Crisi Fiat
Perché non riscoprire la cogestione?
.
Sulla
questione della “ Grande svolta” imposta da Marchionne” o della “Nuova
resistenza” animata da Landini, tanto per usare il lessico da opposte tifoserie
così in voga, nessuno si è interrogato a proposito di una questione basilare:
chi deve comandare in fabbrica? Chi investe? O chi vi lavora come dipendente?
Noi ritieniamo che possano "comandare" insieme. E spieghiamo perché.
Una piccola premessa. Storicamente, almeno in Italia, il sindacato si è sempre
accontentato di contrattare salari e diritti disinteressandosi della gestione
aziendale vera e propria. Per contro le imprese hanno sempre visto nel
sindacato un avversario - del resto ricambiate... - da blandire o spegnere, in
base alle circostanze.
Diciamo perciò che nella ennesima "vertenza Fiat", tuttora in corso,
i diversi attori sociali (impresa e sindacato) rappresentano, anche
simbolicamente, l'idea della “fabbrica” come luogo elettivo dello scontro
sociale. In questo senso, la mediazione di Bonanni, l’ opposizione di Landini,
l’ attacco di Marchionne, sono tutte azioni che confermano la persistenza di
una cultura del conflitto sociale. Dove un contratto vieno inteso come un
armistizio e uno sciopero come un atto di guerra.
Ovviamente, la logica del conflitto implica ogni volta vincitori e vinti. Ma
anche il riconoscimento, da parte del sindacato, che in fabbrica “comanda il
padrone”. E, da parte del "padrone, che il sindacato non deve comandare in
fabbrica. Una specie di scambio a somma zero, in cui però perde la comunità
nazionale.
Un padrone al quale - così in fondo pensa il
sindacato - una volta soddisfatte clausole contrattuali (ivi incluso "il
piano industriale"), si deve lasciare la responsabilità di tutte le
decisioni. Atteggiamento, duro a morire, che spiega la scarsa presa in Italia,
perché invisa sia al sindacato che alle imprese, della cultura della
cogestione. E dunque della codecisione. O se si preferisce: della cooperazione
e non del conflitto a tutti i costi.
Alcune conclusioni.
Se Marchionne vincesse, la sua potrebbe essere una vittoria di Pirro. Dal
momento che una battaglia vinta non implica la fine della guerra di posizione
con il sindacato, frutto, come abbiamo detto, di una cultura conflittuale. Per
contro, se dovesse vincere la
Fiom anche Landini si troverebbe davanti a un’altra vittoria
di Pirro, proprio come Marchionne.
Certo, verrebbero salvati alcuni diritti importanti, come quelli di
rappresentanza e di sciopero. Ma, prima o poi, la "guerra", come
portato di una stratificata cultura del conflitto sociale, riprenderebbe come
prima...
In realtà, la vera risposta alla crisi e alla globalizzazione consiste
nell’introduzione della cogestione nelle imprese, da non confondere con la più
blanda partecipazione agli utili d'impresa (per approfondire si veda: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2008/04/cogestione-appunti-sociologici.html
)
E qui la parola dovrebbe passare alla politica. Purtroppo, né Berlusconi né
Bersani né tantomeno Vendola osano parlare di cogestione. Berlusconi fa tifo
per Marchionne, Bersani nicchia, Vendola crede solo nella “forza delle grandi
lotte sociali” . Che malinconia.
Nessun commento:
Posta un commento