La sicilianità per il sociologo è qualcosa di misterioso. Che però si può tentare di spiegare. Ovviamente, quanto scriveremo riflette una nostra opinione. Nessuna pretesa di verità assoluta.
Veniamo al punto. Esiste un aspetto letterario, che potrebbe risalire a Verga, Pirandello, fino a Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino, per citare i nomi più noti. Siamo davanti a un miscuglio di conservatorismo sociale e sovversione radicale dell’esistente, una mistura a dir poco esplosiva. Ma esiste anche un aspetto politico. Si pensi, per gli anni della Repubblica, al milazzismo (da Giuseppe Milazzo): un impasto di reazione politica, che metteva insieme comunisti, democristiani e missini, in una specie di anti Risorgimento sociale siculo. Ma si potrebbe risalire a un personaggio come Crispi, autoritario e radicale al tempo stesso, repubblicano e monarchico, pompiere di giorno, piromane di notte.
Il concetto di sicilianità si può riassumere nella filosofia del Gattopardo. Ormai banalità neppure superiore, che pure sfugge a troppi. Di qui la misteriosità, resa perfetta anche al cinema dal calligrafo Visconti, che sgorga dalle labbra del bel Tancredi-Delon: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.
Del resto Goethe, che visitò la Sicilia molto prima di Visconti, nei suoi Diari , lui uomo del Nord, sembra non resistere al misterioso al fascino del Sud. Quello incarnato da un enigmatico alchimista palermitano, noto come il conte di Cagliostro, una specie di briccone divino che si mescolava agli aristocratici senza amarli, sovversivo e conservatore al tempo stesso.
Se ci si pensa bene, per parlare della sua peggiore e repellente espressione, la Mafia, si tratta, anche in quest’ultimo caso, di un fenomeno conservatore e sovversivo al tempo stesso.
A tutto questo pensavamo a proposito delle voci sul veto del presidente Mattarella al tetto sul contante portato a cinquemila euro dal governo delle destre, improvvisamente sparito, come scrive “La Stampa”, dal decreto Aiuti Quater.
Un veto che, se confermato, non può che invitare alla riflessione sulla misteriosa sicilianità di Mattarella, come ultimo esempio di un fare, solo apparentemente incomprensibile.
Un passo indietro. Il Presidente ha firmato il decreto illiberale, sui rave, ma si è rifiutato di firmare, quello che conteneva misure liberali o quasi (molto quasi) sul tetto al contante. Cioè si è mostrato antirisorgimentale, come nemico della libertà di associazione e del libero scambio. Cavour docet…
Perché in sintesi, la sicilianità, presa alla radice, è questo: rifiuto del Risorgimento liberale in Sicilia, per parafrasare il titolo di un celebre lavoro di Rosario Romeo, il grande biografo di Cavour
Un indigesto impasto come dicevamo di conservatorismo e sovversione politica, un passo indietro rispetto alle libertà liberali di mercato.
Si dirà che la sicilianità del Presidente Mattarella non ha nulla a che vedere con la sicilianità della mafia. Certo, ci mancherebbe altro: la sua famiglia è stata duramente colpita da questi immondi gruppi criminali. Il fratello del Presidente resta per chi scrive un purissimo eroe. Come Falcone e Borsellino e altri vittime innocenti.
Però, ci sia concesso dire, che la sacrosanta lotta contro la Mafia non può, anzi non deve comportare il sacrificio delle liberali libertà di mercato.
Certo, si può sostenere che con il tetto al contante si combatte la Mafia. Qui però, diciamo, siamo davanti alla “soglia” Sciascia, la cui sicilianità – parliamo dello scrittore – non ha mai avuto la meglio sul suo credo liberale. Che alla fin fine si può ridurre all’ accettazione del rischio della libertà, che implica che qualcuno ne approfitti, talvolta fin troppo. Quindi la corretta domanda da porsi, capace di tagliare il nodo gordiano della misteriosa sicilianità, è questa: si può sacrificare la libertà di tutti pur di punire il cattivo uso che ne fanno pochi?
Sciascia risponderebbe di no. Come pure Francesco Ferrara, palermitano, grande teorico ottocentesco del libero scambio.
Due eccezioni alla regola della sicilianità. Solo due, purtroppo.
Carlo Gambescia
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