venerdì 29 novembre 2019

Polemiche inutili…
Sovranismo psichico o sovranismo dell'imbecille?


Un tempo  gli addetti ai lavori,  dietro le quinte ovviamente (primum vivere...),  ridacchiavano a proposito della fantasia sociologistico-giornalistica di Giuseppe De Rita, fondatore  del Censis,  che ogni anno, con il famoso   Rapporto sulla Situazione del Paese,  coniava improbabili ma accattivanti  neologismi. 
In realtà, De Rita, da buon esponente di certo  presentismo sociologico, inseguiva semplicemente l’attualità,  usando neologismi  che duravano lo spazio di un anno, poco meno o poco più.   Invece di ragionare sui tempi lunghi,  De Rita  cercava  risposte di tipo giornalistico a grandi questione di fondo.  Cosa che gli riusciva e riesce  bene. Una specie di " Ti ha piaciato?"  da Petrolini della sociologia.  E Petrolini, era un grande, a modo suo. 
Perché parliamo del Censis? Per una semplice ragione.  Negli ultimi giorni è esplosa una polemica, montata soprattutto dalla destra,  a proposito della pubblicazione della voce “sovranismo psichico” sulla pagina  online  dell’Enciclopedia Treccani dedicata ai  neologismi (*).
Il termine  - ecco il punto -  lanciato l'anno scorso  nel  52°  Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese (2018 **),  subito  ripreso dalla stampa di sinistra,   aveva  infastidito  la destra. E molto.
Figurarsi perciò quando  lo si è visto recepito  "addirittura dalla Treccani" .  Di qui  la reazione polemica  all’insegna  dell’ “ anche la Treccani” seguita, come di rito,  dalla  "condanna del  neototalitarismo  liberale di stampo sovietico",  eccetera, eccetera.
Ora, per quel che riguarda la Treccani,  va detto che la voce in oggetto, se l'italiano non è un'opinione,   si limita a riportare un neologismo, quindi un termine coniato di recente,   rinviando doverosamente alle  fonti, che  rimandano  a loro volta  alla stampa di sinistra che lo ha veicolato  e  al 52° Rapporto Censis che lo ha introdotto.
La Treccani fotografa. Tutto qui.  Nessun complotto ai danni della destra, che invece sembra proporre come modello di cultura enciclopedica la  Crusca  linguistica, ma  preventiva.  Non solo: la destra travisa  volutamente  ad uso e consumo degli elettori puntando sull'  evocazione di  scenari  apocalittici. Il che non aiuta a calmare i bollenti spiriti  di un  discorso pubblico sempre più  lontano dalla realtà e animato dalla caccia al capro espiatorio, che con la paranoia non c'entra nulla.    
Per contro,  il concetto di  sovranismo psichico  in sé,  può essere criticato.  Ma la destra  - altro punto importante - non ha gli strumenti culturali per  poterlo fare.  Perché dovrebbe avere  letto, con un pizzico di buon senso,  gli studi sulla personalità autoritaria  di  Adorno (regolarmente demonizzati...), i lavori  sulla mentalità culturale di Sorokin (Carneade! Chi era costui?), nonché  l’opera  della Arendt sul totalitarismo (un' ebrea, figurarsi...).  A che scopo?  Per  poter  capire che  ciò che  anima l’espansione del populismo razzista  non ha nulla di psico-patologico in sé.  E quindi preparare adeguate risposte "controculturali".  Magari anche in chiave autocritica.
Dal momento che si tratta, non di fenomeni paranoici riconducibili  a un fantomatico "sovranismo psichico",  ma   più  semplicemente del ritorno dell’ etnocentrismo,  fenomeno sociologicamente incentrato sulla facilità di una percezione  collettiva  di messaggi sociali semplici, se non semplicistici,  come “noi o loro”.  Dove, ripetiamo,  di psico-patologico,  nel senso, per così dire, di cattivo funzionamento del cervello, non c’è nulla. 
Persiste invece  una costruzione socio-culturale del nemico che porta alla sostituzione del concetto di avversario: “noi e loro”  (tipico del discorso pubblico liberale), con quello polemogeno, per l’appunto,   di nemico:  “noi contro loro” (tipico del populismo di destra e sinistra). 
Però attenzione,  è   vero che il “politico”, nella sua essenza, o meglio purezza idealtipica, implica la divisione  in amici e nemici, ma è altrettanto vero che un discorso pubblico, tollerante e intelligente,  proprio perché si confronta con la realtà e non con un tipo ideale astratto,  può sublimare e attutire. Insomma, sostituire  la scheda elettorale e il riformismo, alle pallottole e alla rivoluzione. Come mostra l’esperimento liberale. 
Pertanto, siamo davanti a una questione squisitamente socioculturale.  Male perciò  fa il Censis, strumento per eccellenza sociologico,  a introdurre concetti mutuati dalla psichiatria, altra disciplina, distante anni luce dalla sociologia.  E ancora più  male fa la destra  a non studiare.  Per non parlare della sinistra, che si nasconde dietro la   sociologia psichedelica del Censis.
Insomma parliamo di un   concetto che  può  essere facilmente strumentalizzato da una politica in cerca, si badi a destra come a sinistra,  di facili scorciatoie eugenetiche inseguendo il livore dei social   e precedendo addirittura l’allarmismo, già di per sé congenito, dei mass media tradizionali.   
Se ci si perdona l'espressione,  parleremmo, soprattutto a livello di  élite ( politiche,  mediatiche, culturali) di sovranismo dell’ imbecille. Perché a destra e sinistra non si fa niente per impedire, autodisciplimandosi,  la progressiva distruzione del discorso pubblico liberale a colpi di fantasie complottiste e teorie pseudoscientifiche.
Che malinconia. 

Carlo Gambescia 

(**)  Qui, per un rapida ma puntale  informazione giornalistica (con fonti): https://www.ilsole24ore.com/art/censis-italiani-incattiviti-e-preda-sovranismo-psichico-AEW02PvG .


Nessun commento: