Due acuti editoriali di Galli della Loggia
Cattocomunisti borghesi, ancora pochi mesi...
In un due lunghi articoli apparsi sul "Corriere
della Sera" (il 18 e il 26 giugno) Ernesto Galli della Loggia asserisce
sostanzialmente due cose: a) che il populismo cattocomunista è morto; b) che la
sinistra si è imborghesita.
Le due asserzioni sono collegate a una tesi ancora più
ampia, sociologica e storica: quella della trasformazione sociale e culturale
del ceto medio italiano (dopo il Sessantotto). Un ceto che da reazionario
sarebbe divenuto progressista. Ma nel senso, e qui Galli della Loggia utilizza
le tesi di Pasolini sulla mutazione antropologica dell'italiano medio, di un
conformismo di massa, che avrebbe solo cambiato di segno. Ovviamente, alla base
di questo processo Galli della Loggia pone l'avvento del postindustriale, il
riassorbimento di parte della classe operaia nel ceto medio, e la fine, dopo la
caduta dell'Unione Sovietica, seguita a quella più antica dei fascismi, di ogni
possibilità reale di costruire una "terza" o "seconda" via,
come alternativa al capitalismo liberale.
Galli della Loggia utilizza Pasolini, come una specie di
randello, per "martellare" una sinistra, che a suo avviso, invece di
essere con il Papa contro il consumismo, è contro il Papa e favorevole al
consumismo (in tutti i sensi, anche sessuale).
Che valore storiografico e sociologico può avere
un'analisi del genere? Tutto da discutere. E comunque non è questo il punto. Ne
ha invece moltissimo sotto il profilo politico, come dire, "a breve".
Perché quella che è un' incoerenza sotto il profilo dell'argomentazione storica
e sociologica (non si può, come fa Galli della Loggia, prima delineare un
processo come progressivo, cioè l'avvento della modernità sociale
postindustriale, e poi rinfacciare alla sinistra "neoconvertitasi" di
non contestarla, e a quella "non convertitasi" di contestarla ancora
e troppo...), si trasforma, appena ci si trasferisce sul piano della retorica
politica in critica astuta e ben finalizzata. Perché lo scopo degli editoriali
è quello di demolire la sinistra nel suo insieme e così indebolire il governo
Prodi: Galli della Loggia per un verso critica la sinistra moderata perché non
è sufficientemente tale, dal momento che è troppo libertaria sul piano morale,
per l'altro critica la sinistra radicale, perché troppo statalista - e quindi
fuori tempo massimo - sul piano sociale. E critica entrambe perché, seppure con
modi e toni diversi, sarebbero contrarie al Papa.
In effetti, il problema politico sussiste. Il governo
Prodi è diviso tra libertari e sociali. Per non parlare del rapporto con gli
Stati Uniti, che per i moderati di sinistra, a prescindere da Bush, rappresentano
il meglio della postmodernità sociale capitalistica, mentre per i radicali,
sicuramente il peggio... Quanto al rapporto con la Chiesa sarebbe necessaria
una scelta netta (anche solo di toni): o di qua o di là. Senza tentennamenti.
Anche se - ma questo è il parere personale di chi scrive, e quindi
discutibilissimo - la via di una mediazione politica intelligente con la Chiesa , sarebbe la
soluzione migliore, soprattutto, se vincesse la politica del "mani
libere" con gli americani: un Papa pacifista, potrebbe essere un prezioso
"alleato interno".
Comunque sia, per sottrarsi alla critica
"politicamente" demolitrice di Galli della Loggia, il governo Prodi
dovrebbe saldare insieme libertarismo morale e interventismo pubblico, nonché
assumere un atteggiamento di assoluta libertà nei riguardi degli Stati Uniti. E
infine chiarirsi con la
Chiesa.
Ne sarà capace?
Carlo Gambescia
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