Il libro della settimana: Gerhard
Lohfink, Dio non esiste, Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo 2010, pp. 172, € 14,00.
Oggi mi sostituisce l'amico Teodoro
Klitsche de la Grange ,
ormai di famiglia. E degnamente...
Buona lettura. (C.G.)
http://www.paolinitalia.it/libri/default.asp |
Esordisce l’autore, riprendendo l’incipit de
“Il Manifesto dei comunisti” “ Uno spirito maligno s’aggira per l’Europa (e non
solo): un ateismo battagliero che si manifesta in maniera sempre più isterica,
come non era più successo dall’Ottocento in poi” (p.7). E questo proprio da
quanto l’ideocrazia atea, cioè il comunismo, è crollato per implosione.
Quel che accade – è questo l’oggetto del
pamphlet di Lohfink - è che tale ateismo, che si presenta sotto la
maschera scientifica, in effetti si sostiene creando idola, e più ancora, sfruttando quelli
esistenti: non è un pensiero, come si sente dire, né intellettualmente cogente, né
ragionevole: ma è in genere fondato su veri e propri pregiudizi, non dimostrati
, talvolta neppure dimostrabili, e talaltra contraddetti dai fatti. Sarebbe
lungo seguire l’autore nella demolizione (neppure tanto difficile, trattandosi
di argomenti – ex adverso –
deboli) di questi luoghi comuni. Lohfink ne esamina otto: troppi per darne
conto in una recensione.
Ma su due è il caso di intrattenersi: il primo è la pretesa di trasformare, per
così dire, la scienza sperimentale (soprattutto la fisica) in metafisica (che è
poi l’argomento più “forte” dell’ateismo militante): è facile rispondere come
quel ragazzaccio di Pareto che, già nelle rime pagine del Trattato di sociologia generale si faceva
beffe (a proposito di Ottocento) degli scientisti sui contemporanei che
passavano dalla fisica alla metafisica, pensando che quanto verificato
sperimentalmente fosse l’essenza, la verità dell’uomo e dell’universo.
E a darci una mano nel ricondurre il tutto alle giuste proporzioni ci sono a
monte Kant e a valle Popper.
Ma tant’è: la “fallacia essenzialista”
viene riproposta in continuazione non perché sia suffragata da alcuna dignità
scientifica (ne è la negazione) né d’altro genere (la ragionevolezza) ma solo
perché si basa su un pedestre sensismo: Dio non si vede, quindi non c’è. Al
quale si può replicare che tante cose che non si vedevano, esistevano e non
avevano bisogno di essere viste per essere. E proprio la scienza moderna le ha
scoperte (dall’acaro della scabbia agli anelli di Saturno, alle supernove).
Quanto all’altra tesi, cara agli atei (compresi quelli metodologici) che le
religioni portano la violenza nel mondo, l’autore fa notare “la violenza è
sempre esistita. Esisteva già prima che sorgesse la religione. L’uomo l’ha
ereditata fin dai propri antenati animali e gli animali non hanno, si sa,
alcuna religione. Nel regno animale la violenza è comunque regolata e arginata
attraverso un apparato di istinti”; ma tra gli uomini l’effetto ordinatore
degli istinti è fortemente calato (fortunatamente perché abbiamo la libertà),
“perciò, se l’uomo vuole realmente diventare uomo, ha di fronte a sé il compito
di regolare i propri meccanismi di violenza ancora animali, di trasformarli e
di tramutarli in corretta signoria. In questo la religione costituisce un aiuto
decisivo: affermare semplicemente che la violenza sia entrata nel mondo solo
con la religione rappresenta un’assurdità totale”. Ovviamente si può rispondere
che spesso sono scoppiati conflitti per contrasti religiosi, ma ancor di più
sono stati generati per tutt’altre cause. Dall’istinto di potere e dominio
(esposto da Tucidide nel discorso degli ambasciatori ateniesi agli abitanti
dell’isola di Melo), a ragioni economiche (spesso, ma non solo, negli ultimi
secoli): per cui, sostenere come fanno gli sprovveduti, che rinunciando a Dio
si guadagni la pace, è umoristico.
Anzi, se pur è vero che il tutto rimuoverebbe una delle cause di guerra,
nessuno degli atei praticanti,
che ci risulti, ha mai notato due cose: la prima che almeno il cristianesimo,
ha generato un diritto internazionale – a fondamento teologico – che cerca di
limitare la guerra: nelle cause, nei soggetti, nelle condotte, nei fini. E per
cui dobbiamo ringraziare soprattutto i teologi-giuristi come Vitoria, Suarez,
Bellarmino.
La seconda: se è vero che suscitando un forte elemento identitario la religione
può individuare dei possibili nemici, cioè quelli che professando una religione
diversa, sono fuori dalla comunità (e quindi diversi
se non avversi) dall’altra
riduce i possibili conflitti intracomunitari, dando regole e istituzioni
condivise e rafforzando la coesione comunitaria, così prevenendo, riducendo,
marginalizzando la violenza “interna” alle comunità (dalla rapina su, su fino
alla guerra civile); ed anche la necessità di un governo troppo forte ed
invadente.
Il tutto è noto, perché sostenuto a partire da Eschilo fino a Renè Girard,
passando per Donoso Cortès (e tanti altri). E ignoto, a quanto pare solo
all’ateismo militante.
Teodoro Klitsche de la Grange
.
Nessun commento:
Posta un commento