lunedì 25 novembre 2019

"Sardine"  e  politica
Rivoluzionari istituzionalizzati



In Occidente  le  “Sardine” non sono che  l’ espressione più recente della  ribellione romantica  che ha affiancato, e in molti casi innervato, lo sviluppo politico degli ultimi tre secoli.
Si tratti  di rivoluzionari, nazionalisti, fascisti, nazisti, comunisti, partigiani, contestatori,  terroristi. sociologicamente parlando,  l’idea chiave del romanticismo politico è che il sistema sia sbagliato, qualunque esso sia, e che si debba ricominciare da capo. Quale idea migliore, di questa, per chi si trovi  all’inizio della vita e nel pieno delle energie fisiche  e morali?
Il punto  interessante  è però rappresentato dall’atteggiamento della società, composta di uomini e donne di tutte le età nei riguardi dei giovani.  Per tutto l’Ottocento, grosso modo fino alla Prima guerra mondiale,  i giovani  hanno morso  il freno.
La società manteneva  i giovani   sotto tutela  mediante l’uso di  rigidi codici di comportamento e inquadramento sociale. Una borghesia forte, con le sue regole precise, vedeva nel giovane un elemento da disciplinare, quasi  una classe pericolosa, capace di tutto, quindi anche di grandi errori. Da impedire assolutamente. 
Con le guerre mondiali, e la conseguente mobilitazione di massa, i giovani di ogni estrazione ruppero gli  argini  confluendo in quelli  delle ideologie forti,  in genere antiborghesi. I grandi partiti di massa, soprattutto se fortemente ideologizzati,   filtrarono  il romanticismo politico dei giovani puntando su progetti di mobilitazione collettiva.  Di qui, il giovanilismo istituzionale, nel senso di un atteggiamento  che attribuisce ai giovani, proprio perché tali,  un ruolo funzionale e istituzionale di rinnovamento.   

Pertanto i giovani nell’età dei totalitarismi si sono ritrovati di colpo al centro della scena. Un centralità, continuata anche nel periodo successivo,  fino ai giorni nostri,  dove  si riconosce ai giovani, come spesso si legge, “il diritto di sbagliare”, perché portatori   di una ventata di passione e libertà che non può fare male alla società. Anzi.
Pertanto, secondo tale  criterio,   le “Sardine” svolgerebbero un ruolo funzionale di rinnovamento politico, a prescindere.  Si noti, come gli adulti   non  discutano la  libertà di contestare, ma  critichino   la scelta politica che vi sarebbe dietro.  Un giovane se leghista è buono, se antirazzista no. E viceversa, ovviamente.
In realtà,  coloro che lodano o criticano  condividono, tutti,  il giovanilismo romantico in chiave istituzionale e funzionale. Diciamo che in questo  modo la società ha istituzionalizzato la rivolta, se non addirittura la rivoluzione.    
Se nell’Ottocento  la si deprecava,  attribuendo ai giovani il solo compito di diventare adulti, pur con correttivi legati all’ottica del tempo,  il Novecento,   ha invece  istituzionalizzato la ribellione giovanile  nel quadro di precise liturgie politiche che avevano e hanno al centro le piazze.   
"Sardine"  come “Nuovi Italiani”? Forse per classe di età  ma non per il ruolo che svolgono, che rimanda all'istituzionalizzazione novecentesca.  
Ma allora sono  utili o inutili? L’istituzionalizzazione è un fenomeno  di routine sociale che attraversa lo stato democratico come quello totalitario, quindi i giudizi di valore sull’utilità o meno di un movimento sociale, sociologicamente parlando, rimandano  alla sua  funzionalità o disfunzionalità dal punto di vista di ciò  che Pareto, chiamava l’equilibrio sociale. Cioè di uno stato sociale che semplificando non  rinvii  all'idea, di un "mondo migliore" ma a quella, molto realistica,  del  "migliore dei mondi possibili". Il che richiede criteri di valutazione oggettivi e non soggettivi.  Cosa  non  semplice.  Oggettività,  sotto quale aspetto?  Della statistica  economica  o delle proiezioni del  romanticismo politico?  Della realtà o dei sogni?
La parola ai lettori.   

Carlo Gambescia