martedì 5 novembre 2024

Elezioni americane: liberali contro cesaristi

 


Trump nel suo precedente mandato non ha trasformato gli Stati Uniti nella Germania hitleriana. Anche Biden non ha tramutato l’America in Sodoma e Gomorra.

Quindi lasciamo da parte, almeno per il momento, le mitologie politiche. E interroghiamoci su una questione fondamentale: qual è, ridotta al nocciolo del discorso, la differenza “concettuale” tra Donald Trump e Kamala Harris, già vicepresidente con Biden?

Insomma, non è una questione di programmi, né di retorica politica ( o comunque non solo). Del resto tra i due candidati sono spesso volate parole grosse. Quindi sotto questo aspetto pari sono.

Allora dov’ è la differenza tra Donald Trump e Kamala Harris ? L’autentica differenza risiede nella distanza tra approccio cesarista e approccio liberale.

Il cesarismo, esclude la mediazione, non ama i compromessi, si rivolge direttamente al popolo; l’approccio liberale invece vive di mediazioni e compromessi e nel rispetto della democrazia parlamentare. Sono due approcci profondamente diversi, il primo è figlio prediletto dagli aspiranti dittatori, il secondo rimanda alla normale politica di alti e bassi che innerva le democrazie liberali. Un dittatore, invece, promette solo alti.

Per fare un esempio di compromesso capace di non far saltare le regole, si pensi a quando nel 2000 Al Gore, dopo alcune controversie legali, intuendo che non si sarebbe arrivati a nulla, riconobbe la vittoria per pochi voti di Bush figlio. Tutto questo per  impedire  il  diffondersi  della sfiducia nei riguardi del sistema elettorale americano.

Da questo punto di vista, Al Gore, criticabile sotto tanti aspetti, provò di essere un uomo politico liberale. Di avere senso del limite. Di capire fin dove ci si può spingere, proprio per evitare di far saltare tutto. Al Gore al suo bene di candidato battuto ( o meno) preferì quello del rispetto (assoluto) delle regole di una buona democrazia liberale.

Per contro Trump nel gennaio del 2021 infiammò addirittura la piazza, istigando i suoi elettori a impadronirsi di Capitol Hill. Ci furono alcuni morti e numerosi feriti. Non pago, e salvatosi per il rotto della cuffia dall’impeachment, Trump ha già dichiarato che non accetterà la sconfitta perché asserisce di non fidarsi di un sistema politico ed elettorale corrotto. Sono parole veramente gravi. Da incorreggibile cesarista.

Ora, dei Democratici e di Kamala Harris si potrà dire tutto il male possibile, ma non che mostrino sfiducia nel sistema politico liberale. Infatti la Harris si è ben guardata dall’evocare complottismi elettorali e minacciare rivolte. Quindi accetterà il verdetto elettorale. Come è normale che sia dal punto di vista liberale.

In sintesi: il cesarista pone se stesso al di sopra della legge, il liberale al di sotto. E non è una differenza da poco. È la stessa che passa tra dittatura e libertà.

Oggi come oggi, l’elettore medio americano è in grado cogliere questa differenza? Diciamo che fino a Trump ha mostrato di capire. Dopo di che si è incanaglito nel cesarismo populista. Il che è grave perché dalla comprensione della differenza tra cesaristi e liberali dipende la vittoria di Trump o della Harris.

Concludendo, nelle elezioni di oggi, al di là dei programmi di politica interna e politica estera, risulta essere in gioco, benché se ne parli poco, l’approccio più generale alla politica. Cesaristi da una parte, liberali dall’altra.  Cioè Trump contro Harris.  Chi vincerà? Dipende. Da cosa? Ripetiamo,  dalla consapevolezza, fiducia e rispetto  degli elettori nel sistema delle regole liberali.

Carlo Gambescia

lunedì 4 novembre 2024

Spagna: il rischio del muro contro muro

 


Sui fatti di Valencia, sorvolando sulla gravità dei danni causati  da un evento climatico, di una portata tale, che andava  oltre ogni  possibilità di previsione, non va dimenticato che la Spagna fin dall’Ottocento ha una tradizione di minoranze, a destra e sinistra, caratterizzate dall’  estremismo.  Fucilavano, rastrellavano,  imprigionavano, con pari  crudeltà, generali illuministi e colonnelli controrivoluzionari.  

Un clima di feroce conflitto che durò dalle guerre carliste  fino alla guerra civile,  con  il parziale intervallo della Restaurazione, tra le due Repubbliche. La  guerra civile fu uno scontro, al di là della modernità della causa repubblicana, tra due minoranze estremiste, sullo sfondo di una Spagna dolente, imbronciata, arretrata, che  dopo esplosioni di rabbia, assisteva  con  rassegnazione alla  fucilazione di preti, di notabili conservatori, di sindaci socialisti e  sindacalisti.

Il miracolo istituzionale della transizione alla democrazia, dopo la morte di Franco, aprì a un periodo di pace e sviluppo. Un nuovo patto sociale tra socialisti e partito popolare, che  però  dalla metà degli anni Duemila  sembra ‘aver  lasciato  il posto a un  nuovo scontro tra posizioni  estreme. Il partito socialista di Zapatero e Sánchez  si è radicalizzato scontrandosi con un estrema destra molto agguerrita, al momento rappresentata da Vox.

Ieri a Valencia  tra la  folla dolente erano presenti alcuni  estremisti di  destra, che in stile 1936,  hanno aggredito il Presidente Sánchez  sfiorando persino la figura del Re.  Un atto gravissimo. Con i precedenti storici della Spagna si tratta di un brutto segnale. Perché  indica che il ciclo della violenza storica tra estreme rischia di riaprirsi.

Il problema non è la folla esasperata ( o non solo) ma la prospettiva di una radicalizzazione.  Non è un   problema di riorganizzazione della protezione civile. Va temuta l’ascesa delle estreme: lo storico conflitto conflitto  tra illuminismo e controrivoluzione per semplificare.

Una questione che sembra sfuggire ai  giornali spagnoli di oggi: tesi a salvare la figura del re e quasi  a giustificare, in chiave populista, l’aggressione a Sánchez, scomparso dalle prime pagine.

Il Primo ministro. come gridava la folla inferocita (qui la possibile saldatura tra popolo esacerbato ed estremisti di destra), può anche essere un “perro” (cane), però ai commentatori sfuggono i pericoli  di una riattivazione storica  del ciclo della   violenza tra minoranze estreme.

Il problema non sono le dimissioni di Sánchez ma di  come evitare  il muro contro muro.

Carlo Gambescia

domenica 3 novembre 2024

L' "asse" tra Russia e Corea del Nord. Il secondo tradimento dei chierici

 


Abbiamo atteso qualche giorno per commentare probabilmente uno dei fatti più importanti, una vera e propria svolta legata all’evoluzione della guerra in Ucraina, provocata dall’aggressione russa.

Ovviamente non parliamo del contro G7 dei Brics, per ora pura e semplice propaganda russa, ovviamente amplificata, dai mass media amici in Occidente, ma della nascita dell’ "asse" (termine già sinistro, rispolverato nei siti di estrema destra), con concreti risvolti militari, tra Russia e Corea del Nord. Si parla di schierare diecimila nordcoreani in Ucraina, ossigeno, anche simbolico, per la Russia.

Dicevamo abbiamo atteso. Perché? Per una semplicissima ragione. Leggere delle reazioni in Occidente. Che, invece, qui la vera notizia, non vi sono proprio state. La politica tace. E il silenzio domina anche tra i chierici. Cioè tra gli studiosi. Pensiamo a siti e riviste autorevoli. L’Ispi tace o quasi. “Limes”, nel parla nei sommari interni.

Perché questo silenzio?  Legato all' effetto sopresa?  No,escludiamo. E spieghiamo perché.

In primo luogo, perché a breve si voterà negli Stati Uniti. E i candidati, come accadde nella campagna per le presidenziali del 1916 con una guerra (semimondiale, iniziata nel 1914) in atto, temono, anche oggi, di esprimersi per non inimicarsi un elettorato inevitabilmente pacifista.

In secondo luogo, il silenzio americano è politicamente contagioso. L’Europa, nel timore di scontentare i canditati Usa, tace. Non vuole compromettersi. La destra filoTrump, in qualche misura, vede l’Ucraina come una “scocciatura”, una guerra da chiudere al più presto, non importa se con la vittoria di Mosca; la sinistra a sua volta divisa – pochi sostenitori dell’ Ucraina, molti, troppi, pacifisti, oggettivamente dalla parte dell’invasore russo – preferisce tacere in attesa che, così si ripete nel salotti buoni di Washington, la Harris, più a sinistra (pare) di Biden, punti sul graduale disimpegno americano.

In terzo luogo, la Cina, che, come impone una minima conoscenza storica del rapporti cino-coreani (di dipendenza, larvata o meno da circa 1400 anni, soprattutto sul Nord dalla Corea, da sempre divisa in più regni), fa paura. Il colosso cinese è armatissimo. E grosso modo, pur non avendo grandi tradizioni navali, minaccia Taiwan e guarda con ingordigia al Giappone e al Pacifico. Di conseguenza gli Stati Uniti temono di essere attaccati sul Pacifico (Pearl Harbor docet). Oceano che per Washington e una specie di Mare Nostrum del Romani. Però al momento traccheggiano.

Pertanto la Corea del Nord non può non godere del placet della Cina, che a sua volta è in ottimi rapporti con Mosca. Qui il senso della svolta: per usare un terminologia, da storia diplomatica europea dell’Ottocento, il prossimo passo, potrebbe essere una Triplice alleanza, con evidenti ricadute militari, tra Russia, Cina, Corea del Nord. Qui risiede il carattere di svolta storica costituito dall’intervento di truppe nordcoreane in Ucraina.

Vi è dietro un disegno preciso di Mosca? Difficile dire. Dal punto di vista ideologico la Russia è nemica dell’Occidente. Quindi esiste un puntello teorico (tradizione vs modernità): una razionalizzazione filosofica, diciamo, della “fame” moscovita. Inoltre, a partire dalla fine del Settecento la Russia ha tentato almeno due volte di invadere l’Europa, durante le guerre napoleoniche (senza la vittoria francese di Austerlitz i russi avrebbero anticipato  le mosse di Napoleone). E nella Seconda guerra mondiale. Non va perciò assolutamente escluso un disegno di sottomissione dell’Europa. Esistono seri precedenti.

Come si può intuire, il momento è gravissimo. Ma l’Europa, ormai priva di una sua fisionomia liberale, e soprattutto dell’orgoglio di essere liberale, si lascia andare alla deriva. Nelle sedi europee, con il nemico russo  alla porta di casa, si parla a vanvera,  di crisi climatica, di pensioni, auto elettriche, sanità, come se la società aperta fosse eterna. E cosa più grave ci si scaglia contro i migranti, li si deporta. Una politica autolesionistica: dal momento che proprio perché bussano alla nostra porta provano di credere nei valori occidentali più degli stessi europei.

La secolarizzazione e l’ integrazione del migrante, in una parola la sua “modernizzazione,” può infondere nuova linfa vitale nella società europea. Il migrante è una sfida culturale da vincere, non una maledizione come evoca la destra razzista e fascista, per dirla fuori dai denti.

Il che spiega, per tornare all’incipit, il silenzio dei chierici, dei professori e degli intellettuali, insomma degli addetti ai lavori, dei “geopolitici”, che sanno ma tacciono. Non vogliono dispiacere ai potenti. Per dirla con il titolo di un famoso libro di Julien Benda, tradiscono di nuovo, trasformandosi in servi dei nemici della causa liberale.

La prima volta fu con Hitler e Mussolini. Anche quello, esteso al Giappone militarista, fu un "asse"...

Carlo Gambescia

sabato 2 novembre 2024

Ci risiamo. Si ricomincia dalle SIM...

 


Molti italiani ancora non si rendono conto di essere governati da brutta gente, per dirla alla buona: da partiti, a cominciare da Fratelli d’Italia, con una forma mentis autoritaria, che non promette nulla di buono per il futuro.

Si deve saper cogliere i dettagli. E gli italiani, è noto, sono superficiali, nonché secondo Fabio Cusin (autore di una celebre Antistoria d’Italia), egoisti e profittatori.

Ovviamente si tratta di dettagli, abilmente oscurati da una feroce propaganda di destra, portata avanti dalla tv di stato e dalle reti della famiglia Berlusconi, con l’aiuto di un potente gruppo di giornali organici al governo Meloni.

 Perfino sul web, e in particolare sui social, la destra è particolarmente ramificata. La tecnica discorsiva della comunicazione politica, a ogni livello (Dal Tg1 al blog “identitario”), è quello di accusare di ogni male la sinistra, magnificando l’operato della destra. Oltre a dipingere, soprattutto sui social, i valori e l’operato del nazismo e del fascismo, come severi ma giusti e la società aperta dell’Occidente come una macchina repressiva al servizio di élite debosciate.

Non è un bel momento per la cultura liberale e nemica delle dittature.

Si dirà normale propaganda. Nulla di preoccupante. Una pagliacciata…. Tutto passerà, come sono passati Berlusconi e Fini.

Il punto è che il principale propagandista e azionista politico, Fratelli d’Italia, non ha mai fatto i conti con il fascismo. La sua ideologia è a dir poco autoritaria. E si vede. Però, per vedere, si deve guardare nella direzione giusta. E molti, anche tra la gente comune, non guardano, o guardano nelle direzione sbagliata.

Ad esempio nel recente disegno di legge “Sicurezza”, approvato alla Camera, si scopre, tra le altre magagne repressive, una misura, di cui non si è parlato affatto, ma che, a riflettervi, è di una gravità assoluta, soprattutto come dicevamo, per la forma mentis autoritaria che vi è dietro e che apre la porta a prospettive di tipo totalitario. Sì, totalitario, non esageriamo.

Si introduce l' obbligo per i negozi che vendono schede telefoniche SIM di chiedere copia del permesso di soggiorno ai clienti di nazionalità non appartenente all’Unione europea. Chi non rispetta questa norma rischia di vedersi chiudere il negozio per un periodo da cinque a trenta giorni (*).

Sorvolando (ovviamente si fa per dire) sulla gravissima discriminazione, di tipo etnocentrico, tra comunitari ed extracomunitari, che reputa questi ultimi pericolosi a prescindere, quindi colpevoli, senza aver commesso alcun reato: in pratica li si presume, a vista, colpevoli di immigrazione clandestina.

Sorvolando su questo, dicevamo, resta un fatto, come dire prospettico, inquietante, per il nostro futuro di libertà.

Ci spieghiamo subito. Partendo dalla presunzione di colpevolezza, e una volta introdotto un reato conesso in qualche misura all’ appartenenza a una certa razza, religione, eccetera, si potrà vietare la vendita, non solo di beni di largo consumo (come può essere una scheda SIM), ma anche lo stesso accesso al negozio che vende il bene di largo consumo. Che un giorno potrebbe essere un supermercato interdetto a un non caucasico, cioè bianco di pelle.

Capito? Questo negozio è “ariano”. Si ricomincia da capo…

Si dirà che stiamo esagerando, e che esistono le corti dei diritti e le corti costituzionali, alle quali si può ricorrere eccetera, eccetera. Certo. Però solo l’idea, di nuovo in circolazione, del discriminare le persone attraverso la “razza”, perché di questo si tratta, a ottant’anni dalla sconfitta del fascismo e del nazionalsocialismo, è di una gravità assoluta. Non solo per l’atto in sé, ma, ripetiamo, per l’inquietante prospettiva ideologica che si apre e che può riguardare tutti.

Si rifletta, la stessa forma mentis, una volta trasformata in routine politica e sociale, potrebbe imporre al negoziante di non vendere un chilo di pane a chi non presenti la certificazione di appartenenza alla razza bianca o alla religione cristiana. Oppure, addirittura, come giustamento paventato, a chi non abbia preferenze sessuali in linea con le proibizioni racchiuse nei capitoli 18 e 20 del Levitico.

Ritornando alla brutta gente dell’incipit, Giorgia Meloni, la stessa che ha definito le leggi razziali del 1938 una “macchia indelebile” (*), non sembra però comportarsi in mondo conseguente. Il che, al di là degli aspetti politici, non è un comportamento da brava persona. Mente, probabilmente cosciente di mentire. E il partito è con lei.

Brutta gente. Sul serio.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01428625.pdf#page=40 .
 

(**) Qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/12/13/meloni-leggi-razziali-una-macchia-indelebile-per-litalia_9c26e47e-6f1b-47d5-b593-5414e9190bc0.html .

venerdì 1 novembre 2024

Valencia. O della servitù volontaria

 


L’alluvione abbattutasi su Valencia è una manna per catastrofisti, ecologisti, welfaristi, anticapitalisti di destra e sinistra. Le immagini televisive, diffuse in tutto il mondo, delle automobili distrutte e impilate, sono motivo, anche estetico, di gioia per i nemici della libertà.

Cosa c’è di più significativo dell’automobile come simbolo di libertà individuale? Per contro, il compromesso socialdemocratico, sul quale si regge l’Europa, nelle due versioni, welfare nazionalista (destra) e welfare universalista (sinistra), da sempre si è battuto per un sistema dei trasporti collettivo. Perché, si ripeteva e ripete, così impone il bene comune, di cui lo stato è giudice supremo.

A questa antipatia welfarista verso l’automobilista si è aggiunto nel tempo il catastrofismo ecologista. Secondo il quale l’automobile inquina, e chi inquina provoca le alluvioni che distruggono il pianeta.

Questo mix di catastrofismo e welfarismo, ormai recepito dai governi di destra e di sinistra, con lievi differenze su tempi e modalità delle ingerenze statali, costituisce un’ideologia probabilmente più potente del comunismo, di cui rappresenta la prosecuzione come battaglia contro il capitalismo.

Se il comunismo evocava l’appartenenza di classe, il catastrofismo ecologista celebra la specie umana. Di più, tutti gli esseri viventi, dall’uomo all’ameba. Di conseguenza a chiunque rifiuti questa impostazione è negata anche la dignità protozoica.

Se c’è una pericolosa tendenza di fondo del nostro tempo, nemica della libertà individuale, la si può ravvisare nelle politiche pubbliche di stampo ecologista. L’idea che senza un ferrea limitazione della libertà individuale il pianeta andrà in rovina è quasi accettata da tutti.

I pochi che si oppongono, come anticipato, sono trattati come pericolosi ignoranti, nemici dell’umanità. Solo per quel che riguarda l’Italia – ma le cifre sono più o meno le stesse in tutto l’Occidente euro-americano – il novanta per cento degli intervistati è preoccupato o molto preoccupato per il cosiddetto cambiamento climatico (*).

Sono dati manipolati? Non è sede questa per discutere di questioni comunicative o legate al valore scientifico delle teorie catastrofistiche. L’unica cosa certa è che dal punto di vista metapolitico il catastrofismo welfarista, giusto o sbagliato che sia, determinerà una enorme concentrazione di potere politico in poche mani, forse senza precedenti nella storia, e questo a prescindere dal colore politico dei governi. Siamo davanti a una regolarità metapolitica. Anzi a più di una.

La particolarità è che questo processo di annientamento della libertà individuale sta avvenendo con il consenso dei cittadini. Anche qui si può discutere all’infinito sulle cause: auto-persuasione, persuasione razionale, persuasione occulta, persuasione fobica? Difficile dire. Di fatto, ed è ciò che qui interessa, il cittadino sembra accettare di buon grado controlli sempre più capillari, come si ripete, per il “suo bene”.

Ad esempio, in numerose città – non solo italiane – il consumo dei rifiuti è sottoposto a crescenti vincoli ( differenziazioni, veti, tetti, tributi). Ed è solo l’inizio. Sta diventano una specie di concessione governativa persino la libertà di ordinare una pizza al cartone.

E purtroppo non c’è peggiore dittatura di quella che l’uomo si dà da solo. Si chiama servitù volontaria.

Carlo Gambescia

(*) Qui, una rapida informazione per l’Italia: https://www.spstrend.it/gli-italiani-e-il-cambiamento-climatico/ . Altri dati più generali qui: https://www.undp.org/publications/peoples-climate-vote-2024 .