Profili/29
Gianfranco Miglio
Gianfranco Miglio non ha lasciato "grandi"
libri, nel senso di opere organiche e compiute, come Pareto, Mosca, Michels,
eppure può essere ritenuto un pensatore della stessa levatura dei grandi della
politologia del Novecento. In effetti, la sua produzione si compone
principalmente di saggi scientifici, alcuni molti lunghi, e brillanti
interventi accademici. è ricchissima di intuizioni storiche e politiche. Tutte meritevoli
di essere studiate e sviluppate. Ma come è noto i tempi delle idee sono
lunghi... Quel che invece va assolutamente evitato è ricondurre, svilendolo, il
pensiero di Miglio, così complesso e intrigante, alle sue scelte politiche,
soprattutto quelle che risalgono all’ultimo periodo della sua vita. Scelte che
ogni studioso deve comunque rispettare, ma che non possono assolutamente essere
utilizzate per interpretare in modo retrospettivo il suo pensiero.
Gianfranco Miglio nasce a Como nel 1918, da una agiata famiglia della media
borghesia; il padre è pediatra. Miglio andrà fiero per tutta la vita fiero
delle origini lombarde. Dopo aver frequentato il Liceo Como, si iscrive
all’Università Cattolica del Sacro Cuore (1936), Facoltà di Giurisprudenza. Si
laurea nel 1940, anno in cui l’Italia entra in guerra. Un difetto congenito
all’apparato uditivo ne causa l’esonero dal servizio militare. Inizia la
carriera universitaria come assistente volontario presso la Facoltà di Scienze
Politiche (sempre alla Cattolica). Nel 1948 ottiene la libera docenza Nel 1956
diviene professore ordinario, e va a occupare come “straordinario” la cattedra
di Storia delle dottrine politiche” (materia già insegnata da libero docente).
Nel corso degli anni insegnerà Storia del Trattati e politica internazionale,
Storia delle istituzioni politiche, Dottrina dello Stato, e infine Scienza
della Politica. Nel 1959 viene nominato preside della Facoltà di Scienze
politiche, carica che ricopre fino al 1988. All'inizio degli anni Sessanta fonda
con Feliciano Benvenuti l’Isap [Istituto per la scienza dell’amministrazione
pubblica] , e poi sempre su sua inziativa nasce la Fisa [Fondazione italiana per
la storia amministrativa] (1961-1971). Dal 1980 al 1983, dirige i lavori del
Gruppo di Milano, che studia e propone una riforma delle costituzione italiana
in chiave semipresidenzialista. Nel 1983 fonda la prestigiosa collana di
scienza politica "Arcana Imperii" . Dal 1992 viene eletto al
Parlamento come indipendente nelle liste della Lega Nord, e regolarmente
rieletto nel 1994 e nel 1996, anno in cui però passa al gruppo misto
senatoriale. Muore nel 2001.
Per capire l’approccio di Miglio alla politica va tenuto presente il suo essere abituato a pensare “per millennî” (caratteristica che Miglio diceva di aver ereditato dal suo maestro Alessandro Passerin D’Entrèves, si veda Gianfranco Miglio, Le regolarità della politica. Scritti scelti raccolti e pubblicati dagli allievi, Giuffrè Editore, Milano 1988 vol. I, p. XXXII, http://www.giuffrè.it/ ). Una “buona” abitudine, oggi scomparsa tra i politologi, che determina due conseguenze.
In primo luogo, lo spinge a studiare quelle che sono le strutture invariabili della politica (“regolarità”). E Miglio ne cita alcune nella “prefazione” all’antologia schmittiana (curata con Pierangelo Schiera), Le categorie del “politico”. Saggi di teoria politica (il Mulino, Bologna 1988,1° ed. it. 1972, p. 13 - http://www.mulino.it/ ): la ricerca di un dominio esterno (Tucidide); il competere degli egoismi umani (Machiavelli); la presenza nel gruppo politico di un “capo decisivo” (Bodin); la natura fittizia, ma altrettanto necessaria, al fine della rappresentanza, dello scambio protezione-obbedienza tra cittadini e potere politico(Hobbes); la natura ciclica e minoritaria della classe politica (Mosca); l’antitesi comunità-società (Tönnies); il ruolo delle ideologie politiche nei processi di legittimazione (M.Weber); la contrapposizione amicus-hostis (Schmitt).
In secondo luogo, nel quadro di queste regolarità formali, Miglio colloca anche il rapporto tra uomo e potere, o se si preferisce, tra libertà, autorità e protezione, in termini di logica concreta delle istituzioni. Cioè non indaga le istituzioni dal punto vista formale come nel liberalismo giuridico, ma in chiave realistica: ne analizza il funzionamento effettivo . Il nodo teorico che Miglio cerca di sciogliere è il seguente: le istituzioni politiche e sociali nascono per proteggere la libertà dell’uomo, ma purtroppo nel tempo finiscono per rispondere a una propria logica interna di tipo utilitaristico-funzionale, dove, ad esempio, l’obbedienza finisce per avere la meglio su protezione e libertà. Si tratta di un processo, o ciclo, che rende le istituzioni politiche, al tempo stesso, coercitive e superate, perché non più adeguate alla realtà storica, e, ancora peggio, incapaci di tutelare le libertà concrete, a cominciare da quella economica. Di qui la necessità di istituzioni, come ad esempio il federalismo, capaci di riflettere politicamente, quella fluidità sociale ed economica, che nel tardo Novecento, sembra segnare la fine del ciclo politico dello stato moderno.
Oltre al volume citato (che raccoglie quasi tutti i suoi scritti principali), si veda per un ulteriore approfondimento critico e bibliografico il volume di studi a lui dedicati, e raccolti da Lorenzo Ornaghi e Alessandro Vitale, Multiformità e unità della politica Giuffrè, Milano 1992), nonché l’acuto profilo di Alessandro Campi, Schmitt, Freund, Miglio. Figure e temi del realismo politico europeo, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze 1996, pp.113-148 ( http://www.libreriaeuropa.it/ ).
Per capire l’approccio di Miglio alla politica va tenuto presente il suo essere abituato a pensare “per millennî” (caratteristica che Miglio diceva di aver ereditato dal suo maestro Alessandro Passerin D’Entrèves, si veda Gianfranco Miglio, Le regolarità della politica. Scritti scelti raccolti e pubblicati dagli allievi, Giuffrè Editore, Milano 1988 vol. I, p. XXXII, http://www.giuffrè.it/ ). Una “buona” abitudine, oggi scomparsa tra i politologi, che determina due conseguenze.
In primo luogo, lo spinge a studiare quelle che sono le strutture invariabili della politica (“regolarità”). E Miglio ne cita alcune nella “prefazione” all’antologia schmittiana (curata con Pierangelo Schiera), Le categorie del “politico”. Saggi di teoria politica (il Mulino, Bologna 1988,1° ed. it. 1972, p. 13 - http://www.mulino.it/ ): la ricerca di un dominio esterno (Tucidide); il competere degli egoismi umani (Machiavelli); la presenza nel gruppo politico di un “capo decisivo” (Bodin); la natura fittizia, ma altrettanto necessaria, al fine della rappresentanza, dello scambio protezione-obbedienza tra cittadini e potere politico(Hobbes); la natura ciclica e minoritaria della classe politica (Mosca); l’antitesi comunità-società (Tönnies); il ruolo delle ideologie politiche nei processi di legittimazione (M.Weber); la contrapposizione amicus-hostis (Schmitt).
In secondo luogo, nel quadro di queste regolarità formali, Miglio colloca anche il rapporto tra uomo e potere, o se si preferisce, tra libertà, autorità e protezione, in termini di logica concreta delle istituzioni. Cioè non indaga le istituzioni dal punto vista formale come nel liberalismo giuridico, ma in chiave realistica: ne analizza il funzionamento effettivo . Il nodo teorico che Miglio cerca di sciogliere è il seguente: le istituzioni politiche e sociali nascono per proteggere la libertà dell’uomo, ma purtroppo nel tempo finiscono per rispondere a una propria logica interna di tipo utilitaristico-funzionale, dove, ad esempio, l’obbedienza finisce per avere la meglio su protezione e libertà. Si tratta di un processo, o ciclo, che rende le istituzioni politiche, al tempo stesso, coercitive e superate, perché non più adeguate alla realtà storica, e, ancora peggio, incapaci di tutelare le libertà concrete, a cominciare da quella economica. Di qui la necessità di istituzioni, come ad esempio il federalismo, capaci di riflettere politicamente, quella fluidità sociale ed economica, che nel tardo Novecento, sembra segnare la fine del ciclo politico dello stato moderno.
Oltre al volume citato (che raccoglie quasi tutti i suoi scritti principali), si veda per un ulteriore approfondimento critico e bibliografico il volume di studi a lui dedicati, e raccolti da Lorenzo Ornaghi e Alessandro Vitale, Multiformità e unità della politica Giuffrè, Milano 1992), nonché l’acuto profilo di Alessandro Campi, Schmitt, Freund, Miglio. Figure e temi del realismo politico europeo, Akropolis/
Carlo Gambescia
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