Il "Nuovo Welfare" secondo il decreto
anticrisi
C'è del metodo in questa follia...
Partiamo da un
"professore" del Corriere della Sera.
Ieri Maurizio Ferrera, politologo ed esperto di questioni di welfare, a
proposito di queste due misure recepite dal decreto anticrisi,
“L'età di pensionamento delle dipendenti pubbliche
verrà progressivamente elevata da 60
a 65 anni (come quella degli uomini), così come stabilito
dalla Corte di giustizia europea. A partire dal 2015 i requisiti anagrafici per
l'accesso alla pensione verranno periodicamente adeguati all'incremento della
speranza di vita: se gli italiani (uomini e donne) vivranno più a lungo, andranno
in pensione un po' più tardi”,
.
ha manifestato tutto il suo entusiasmo:
.
“Le due misure non avranno un grande impatto
finanziario ma introducono due promettenti innovazioni istituzionali. Le
risorse risparmiate dovranno essere usate «per interventi dedicati a
politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non
autosufficienza». E' forse la prima volta che si istituisce un collegamento
diretto e formale tra una «sottrazione» in campo pensionistico e una «addizione
» nel campo dell'assistenza e dei servizi alle persone. L'impegno sarà rispettato?”.
( http://www.corriere.it/editoriali/09_luglio_23/ferrera_0a3b343e-7746-11de-a20d-00144f02aabc.shtml
)
.
Ora, ci chiediamo se istituire “collegamento diretto e formale” tra
l’annacquamento del diritto alla pensione (la sottrazione) e, semplificando, il
famigerato “ diritto di accompagno”, i trenta denari di Giuda distribuiti alle
famiglie (l' addizione), affinché gli anziani non autosufficienti non gravino
più "fisicamente" sulle strutture pubbliche (perché il succo della
misura è questo), sia compatibile con una politica di welfare rispettosa dei
diritti sociali di tutti cittadini, uomini e donne. Perché qui in gioco non è
il "genere" del lavoratore, ma il suo "diritto" a vivere
con dignità. Soprattutto gli ultimi anni.
Bene, secondo Ferrera e il Governo il collegamento è compatibile; secondo noi,
no. Per quale ragione?
Perché lo scambio, virtuoso solo in termini di bilancio, tra previdenza e
assistenza (due sacrosanti diritti sociali) penalizza coloro che hanno pensioni
basse (la maggioranza dei cittadini, in futuro). I quali, in questo modo,
potranno fruire solo di un’assistenza, che graverà su una previdenza, pagata
dai lavoratori con l’allungamento dell’età pensionabile.
In buona sostanza si lavorerà fino e oltre i sessantacinque anni, perché, tra
l’altro, è previsto un meccanismo - definito da Ferrera “promettente” - grazie
al quale la soglia anagrafica alla pensione verrà automaticamente, modificata
sulla base dei dati sull’allungamento del ciclo di vita, rilevati
periodicamente dall’Istat. Per poi “godere”, viste le prevedibili precarie
condizione di salute - dal momento che nell'epoca "dello stress" una vita
più lunga non sempre è sinonimo di buone condizione fisiche - di una badante
pagata con i risparmi sulla spesa pensionistica, grazie all’automatico
elevamento dell’età pensionabile e all’uso di coefficienti per il calcolo delle
pensioni scalarmente sempre più bassi, introdotti da Dini e confermati da Prodi
e Tremonti.
Se non è follia questa... Ovviamente, con un suo metodo . Altrimenti Ferrera
non sarebbe lì ad applaudire.
Carlo Gambescia
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