mercoledì 19 gennaio 2011

Riflessioni
Il “Nuovo Mondo”



E così Elton John, come hanno scritto i giornali, "ha coronato il suo sogno". Vista la fama planetaria del cantante, si tratta di una bella lancia spezzata in favore delle adozioni gay. Che dire? Di sicuro a Carlo Giovanardi, noto omofobo, la cosa non piacerà. Perciò aspettiamoci nei prossimi giorni qualche sua uscita… Il Sottosegretario alle Politiche della famiglia è un esperto in entrate a gamba tesa. L'estate scorsa dichiarò che “là dove le adozioni da parte di coppie gay sono consentite, come negli Usa, ma anche in Brasile è esplosa la compravendita di bambini e bambine”. E non contento aggiunse: “Imporre a un bambino adottato due genitori dello stesso sesso significa fare loro violenza psicologica”. Dal momento che ogni bambino “ha il diritto di crescere in un contesto dove una figura paterna e materna sono complementari fra di loro. Togliere questo diritto al bambino è fare una violenza sul bambino stesso”.

Ovviamente si scatenò il finimondo. Ad esempio, Fabrizio Marrazzo, presidente dell’Arcigay Roma, replicò sottolineamdo che “l’osservazione di Giovanardi è contro la parità dei diritti e danneggia non solo gli omosessuali, ma anche i bambini, che per crescere non hanno bisogno di figure particolari, ma semplicemente di persone in grado di prendersi cura di loro, a prescindere dall’orientamento sessuale”. A suo avviso infatti “ le coppie gay non si occupano di contrabbando di minori” e che “in altri paesi, come Spagna e Germania, esistono delle commissioni che hanno il compito di valutare se una coppia è in grado o meno di avere un bambino: solo allora il piccolo viene dato in adozione. Il traffico di minori è un crimine che non ha nulla a che vedere con la comunità gay”.
Tuttavia nel caso di Elton John si tratta del cosiddetto “utero in affitto”, nulla a che fare con le paranoie "gay-complottiste" di Giovanardi. Il quale, tra l’altro, fece subito marcia indietro, ma in modo maldestro, asserendo di essersi riferito “non all’adozione in senso tecnico, ma al mercato del seme selezionato e alla compravendita dei fattori della riproduzione”...
Tuttavia il vero problema riguarda un’altra questione, e di fondo: quella della liceità o meno dell’adozione da parte di coppie gay. E qui va detto che gli unici studi “di verifica”, per giunta pionieristici, riguardano la realtà spagnola, dove l’adozione è ancora in fase di sperimentale. Di conseguenza la base osservativa - come si insegna a “Metodologia della ricerca sociologica” - è ancora troppo ristretta per dare giudizi definitivi pro o contro.
Resta però una questione fondamentale abbozzata da Robert Stoller, psicoanalista americano, in Sex and Gender: On the Development of Masculinity and Femininity (1968, un testo che merita di essere letto: http://www.karnacbooks.com/Product.asp?PID=22). Che tipo di questione? Presto detto. Che l’identità di genere (maschile e femminile) - e ci scusiamo per i paroloni - si forma “disidentificandosi” dai genitori. Ad esempio, la conquista maschile dell’identità è basata sulla “disidentificazione” dalla madre. E si forma precocemente nei primi due anni di vita. Di riflesso all’interno di un coppia dello stesso sesso, il processo diverrebbe troppo complicato, se non impossibile, fino a provocare disastrosi conflitti sull’identità personale di genere nel bambino e poi nell’adulto, generando, per passare dal clinico al sociologico, effetti socioculturali di ricaduta, non poprio positivi in termini di adattamento. Effetti, come dicevamo, ancora da verificare sperimentalmente. Comunque sia, non è questione esclusiva di diritti, come sostengono Giovanardi e la comunità gay, ma clinica e, quanto a effetti di ricaduta, sociologica.
Sempre che non si decida di ammettere, da subito ed ex lege, un terzo genere. Ma saremmo comunque davanti una famiglia con due membri “dello stesso” terzo genere… Il che ci riporta alla questione clinica, correttamente sollevata dal professor Stoller…
Certo, ci si può sempre rispondere che Stoller ha lavorato su dati del passato, fondati su un’ immagine e una pratica della famiglia oggi obsolete, perché la società starebbe evolvendo culturalmente e, grazie alla scienza, anche clinicamente.
Giusto, tutto è possibile. E per questa ragione la storia futura non va “ipotecata”. Il che però non significa che la “transizione” verso il “Nuovo Mondo” sarà "culturalmente" indolore, soprattutto per i “bambini del trapasso” da un tipo di società all’altra: dalla società dei due generi a quella inclusiva (anche a livello familiare) del mono-genere.  Ma, come spesso si sente ripetere, si tratta del giusto prezzo che si deve pagare al progresso…



Carlo Gambescia

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