poi dimentichino. E di solito perché si perda memoria dei torti subiti non bastano secoli (per alcuni popoli millenni).
L’antismo, e in particolare un antisionismo che rischia di confondersi con l'antisemitismo , rinvia a quella che chiamiamo la sindrome di Pierre Drieula Rochelle. Un
grandissimo scrittore francese, vero mago della parola attivo tra le due
guerre, coltissimo e sensibile lettore e rilettore del Vedanta e della
Bhagavadgita. Che però scelse il fascismo e il nazionalsocialismo in
odio a ebrei e borghesi: per lui penoso simbolo di una Europa decadente e
indecorosamente attaccata al denaro. E infine s’invaghì del comunismo, anche se
dall’alto dei suoi cieli di scrittore.
Pierre Drieula Rochelle
si suicidò nel 1945 all’età di cinquantadue anni, per non finire nelle mani dei
gollisti.
Ma seguiamo il suo ragionamento, per noi sociologicamente “esemplare”:
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Si noti, ad esempio, quel che sta avvenendo in Palestina. Secondo gli antipalestinesi tutti gli abitanti di Gaza sarebbero terroristi islamici, mentre secondo gli antisionisti tutti gli israeliani sarebbero criminali di guerra… In queste condizioni giungere a una pace, anche temporanea, è praticamente impossibile. E vista la sproporzione delle forze in campo, i palestinesi, tutti (Hamas incluso), sono destinati a soccombere. Purtroppo.
Si dirà che queste sono chiacchiere da intellettuali e che la politica è segnata dai rapporti di forza, alla cui sfida, anche solo per strappare all'avversario qualche ora di vita in più, è necessario rispondere, costi quel che costi. Verissimo, ma si deve mettere in conto che se si sceglie la sola strada della forza - dell’antismo - si dovrà sperare che i vinti poi dimentichino. E di solito perché si perda memoria dei torti subiti non bastano secoli (per alcuni popoli millenni).
L’antismo, e in particolare un antisionismo che rischia di confondersi con l'antisemitismo , rinvia a quella che chiamiamo la sindrome di Pierre Drieu
Pierre Drieu
Ma seguiamo il suo ragionamento, per noi sociologicamente “esemplare”:
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“ 1943, 5 Marzo.
(...) Come può credere nel fascismo nel quali io non credo più? Il fascismo è troppo poco socialista. E’ un semplice risveglio dell’eroismo borghese che non ha il coraggio di uscire dai suoi schemi e finisce con l’esserne soffocato. Nell’estremo pericolo Hitler non ha un grido che venga dal cuore, non un’impennata dell’immaginazione. E’ pietrificato nel limite delle sue forze. Il comunismo, se non altro, sarà il perfetto e definitivo degrado di questa civiltà. La macchina ha il diritto di essere coronata sovrana.
A meno che il genio dei russi sotto sotto non sia meno inaridito del nostro e non si affranchi dalle costrizioni all’interno delle quali è fortificato!”.
(Pierre Drieula Rochelle , Diario
1939-1945, il Mulino, Bologna 1995, p. 340)
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Ecco dietro l’antismo c’è un gigantesco e incorruttibile senso della fine. Che, come si evince dal Diario di Drieu, si unisce a un fortissimo languore verso se stessi e il mondo che potrebbe venire "dopo", nel quale noi però non ci saremo... Un languore che spinge però ad abbracciare qualsiasi causa, purché anti. E fino in fondo.
Si tratta di una disperazione dietro la quale si cela il contrasto tra il vivissimo desiderio di fare "cose grandi" e la pervasiva e vincente mediocrità del tempo "ultimo" in cui si è costretti a vivere. Una condizione penosa, umanamente comprensibile ma politicamente pericolosa. Perché la logica - se di logica si può parlare - di chiunque creda di non aver più nulla da perdere (il senso della fine prossima), pur aspirando al "dopo", si trasforma in strumento di lotta. E in che modo? Scegliendo, magari chiamando il causa il destino, di accompagnarsi ad alleati e ideologemi di ogni tipo ( i nemici dei miei nemici, eccetera) e facendo dell'odio puro il minimo comune denominatore della politica. E del tanto peggio tanto meglio un' idea-forza che può implodere collettivamente.
Proprio quel che sta accadendo in questi giorni. Dove da parti opposte, ma congiunte negli atti (dalle bandiere bruciate alle scritte su muri e negozi) , si tenta di rianimare la grande e feroce bestia antisemita. Attraverso una consapevolezza (l'odio diffuso) inconsapevole (perché molti non si rendono individualmente conto delle gravi conseguenze collettive di certi gesti odiosi)...
Di sicuro è una politica della disperazione che conduce al sucidio. Come mostra in modo emblematico la triste sorte di Drieula Rochelle.
(...) Come può credere nel fascismo nel quali io non credo più? Il fascismo è troppo poco socialista. E’ un semplice risveglio dell’eroismo borghese che non ha il coraggio di uscire dai suoi schemi e finisce con l’esserne soffocato. Nell’estremo pericolo Hitler non ha un grido che venga dal cuore, non un’impennata dell’immaginazione. E’ pietrificato nel limite delle sue forze. Il comunismo, se non altro, sarà il perfetto e definitivo degrado di questa civiltà. La macchina ha il diritto di essere coronata sovrana.
A meno che il genio dei russi sotto sotto non sia meno inaridito del nostro e non si affranchi dalle costrizioni all’interno delle quali è fortificato!”.
(Pierre Drieu
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Ecco dietro l’antismo c’è un gigantesco e incorruttibile senso della fine. Che, come si evince dal Diario di Drieu, si unisce a un fortissimo languore verso se stessi e il mondo che potrebbe venire "dopo", nel quale noi però non ci saremo... Un languore che spinge però ad abbracciare qualsiasi causa, purché anti. E fino in fondo.
Si tratta di una disperazione dietro la quale si cela il contrasto tra il vivissimo desiderio di fare "cose grandi" e la pervasiva e vincente mediocrità del tempo "ultimo" in cui si è costretti a vivere. Una condizione penosa, umanamente comprensibile ma politicamente pericolosa. Perché la logica - se di logica si può parlare - di chiunque creda di non aver più nulla da perdere (il senso della fine prossima), pur aspirando al "dopo", si trasforma in strumento di lotta. E in che modo? Scegliendo, magari chiamando il causa il destino, di accompagnarsi ad alleati e ideologemi di ogni tipo ( i nemici dei miei nemici, eccetera) e facendo dell'odio puro il minimo comune denominatore della politica. E del tanto peggio tanto meglio un' idea-forza che può implodere collettivamente.
Proprio quel che sta accadendo in questi giorni. Dove da parti opposte, ma congiunte negli atti (dalle bandiere bruciate alle scritte su muri e negozi) , si tenta di rianimare la grande e feroce bestia antisemita. Attraverso una consapevolezza (l'odio diffuso) inconsapevole (perché molti non si rendono individualmente conto delle gravi conseguenze collettive di certi gesti odiosi)...
Di sicuro è una politica della disperazione che conduce al sucidio. Come mostra in modo emblematico la triste sorte di Drieu
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