In politica esistono tre modi di perdere e di reagire a una sconfitta.
Il primo è quello di ammettere la sconfitta e cambiare politica. Il secondo di non ammetterla, aumentare le dosi (diciamo così) e persistere nella politica sbagliata. La terza possibilità è quella di perdere, per poi vivacchiare tra vincitori e vinti, andando avanti alla giornata, senza però rinunciare ai nostalgici proclami.
Il primo approccio rinvia al realismo politico, che impara dalle sconfitte, ed è la via maestra in politica. Il secondo all’irrealismo politico che, di errore in errore, conduce all’autodistruzione. Il terzo rinvia a una specie di realismo servile, teso alla semplice conservazione del potere: passivo, di pura sopravvivenza.
A volare alto, storicamente parlando, e per riferirsi al laboratorio sociologico della storia romana, il grande realismo politico rinvia ai tempi migliori delle dinastie dei Flavi e degli Antonini, I e II secolo d. C. L’irrealismo politico, all’ultima fase dell’età repubblicana prima di Augusto, il I secolo a.C. Mentre il realismo della sopravvivenza al tardo Impero romano, in particolare al passaggio tra il IV e il V secolo d. C.
Il lettore, ora, penserà: “ Quale sfoggio di cultura storica e sociologica per poi parlare di Giorgia Meloni”…
In realtà, la tripartizione appena ricordata aiuta a capire il vicolo cieco in cui si sta infilando Giorgia Meloni, senza per questo tentare paragoni con Cesare, Traiano e qualche imperatore travicello della decadenza.
Giorgia Meloni ha preso un solenne schiaffone dall’Ue e dalla Francia (che senza fare tante storie ha aperto i suoi porti). Infatti, i migranti – e giustamente – sono sbarcati tutti. Con certificato medico, eccetera, eccetera.
Eppure come reagisce la Meloni? Invece di capire che la linea dura non porta da nessuna parte, perché irta di contraddizioni morali, giuridiche, organizzative, insiste, anzi la rivendica, con la guancia ancora tutta rossa, dichiarando che:
“In tema di sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale, gli italiani si sono espressi alle urne, scegliendo il nostro programma e la nostra visione. I cittadini ci hanno chiesto di difendere i confini italiani e questo governo non tradirà la parola data” (*).
Ora, a parte la tragica ridicolaggine, ne abbiamo già parlato, di tirare fuori la magniloquente idea della “difesa dei confini” contro mamme e neonati, il buon senso politico imporrebbe di far scendere tutti, curare, aiutare, verificare e integrare, quando ovviamente si desideri l'integrazione.
Altrimenti cosa si rischia? Di alimentare, perché di navi, basta un ripassino della storia universale, ne verranno altre, un clima di controproducente scontro politico totale con le opposizioni, con i sindacati, con la magistratura, con gli altri paesi e con l’Unione Europea. Per inciso: figurarsi i salti di gioia dei russi. Ma questa, almeno per oggi, è una altra storia…
Insomma, si rischia una guerra non solo culturale con tutti quei cittadini, anche europei, che sulla difesa dei sacri confini dalla mamme e dai neonati hanno idee differenti da quelle di Giorgia Meloni. Le indagini demoscopiche parlano di un italiano su due. Pertanto anche queste idee della “parola data” e della “legalità” riguardano coloro che hanno votato Fratelli d’Italia. Poco più di un terzo dei votanti. Mentre un Presidente del Consiglio, come ha ammesso la stessa Meloni in un momento di lucidità, è il Presidente di tutti gli italiani. Quindi la “legalità” non può essere ridotta a quella che favorisce la linea politica di un governo di estrema destra che, in chiave se non paranoica comunque di parte, vede in ogni migrante un invasore: la riprova fisica, neonati inclusi, della pseudo teoria politica della sostituzione.
Perciò siamo pessimisti. Perché Giorgia Meloni sembra inclinare o verso l’ irrealismo politico o verso il realismo passivo, della sopravvivenza. Non sembra insomma disposta a farsi un esame di coscienza e sposare la via maestra: quella del realismo politico.
Sicché, comunque sia, grossi guai si profilano all’orizzonte.
Carlo Gambescia
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