mercoledì 2 febbraio 2011

Elementi di sociologia delle folle




La retorica, soprattutto mediatica, rivolta a celebrare il popolo “intelligente” che va in piazza perché vuole la democrazia - e chi non vuole oggi la democrazia? - va sempre presa cum grano salis.
L’ ”intelligenza”, piaccia o meno, non frequenta le piazze o per essere sociologicamente corretti i fenomeni di folla. Ma è "usata" dalle élite che organizzano le manifestazioni, in genere un gruppo sociale specifico. Sulle cui finalità - buone o cattive - non entriamo qui nel merito. Le folle possono anche nascere spontaneamente, per le più varie ragioni, ma di regola o si solidificano in istituzioni o spariscono. Ovviamente nel processo di "solidificazione" i leader eventualmente emergenti dalla folla si scontrano con i leader pre-esistenti: o dominanti, perché al potere, o non dominanti ma organizzati. E la lotta sarà decisa dai rispettivi e crescenti livelli di organizzazione. Nel senso che la vittoria andrà solo a quella folla che riuscirà, grazie ai suoi leader, a trasformarsi in gruppo organizzato e sconfiggere le organizzazioni esistenti. Per farla breve la folla per vincere deve cessare di essere tale. La conquista d'impeto del Palazzo d'Inverno non sempre può bastare...
Di genuino, negli individui che compongono la folla, può esservi la “rabbia sociale” e la voglia di partecipare: frutto di sentimenti ed emozioni diffusi e consolidati, per contagio psichico, una volta che si sia fisicamente scesi in piazza. Sentimenti ed emozioni, che proprio perché tali, non possono essere costitutivamente esito di calcoli e ragionamenti "ex ante". A meno che non si voglia attribuire alla folla una specie di coscienza collettiva, frutto di una sedimentata razionalità sociale, confondendo però Le Bon con Durkheim. Perché - e si tratta di un concetto ancora discusso in sociologia - la coscienza collettiva può essere attribuita a un gruppo sociale organizzato, ma non a una folla… Per farla breve: il gruppo sociale (ad esempio un partito, un' associazione, eccetera ) è stabile e omogeneo mentre la folla è fluttuante e disomogenea, anche se si compone di associazioni e individui, in alcuni casi, con spiccate “capacità di ragionamento”… Di qui il diverso approccio alle questioni di giustizia.
Semplificando al massimo: il gruppo ragiona e giudica, la folla sragiona e condanna. Di conseguenza la folla è una cosa la democrazia un’altra. Insomma, il movimento (folla) deve farsi istituzione (politica). Il che dipende dalla maturità politica delle élite che sono "dietro" la folla. Ma questa è un'altra storia.

Carlo Gambescia
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