La "scarsa adesione" dei
palermitani al diciassettesimo anniversario dell'uccisione del giudice Paolo
Borsellino
Eroe, a prescindere ( e non per caso)
PALERMO - La deposizione di una corona
di fiori, nella caserma della polizia 'Lungaro', a Palermo, ha dato il via alle
commemorazioni organizzate per il diciassettesimo anniversario della strage di
via D'Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della
sua scorta. Alla cerimonia, disertata dalla cittadinanza, hanno partecipato,
tra gli altri, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il vice capo
della polizia Francesco Cirillo il questore di Palermo Alessandro Marangoni, il
comandante della Regione dei carabinieri Enzo Coppola, il sindaco Diego
Cammarata e i vertici locali delle forze dell'ordine. Presenti anche il figlio
e la moglie di Borsellino e la sorella di Giovanni Falcone, magistrato
assassinato due mesi prima dell'eccidio di via D'Amelio.Un centinaio di persone
stanno partecipando alle manifestazioni organizzate, in via D'Amelio, a
Palermo, dal comitato antimafia '19 luglio 2009' in occasione del
diciassettesimo anniversario dell'uccisione del giudice Paolo Borsellino.
Pochissimi i palermitani presenti. E proprio la scarsa adesione della gente ha
suscitato la reazione dei manifestanti che hanno gridato, dal palco allestito
nella via in cui fu piazzata l'autobomba che assassinò il magistrato:
"vergogna, vergogna". Gli organizzatori avevano invitato gli abitanti
dei palazzi di via D'Amelio ad esporre lenzuoli bianchi alle finestre; ma
l'appello non è stato accolto e le serrande di molti appartamenti sono rimaste
abbassate. Alla dura protesta del comitato ha risposto, però, Rita Borsellino,
sorella del giudice ucciso, che, scesa in strada dalla casa della madre, ha
replicato: "Ci vuole più coraggio a restare qui ogni giorno, che scendere
in piazza solo per le commemorazioni". Alla manifestazione partecipano i
ragazzi dell'associazione calabrese 'Ammazzateci tutti'' e gruppi scout di
tutta Italia che la notte scorsa hanno fatto una veglia in via D'Amelio. Sul
palco si sono alternati Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, e semplici
cittadini che hanno ricordato la figura del giudice.
( http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_1619394827.html)
.
Come commentare la “scarsa adesione”dei palermitani?
Sui rapporti mafia-società siciliana (e italiana), grosso modo, esistono quattro tesi.
La prima: antropologica. La mafia è nel Dna dei siciliani, e perciò mai sarà sconfitta.
La seconda: complottista. La mafia, gode della connivenza del potere, e pertanto, per vincerla, è necessario fare prima pulizia in alto.
La terza: sociologica. La mafia, prima che un fatto criminale è un fenomeno socioculturale. E quindi la si può sconfiggere, solo (ri)partendo dal basso, dalla scuola e dai comportamenti quotidiani.
La quarta: repressivo-efficientistica. La mafia può essere vinta, solo impegnando un crescente un numero di uomini e mezzi (dai magistrati ai poliziotti).
Sulla base di queste quattro interpretazioni, come può essere spiegata la “scarsa adesione” di ieri?
E’, ovvio, che per coloro che difendono la tesi antropologica, una manifestazione andata deserta, è un fatto pressoché scontato.
Mentre per i complottisti, in Sicilia starebbero vincendo le "forze del male". Di conseguenza il fallimento della manifestazione di ieri sarebbe frutto di sotterranei e astuti input giunti da Roma
Per i difensori della tesi sociologica, invece, la società siciliana, potrebbe essere stanca di dichiarazioni e discorsi politici, ai quali non fa seguito alcuna vera battaglia nei riguardi della “mafia quotidiana”.
Infine per i sostenitori della repressione punto e basta, dietro la scarsa adesione dei palermitani, vi sarebbero le capillari minacce da parte del potere mafioso locale, incontrastato in termini di uomini e mezzi.
Naturalmente, ad esclusione della tesi antropologica, le altre tre spiegazioni potrebbero essere riprese e sviluppate anche in chiave complementare.
Quanto detto, ovviamente, vale soltanto sul piano razionale e argomentativo. Su quello irrazionale, delle emozioni, restano negli occhi di tutti noi le malinconiche immagini di quelle finestre di via D’Amelio, spoglie, senza lenzuoli bianchi…
Chissà Borsellino e i suoi uomini, di lassù, che avranno pensato.
( http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_1619394827.html)
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Come commentare la “scarsa adesione”dei palermitani?
Sui rapporti mafia-società siciliana (e italiana), grosso modo, esistono quattro tesi.
La prima: antropologica. La mafia è nel Dna dei siciliani, e perciò mai sarà sconfitta.
La seconda: complottista. La mafia, gode della connivenza del potere, e pertanto, per vincerla, è necessario fare prima pulizia in alto.
La terza: sociologica. La mafia, prima che un fatto criminale è un fenomeno socioculturale. E quindi la si può sconfiggere, solo (ri)partendo dal basso, dalla scuola e dai comportamenti quotidiani.
La quarta: repressivo-efficientistica. La mafia può essere vinta, solo impegnando un crescente un numero di uomini e mezzi (dai magistrati ai poliziotti).
Sulla base di queste quattro interpretazioni, come può essere spiegata la “scarsa adesione” di ieri?
E’, ovvio, che per coloro che difendono la tesi antropologica, una manifestazione andata deserta, è un fatto pressoché scontato.
Mentre per i complottisti, in Sicilia starebbero vincendo le "forze del male". Di conseguenza il fallimento della manifestazione di ieri sarebbe frutto di sotterranei e astuti input giunti da Roma
Per i difensori della tesi sociologica, invece, la società siciliana, potrebbe essere stanca di dichiarazioni e discorsi politici, ai quali non fa seguito alcuna vera battaglia nei riguardi della “mafia quotidiana”.
Infine per i sostenitori della repressione punto e basta, dietro la scarsa adesione dei palermitani, vi sarebbero le capillari minacce da parte del potere mafioso locale, incontrastato in termini di uomini e mezzi.
Naturalmente, ad esclusione della tesi antropologica, le altre tre spiegazioni potrebbero essere riprese e sviluppate anche in chiave complementare.
Quanto detto, ovviamente, vale soltanto sul piano razionale e argomentativo. Su quello irrazionale, delle emozioni, restano negli occhi di tutti noi le malinconiche immagini di quelle finestre di via D’Amelio, spoglie, senza lenzuoli bianchi…
Chissà Borsellino e i suoi uomini, di lassù, che avranno pensato.
Carlo Gambescia
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