Da decenni si parla male del colonialismo. L’Europa in particolare si sente in colpa. Però un vero approfondimento intellettuale e politico del fenomeno non è mai stato seriamente avviato. Ci si accontenta del puro romanticismo politico. Soprattutto quando si affronta, con il senso di colpa di cui sopra, la grande questione dei flussi migratori.
La sinistra dice: “Ė colpa nostra” se l’economie dei paesi ex coloniali non decollano, se c’è instabilità politica, eccetera, quindi dobbiamo riparare, accogliendo i migranti”.
La destra, a sua volta, replica così: “Ė vero, è colpa nostra, però aiutiamoli in loco, evitiamo che i migranti invadano l’Europa, perciò intanto respingiamo”.
In realtà i processi migratori in corso non sono frutto di cattive condizioni economiche e politiche, ma appartengono alla fase in cui un paese decolonizzato, anche dopo decenni, va sviluppandosi, e il surplus di manodopera, non trovando lavoro in patria, lo cerca altrove. Pura legge dell’offerta e della domanda di lavoro. Il senso di colpa è perciò fuori luogo.
Altra cosa fondamentale. Quando si critica la globalizzazione, che induce allo sviluppo i paesi già decolonizzati, e al tempo stesso si criticano i flussi migratori, che dipendono dal surplus di manodopera indotto dalla globalizzazione, si fa finta di non capire che i due fenomeni sono collegati, e positivamente: se non c’è globalizzazione non c’è sviluppo, se non c’è sviluppo non c’è globalizzazione.
Si immagini – per capirsi – un mercato della manodopera mondiale che si sposta secondo necessità della legge della domanda e dell’offerta di lavoro. Pertanto il migrante, come figura sociale, non è assolutamente un segno di regresso, ma di progresso. Una sfida, che invece di respingere, l’Europa dovrebbe accettare.
Dicevamo all’inizio del senso di colpa. La colonizzazione è stata l’inevitabile conseguenza del processo di sviluppo europeo. Una vera e propria scossa economica, politica e culturale che ha risvegliato fuori d’Europa, imperi e nazioni, addormentati da secoli. Pertanto l’Europa non deve chiedere scusa a nessuno. La modernità diffusa è un valore positivo non negativo. Talvolta in passato, è vero, anche sulla punta delle baionette.
In sintesi, i flussi migratori sono la prosecuzione della decolonizzazione con altri mezzi, legati all’offerta e alla domanda di merci e uomini sul piano mondiale.
Solo riportando la questione dei flussi migratori nell’alveo della globalizzazione economica si potrà affrontare in modo laico questa gigantesca sfida.
Di sicuro non la si potrà affrontare ricorrendo agli schemi romantici del nazionalismo mezzo fascista, o dell’internazionalismo postmarxista: approcci che rinviano a un frainteso senso di colpa, sul quale, come detto, non si e mai indagato seriamente.
Ovviamente, come scrivevamo, occorre assumere in Europa un atteggiamento inclusivo (*). Diciamo, economicamente inclusivo, collegando globalizzazione economica e flussi migratori.
Va soprattutto evitato qualsiasi atteggiamento romantico. Solo per fare due esempi in argomento: ieri Marco Damilano (giornalista di sinistra), parlava dell’accoglienza come di un nuovo modo di fare politica, per contro Salvini (capopolo di destra), da giorni inneggia al respingimenti, come nuovo modo – certo di segno contrario – di fare politica.
Sono due esempi di romanticismo politico che vanno assolutamente evitati. Ci si deve invece affidare alla razionalità indotta dell’economia: alla apertura mondiale dei mercati e alla spontanea selezione-evoluzione dei flussi determinata dalle leggi dell’offerta e della domanda di merci e uomini. “Lasciar fare, lasciar passare”. E soprattutto evitare – ripetiamo – a destra come a sinistra qualsiasi drammatizzazione romantica dei fenomeni migratori.
Se proprio si vuole essere epigoni di Lord Byron, allora si scelga, Don Lisander, cioè Alessandro Manzoni. Si pensi a quei versi sul dio dei cristiani che atterra e suscita, che affanna e che consola.
Ecco così funziona la globalizzazione economica. Ma occorrono pazienza e fede nel dio laico dei mercati.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/migranti-il-ritorno-dellesclusivismo/ .
Nessun commento:
Non sono consentiti nuovi commenti.