sabato 16 novembre 2019

Ma quanto è bravo Massimo Maraviglia…
Filosofia del gusto e altre cose….


Massimo Maraviglia (nella foto con i suoi studenti) è un esempio classico di  spreco italiano: un Paese che oggi si dichiara di nuovo sovranista, e trionfalmente,  ma dove, come ieri e  l’altro ieri,  se  uno studioso non sposa la causa mainstream, delle cordate  di  destra o di sinistra (pari sono), rischia di  ritrovarsi  a insegnare in un liceo, e non all’università come  meriterebbe. 
Di Maraviglia ricordo, e con piacere,  un  profondo e  originale lavoro su Schmitt che  in un  paese normale  gli  avrebbe aperto le porte dell’università alla stessa velocità di un gran premio automobilistico. Va però detto che Maraviglia, eccellente educatore e filosofo,  in quel clima mefitico, avrebbe rischiato di intristirsi e appassire: senza sole, senza acqua. Come  un’ elegante e raffinata orchidea…         
Dopo questo omaggio floreale,  non posso  non segnalarne  un magnifico testo apparso sul suo blog: “Idee per una filosofia del gusto (manifesto semiserio, teorico-pratico)” (*).
La sua idea di gusto, ricorda quella  di  Georg  Simmel: privilegiare, ma con leggerezza,  la forma sui contenuti, perché  la forma resta i contenuti passano. Il punto non  è rappresentato  dal  contenuto fisico  - almeno così sembra di capire - di un cibo, ma   dalla   forma mentale con cui si  addenta una pizza napoletana o si mangia  un kebab turco.  
Lasciamo la parola al professor Maraviglia:

Della modalità. Est modus in rebus. La mamma insegna a stare a tavola, ascoltarla. Quindi su le mani. Impugnare bene le posate. Bocca chiusa. Niente gomiti sul tavolo. Vino alle signore. La scarpetta solo in rarissimi casi, quando cioè il sugo lo chiede imperiosamente ed è peccato mortale lasciarlo nel piatto (in questo caso è meglio ubbidire a Dio che agli uomini). Finire quello che c’è nel piatto: si ricordi che l’avanzo è sempre della mala creanza. Non fare gli schizzinosi. Conversare. Non essere né troppo lenti né troppo veloci. E se si è a conoscenza di qualche debolezza in questo campo, ascoltare le mogli!
Nazionalismo e internazionalismo. In cucina, come dappertutto, è cosa buona l’orgoglio nazionale. Ma nemmeno stonano la consapevolezza regionale e financo il campanilismo locale. Noi siamo sempre in quanto apparteniamo. Tuttavia la gastronomia è il regno del gusto e su tutto il gusto domina. Esso è come la musica per la poesia: se la musica qui ha sempre ragione, là il sapore trascende ogni altra considerazione. Quindi … dall’hamburger al kebab, dal sushi alla tempura, dall’adobo alla cheescake, dal bratwurst alle moules: tutto va bene quando sia fatto bene. Ogni piatto, per quanto umile, se sia ben eseguito tende alla bontà e adorna la nostra vita.

Perfetto. Solo una piccola osservazione, da umile sociologo dell'economia...
Nel testo di Maraviglia  si critica l’accoppiamento poco giudizioso  tra mercato e  ristorazione.  In  realtà, il mercato della ristorazione, grande o piccola che sia,  è tra i pochi mercati dove la libera concorrenza funziona, come provano prezzi contenuti, code, prenotazioni e l’alto tasso di mortalità  e sostituzione delle imprese di settore, nonché   l’accorta politica dei prezzi, che si adegua verso il basso, persino nella grande ristorazione. Magari tutti i mercati funzionassero così.
Certo, ciò presuppone un rapporto qualità-prezzo intorno a valori medi, talvolta medio-bassi.  Ma si può migliorare.
L’importante, soprattutto per il consumatore,  resta la forma, il modo in cui si addenta… Qui lasciamo  di nuovo la parola al professor Maraviglia.
Leggetelo. E con gusto.  
Carlo Gambescia