sabato 29 settembre 2018

La manovra economica e gli effetti perversi delle azioni sociali e politiche
Verso il mare in tempesta (dell’imprevedibilità)


Oggi desideriamo  affrontare la manovra economica da un punto di vista  più alto, teoricamente elevato. Quello degli effetti perversi delle azioni politiche e sociali, dunque dell’imprevedibilità. Parleremo -  altrimenti detto -  degli   effetti  inintenzionali:   si vuole una cosa, se ne ottiene un’altra; si vuole il bene si ottiene il male.  In termini filosofici si parla di eterogenesi dei fini. 
Possiamo assicurare, per esperienza,  che si tratta di un concetto difficile da comprendere e, se compreso bene,  resta ostico da praticare, perché, come dicono i suoi avversari, rischia di penalizzare qualsiasi tentativo di riformare la società.   
Ma veniamo alla manovra economica. Il governo giallo-verde la presenta  come  “una manovra del popolo”,  dunque, come dicono Di Maio e Salvini, che  vuole  il bene e la felicità  degli italiani. Gli avversari,  parlano invece di conseguenze negative:  si vuole il bene, invece si otterrà il male. Questa la loro tesi.
Chi ha ragione?  Per rispondere serve un metro oggettivo.  Piccolo inciso: ci sono due modi per osservare i fatti sociali:  dall’interno, secondo lo sguardo di coloro che vi sono coinvolti, dall’esterno secondo una visione oggettiva, del terzo che osserva.   Ora, i sostenitori e  avversari della manovra economica, ragionano secondo un’ottica della situazione, quindi difficilmente possono esprimere un giudizio oggettivo.  Però, ecco il punto, mentre i partiti di opposizione, fantasticano intorno a misure ancora più imprevedibili di quelle governative,   i mercati, le società di rating, dal punto di vista dei parametri economici, e   l’Ue, dal punto di vista del diritto positivo (degli accordi firmati dall’Italia), possono  invece dare un giudizio perfettamente oggettivo, sulle conseguenze. Diciamo - ci si scusi il giro di parole  -  sulle conseguenze  di una  imprevedibilità prevedibile rispetto ad alcuni parametri oggettivi.
Si badi, si può anche rifiutare l’oggettività di tali  posizioni,  dopo di che però  il rischio è quello della tabula rasa cognitiva: della scomparsa di qualsiasi criterio di giudizio,  Di qui il rischio della navigazione a vista nell’oceano dell’imprevidibilità  assoluta.
E  cosa dicono i mercati, le società di rating, l’Ue?  Per ora nulla, però fanno capire che dalla manovra economica rischiano di scaturire molti effetti perversi, che  il governo italiano  non solo disconosce, ma addirittura sfida:  dall' eccesso di  indebitamento, al crollo di alcuni parametri fondamentali, eccetera, eccetera.
Qualcuno penserà: ma se gli effetti  sono imprevedibili, come fanno i mercati, le società di rating, l’Ue a prevederli?  Sono, ripetiamo,  imprevedibili agli occhi degli attori sociali in situazione,  ma  non degli osservatori esterni, diciamo gli attori terzi, che ragionano secondo alcuni parametri oggettivi Dunque, si può parlare  imprevedibilità relativa.
Ovviamente, come detto,  esiste anche un’ imprevedibilità assoluta, che è quella, come dicevamo, del navigare a vista, quando si rifiuta di considerare  l’imprevedibilità relativa.  
Come dicevamo all’inizio,  la prevedibilità  delle azioni sociali non è molto amata dai grandi  riformatori, dai rivoluzionari, dai profeti politici, dai leader carismatici,  da tutti coloro ai quali, il mondo intorno,  per una qualche ragione non piace. 
Però quel che vorremo sottolineare è  che, i leader  che rifiutano gli effetti imprevedibili  delle azioni  sociali e politiche, respingono sia l’imprevedibilità  relativa sia l’ assoluta.  E quali ragioni adducono? Che non esiste l’imprevedibilità. Che, dal punto di vista delle intenzioni,  le azioni  buone portano al bene, le azione cattive al male. O peggio ancora, che, se si guarda al fine buono, dunque prevedibile,  anche le azioni cattive portano al bene. 
In realtà, le azioni sociali e politiche, non sono né cattive né buone,  sono imprevedibili, talvolta prevedibili, dal  punto di vista terzo (oggettivo),  ma sempre in chiave relativa. E l’uomo, come sosteneva Hobbes, non è buono o cattivo, ma pericoloso, proprio  perché imprevedibile.
Allora che fare?  Costruire piccole isole, nella storia,  dove regni l’imprevedibilità relativa.  Più di questo non si può fare.   L’Ue, le società di rating, i parametri economici, sono la nostra piccola terra promessa.  Fuori di essa c’è solo il mare  in tempesta dell’imprevedibilità assoluta,  verso il quale sta pericolosamente navigando l’Italia di  Salvini e Di Maio.

Carlo Gambescia