Non sappiamo quanto possano interessare al lettore le storie di destra. Più di un decennio fa scrissi con Nicola Vacca un libro-intervista A destra per caso. Ebbe un buon riscontro editoriale, ma non critico-intellettuale. Per gli amanti dello stile di Tacito: chi doveva leggere lesse, ma tacque.
Questo per dire, che la destra, in particolare la post-missina, non vuole consigli: vittima pagante della sua superficialità culturale si sente superiore, impermeabile a qualsiasi critica, salvo poi commettere errori marchiani, come il buco nella parete della cucina, da “soliti ignoti” della cultura.
L’amico Carlo Pompei, che forse ha dato a destra molto più di chi scrive, e non per “caso”, parla di una specie di danno biologico. Chissà, forse Basaglia, evocato per seduta spiritica potrebbe aiutarci.
E qui veniamo all’argomento dell’articolo di oggi: la nomina di Alessandro Giuli alla guida del MAXXI. Che è una storia di destra ma racchiude pure una questione di metodo, anzi di metodologia delle lottizzazioni. Cioè diamo per scontato lo spoils system (diciamo in nome del classico ammesso e non concesso), come pure l’ obsoleta struttura museale pubblica, che a nostro avviso andrebbe invece privatizzata totalmente, proprio per evitare (pardon) il mercato delle vacche. Ma quest’ultima è un’altra storia.
Dicevamo si lottizza, però perbacco lottizziamo politicamente facendo scelte inoppugnabili.
Ora Alessandro Giuli, designato da quel pozzo di scienza del ministro Sangiuliano, è nomina, per dirla da mestieranti, leggerina. Attenzione, Giuli è persona, oltre il senso latino della maschera, studiosa e capace di applicazione. Lo ricordiamo bene: giovane-vecchio, serissimo, imberbe, nelle gelide stanze della Fondazione Evola, piegato sulle sudate carte del Maestro. Ma anche come forbito interlocutore nelle redazioni di “Officina” e “Linea”. Tra l’altro Giuli, che ha fatto anche radio, ha avuto come maestro di giornalismo, Gianfranco de Turris uomo retto e colto, anzi coltissimo, che non può non aver lasciato il segno.
Pertanto aveva e ha delle potenzialità: qui ricordiamo anche il suo primo e unico romanzoNigredo, che leggemmo in bozze: prova acerba e ambiziosa al tempo stesso. Necessitava di un’ulteriore stesura, anche perché la sua trama fin troppo esoterica e arcaicizzante a un certo punto, se non si era cultori sfegatati del genere, si apriva sul rischio palpebra calante.
Poi Giuli scrisse altre cose, anche sulla destra, alcune interessanti altre meno. Per contro, come ci dicono (dal momento che non seguiamo), le sue potenzialità – tra l’altro non scriveva e scrive neppure male di politica, come aveva ben capito Ferrara che lo ebbe al “Foglio” – sono esplose nell’attività di conduttore e ospite televisivo in conto idee di destra. “Pronubo” – Giuli appassionato cultore di Roma arcaica, apprezzerà il termine – quanto meno per la Rai, Fratelli d’Italia. Che, ora, grazie al pozzo di scienza Sangiuliano, lo ha dirottato al MAXXI.
Invece cosa avrebbe dovuto fare una destra colta e intelligente? Al MAXXI, la storiella della sovranità, anche se ridotta al rango alimentare, non può funzionare. La destra avrebbe spiazzato l’intera sinistra – sempre ammessa e non concessa la lottizzazione – chiamando alla sua direzione un nome internazionale.
Ne facciamo solo uno: Camille Paglia. Chi non ha letto Sexual Personae. Arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson, tradotto da Einaudi nel 1990? Probabilmente Sangiuliano, che a dire il vero non ha letto neppure Roberto Michels (ma questa è un’ altra storia…). Parliamo di un successo internazionale, per capirsi, all’altezza, se non in molte parti superiore, a La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, del grandissimo Mario Praz, scomparso nel 1982.
Ecco, Paglia, Praz, questa la “caratura”, diciamo così, per il MAXXI. Camille Paglia, classe 1947 (per buttarla sul militaresco che tanto piace alla destra), vive e insegna negli Stati Uniti, ma è lesbica, femminista (seppure molto critica) e tante alte cosette… Anche se, come per Praz, bisogna leggere per scoprire, anzi studiare. La Paglia ha una sensibilità, in senso lato, quindi di grande e solitaria eleganza, di destra. Certo, non postmissina.
Inoltre, se proprio si doveva puntare su un nome di destra, “di area” come si dice negli ambienti della fumosa cucina politica, perché il pozzo di scienza Sangiuliano non ha pensato a Carlo Fabrizio Carli, critico e storico dell’arte di grandissima cultura? E perché no, anche a Giuliano Compagno, sorta di vivente enciclopedia filosofico-estetica per l’uomo del Terzo Millennio. Che a dire il vero proprio di “area” non è “. Infine, solo per ricordarlo, perché mancato l’anno scorso, come non fare il nome di Paolo Isotta, grandissimo musicologo. Quindi i talenti c’erano e ci sono…
Probabilmente, “Pozzo di scienza”, conosce, e forse evita, proprio perché, come recita l’adagio… Ma conosceva anche Giuli, eppure…
Comunque sia, Giuli non si offenda per queste nostre righe. Perché, è vero che abbiamo definito “leggerina” la scelta di “Pozzo di scienza” e probabilmente, in ultima istanza, di quella grandissima ittiologa di fama mondiale che risponde al nome di Giorgia Meloni. Però bisogna, anzi è doveroso, riconoscere che Giuli si applica, studia, è intelligente con tratti di acutezza.
Certo, non sarà facile, per chi sarebbe perfetto o quasi per un Museo dedicato alla storia della regalità romana in età arcaica, occuparsi di arte del XXI secolo.
Però mai dire mai. Auguri Alessandro.
Carlo Gambescia
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